lunedì 23 aprile 2012

XXIV marzo # 2

La Lista verde è servita a dare smalto a 4-5 anni d’analisi, materiali e rivendicazioni delle associazioni ambientaliste avezzanesi. Era più gratificante per (quasi) tutti, impegnarsi nella politica più che proseguire nel lavoro lento e capillare. (Lontano dai riflettori). Inizia da lì, il lento declino dell’associazionismo ambientalista. Nessuno pensò a piazzare 3-4 persone per tirare avanti – casomai – con un’unica associazione e con l’attività ridotta al lumicino. Un altro occhio, un altro cervello che pensa, un’altra mano che scrive. La morte sopraggiunse per inedia.
Mi ritrovai ben presto a fare il battitore libero, all’inizio degli anni Novanta. (Era un modo di vivere la cittadinanza, più che la militanza).
Bisogna riflettere anche sulla vicenda della Rng Monte Salviano. Si è trattato di una battaglia ambientalista che ha raccolto un altissimo consenso – 7mila firme su 35mila avezzanesi. E’ terminata con una vittoria: l’ultima in qualcosa per i miei compaesani. Legambiente (locale e regionale) e WWF (locale e regionale) si sono sfilate dall’inizio della vertenza: non erano interessate. Non m’interessava, francamente e manca, tra quelle 7mila firme, la mia e quella dei pochi altri rimasti. L’odierna generazione? (Nei miei disegni, mi sono esercitato più volte sul tema del «Parco che protegge anche le antenne»).
(La ripresa). Dai tempi della torcia al plasma (autunno 2007) noto che: a) c’è più gente interessata alle tematiche ambientaliste, rispetto al passato, b) le associazioni sono a carattere locale, c) c’è una maggiore informazione e competenza tra i soci; i gruppi agiscono a stretto contatto, d) c’è un maggior scambio intergenerazionale, e) last but not least: non siamo solo maschi.
Si è deciso recentemente tra ambientalisti, come tanti anni fa, di aprire un nuovo fronte: una scelta indovinata ma soprattutto saggia, non c’è bisogno d’aspettare altro tempo per giudicare. Si tratta di distribuire e dislocare le forze in campo al meglio, evitando sovrapposizioni ed attriti.

venerdì 20 aprile 2012

XXIV marzo # 1

Sarebbe stato utile un mese addietro, chiedersi perché il WWF apriva una sezione marsicana solo nel 2012. Era un’occasione per riflettere sul tempo andato, per fare storia. (La storia serve ad evitare errori nel presente).
Ai trentenni ed ai ventenni possono interessare gli ultimi 30 anni, perché la situazione odierna deriva da quella temperie.
L’inizio degli anni Ottanta, ricorda molto ciò che noi viviamo da alcuni mesi. C’era la stessa effervescenza, dovuta alla confluenza dell’esperienza anti-nucleare da una parte (nuovo Pen) e da quella pacifista dall’altra (missili a Comiso – RG). Da noi l’effetto fu particolare: il primo corteo pacifista avezzanese fu aperto da uno striscione che recitava «No alle testate nucleari, No alle centrali nucleari».
Dato il numero delle persone coinvolte, fu pensato a tavolino di portare ad Avezzano un’associazione e fu preferita Legambiente – non si chiamava così, allora. Fu una scelta azzeccata.
(In quel tempo, bastavano due righi su un quotidiano ed era facile bloccare buona parte delle intenzioni o dei progetti che andavano a colpire l’ambiente: una condizione paradisiaca rispetto ad oggi).
A metà anni Ottanta, bloccammo in buona parte la cementificazione dei corsi d’acqua abruzzesi; si trattò di una vertenza che vide la partecipazione d’alcune sezioni locali delle associazioni, più dei gruppi locali. A trascinare tutto, ci pensò la Malaerba (Pescara).
Fu molto sentito dai militanti del tempo, il referendum anti-nucleare.
A forza di predicare per l’istituzione di parchi, oasi ed aree protette, non ci accorgemmo – a livello collettivo –, che gli enti pubblici (Stato, Regione, Provincia, Comuni) prendevano a perimetrare delle zone in modo da avere la situazione che c’è oggi. Arrivarono poi, le Liste verdi...

martedì 17 aprile 2012

Drowning by numbers

Durante le campagne elettorali, è usanza largheggiare nelle promesse da parte dei candidati: non si scandalizza nessuno. Da noi si va oltre e s’invade il campo delle fredde cifre.
Risale a pochi giorni fa questo pezzo: «risolvere il problema dell’accesso quotidiano di 100.000 persone». La città in questione è Avezzano.
In molti cominciano a ripetere – quasi con orgoglio –, che da noi giungono 100mila persone ogni giorno e la cosa non mi stupisce, visto il basso numero di quotidiani e libri venduti. (Risulta essere tra i più bassi d’Abruzzo che appare tra le regioni dove si legge meno).
La domanda da porre è: dov’è scritta tale quantità? (Autore/i, titolo/i, casa/e editrice/i, anno di edizione). Ci si può anche chiedere: come si desume? (Autore/i, titolo/i, casa/e editrice/i, anno di edizione).
Non è scritto in nessun testo tale quantità ma va ricavata. Analizzando i dati del nostro traffico veicolare – sono documenti pubblici –, spunta fuori che i mezzi in uscita da Avezzano sono più numerosi di quelli in entrata.
Spero che l’esagerata cifra, sia solo una costruzione della fantasia.

sabato 14 aprile 2012

da "Il Velino" 64/7

Rispondo alla mia maniera al quesito: Perché sono possibili le critiche ai recenti piani per l’edilizia scolastica del Comune d’Avezzano?
Ho percorso circa 200 metri ogni volta che mi recavo alle elementari o alle medie. Per coprire il tragitto, impiegavo dai 10 minuti al quarto d’ora. Si sono allungate le distanze e sono cambiate le modalità (andavo a scuola da solo) alle medie superiori. Io percorrevo una distanza maggiore dieci volte, di quella che separava casa e gli edifici delle elementari o delle medie, nell’ultimo anno di liceo scientifico.
Non ricordo proteste (mie o altrui, nonostante la turbolenza di quegli anni) per la nuova sede del mio liceo, né per quella dell’Istituto magistrale o dell’Istituto d’arte. Nessuno s’è mai lamentato per la distanza da via Mazzini del Serpieri, né per lo spostamento dell’Itis oltre la ferrovia.
La mia esperienza è identica a quella degli italiani vissuti almeno negli ultimi 70 anni. Il trasaccano, il pescinese o l’aiellese, dopo la scuola dell’obbligo – frequentata sotto casa – può andare al liceo classico d’Avezzano, al conservatorio Casella (L’Aquila), al liceo artistico (Roma), alla Scuola del fumetto (Milano).
La frase: «La concezione della scuola di quartiere dove un centinaio di bambini assiste alle lezioni è ormai obsoleta», letta in «il Centro» 29 ottobre 2011, è fuorviante. Non esistono scuole di quartiere perché le unità minime d’urbanizzazione (quartieri) presentano grandezze molto diverse tra loro, lungo la Penisola. (Una concezione basata sul niente non può divenire obsoleta).
La scuola italiana dell’obbligo risponde ad esigenze di distanza massima dalla residenza, più che a concetti di tipo geografico o architettonico. Si tratta di metri. L’istruzione è anche un diritto e per questo il regno sabaudo ed il fascismo prima e lo stato repubblicano poi, hanno disseminato le nostre città di strutture scolastiche. Lo stato facilita il più possibile l’accesso dei giovani cittadini all’istruzione, in modo particolare nel periodo dell’obbligo. E’ una questione di diritti, che non è messa in discussione nemmeno dal ricorso all’argomento di tipo consumistico: «Tanto la macchina ce l’hanno tutti». Non è vero che tutti possiedono un’automobile: è una diceria da bar ed anche classista.
(Un grano di buonsenso). E’ meglio fare la spesa a 100 metri da casa (a piedi, in bicicletta, in moto, in automobile), oppure a 2 km di distanza (a piedi, in bicicletta, in moto, in automobile)?

lunedì 9 aprile 2012

beans field

Tempo addietro, ho raccontato la mia esperienza con Il Velino.
All’inizio erano i cattolici che non leggevano la rivista a chiedermi: «Perché ci scrivi, che ci scrivi a fare?». Oggi sono i cattolici che la leggono a consigliare di non «sprecarmi». (Gli amici, generalmente, leggono quei miei pezzi sul blog).
Scrivo su quella pubblicazione perché m’è stato chiesto. (Ho già precisato: «Non collaborerò mai ad una rivista, un sito, un blog o ad una fanzine – anche lontanamente –, fascista, xenofoba o razzista»).
Non solo. Le riviste avezzanesi, fino a 5-10 anni fa, erano quasi dei bollettini che contenevano gli scritti di 3-4 persone, ciascuna delle quali pubblicava uno o più articoli a numero. Si parlava di se stessi e di quello che si combinava nel tempo libero o degli amici imbrattacarte o imbrattatele (numerosi, gli uni e gli altri). Hanno cambiato qualcosa nella vita della città? No. Restano delle tracce di tutto ciò? No: è tutto scomparso con le élite del tempo. (Ad Avezzano, si entra nell’establishment per diritto dinastico più che per cooptazione). Quei materiali ci dicono oggi, quanto provinciali eravamo ieri. E poco altro.
Intorno alla rivista Il Velino, gravita almeno una quarantina di collaboratori e numerosi sono gli argomenti trattati ad ogni uscita – oltre alla religione, ovviamente. Si tratta di gente che ruota intorno ad un direttore responsabile e che lavora – sovente – per progetti.
Ci sarà ancora la persona che vuol parlare solo di se stessa o che cerca un’occasione per promuovere i propri fogli imbrattati a tempo perso: tutto si disperde nella misura delle 20 pagine formato tabloid e nell’eterogenea massa dei lettori. E’ un gradino più in alto, rispetto al passato. Potendo dare una mano a mantenere tale situazione (senza pensare di cambiarla o migliorarla), lo faccio volentieri.

mercoledì 4 aprile 2012

all tomorrow's parties

M’è capitato di leggere sul Centro, a proposito del cosiddetto restyling di corso della Libertà, che chi si opponeva al progetto era interessato «più a strumentalizzare e alzare polveroni», secondo il sindaco – in Berardinetti E., «Floris: il progetto va avanti, Isola pedonale, per il Comune il commissario non serve», in «Il Centro» 16 luglio 2011. Nel pezzo non era citato il nome o i nomi dei soggetti o delle persone a favore delle quali era messa in atto la strumentalizzazione.
Alcuni giorni dopo, un concetto analogo è espresso dai «rappresentanti del Comitato nato da poco a sostegno di corso della Libertà»: «il loro no a prescindere fa pensare più a una speculazione politica» – in Berardinetti E., «Corso senza traffico. I negozianti contro Wwf e Italia Nostra», in «Il Centro» 19 luglio 2011. Nel pezzo, anche in questo caso, la giornalista ha dimenticato di chiedere o di riportare il nome del partito, della lista, delle persone o del movimento beneficiario delle azioni messe a segno dagli oppositori del cosiddetto restyling.
Le elezioni amministrative di maggio, è la prima occasione per capitalizzare la leadership e la visibilità acquisita da parte di tante persone, come me.
Ho dato una scorsa alle liste e non ho notato alcun partito o lista ambientalista, neanche vagamente.
Degli oppositori di allora, delle firme e delle facce in prima fila, io non ne ho notato alcuna nelle liste. (Bisognerebbe, la sera del 7 maggio, dare uno sguardo anche ai registri di sezione, per vedere quante di quelle decine di persone si sono recate al seggio).
Sarebbe interessante conoscere ora, il parere di Antonello Floris e dei suoi creduli e volonterosi bottegai di Corso della Libertà (solo loro e nemmeno tutti). Adesso.
Rispondere alle nostre obiezioni? Funziona di più gridare al complotto e tirar fuori frasi fatte ed amenità, ad Avezzano.
(Chi più si è interessato a questa disgraziata città, s’è defilato per l’occasione: è il tempo dei maneggioni, dei loro clan e delle clientele. «Confidiamo in Dio e teniamo asciutte le polveri da sparo» – O. Cromwell).