sabato 15 luglio 2017

on demand

Scrivo qualcosa sugli eventi culturali estivi ma giusto en passant. Le manifestazioni che si stanno tenendo in questo periodo sono state organizzate, infatti, con larghissimo anticipo dall’Amministrazione precedente: con chi la prendo se non mi piacciono? (Con chi protesta chi mi chiede di scriverci sopra?).
Secondo me è più produttivo scrivere qualcosa sull’idea dominante di evento culturale ad Avezzano. In generale è invitato un qualsiasi personaggio televisivo a ripetere anche in parte ciò che comunemente svolge sul piccolo schermo o a ricevere un premio. Era così dieci, trenta, cinquant’anni fa; gli avezzanesi facevano ugualmente la fila per ammirare da vicino il divo di turno. (Non c’è mai stata, né ci sarà mai un’età dell’oro della cultura avezzanese perché essa coincide con lo spettacolo, con l’effimero nella testa dei residenti). Nelle manifestazioni a basso-bassissimo budget si fa invece appello solo al grande nome; tanto per citare: Mozart, Raffaello Sanzio, Dante, Shakespeare. (Chi ha qualcosa da ridire contro solo uno di quei quattro?). È passato il tempo in cui si provava a copiare – di là dei risultati ottenuti – manifestazioni di livello nazionale e si sta sprofondando in un deteriore provincialismo. Simili iniziative servono tuttora, generalmente a migliorare l’immagine di chi le organizza e le promuove, come ho scritto in altre occasioni.
Non mi aspetto molto perciò né dalle Amministrazioni, né dai privati; non mi lamento di ciò che passa il convento ed evito certe occasioni senza patemi d’animo.
Penso che la cultura dovrebbe servire a migliorarci, a farci essere diversi da quello che siamo, altrimenti si cade nei circenses. (Per restare in tema, le migliori manifestazioni dell’anno passato sono state: Musica Nera, Sentieri di carta).

(Un sassolino nella scarpa). Il comunicato citato nell’ultima parte del post precedente in verità mi ha infastidito non poco; in esso ho trovato citato quattro volte il termine tolleranza. Ho poi riletto giusto come gesto apotropaico un vecchio libretto che conservo: R.P. Wolff, B. Moore jr, H. Marcuse, Critica della tolleranza, Einaudi, collana Nuovo Politecnico, 1968. (Lire 500, potendo interessare). Capisco che – anche – per questioni anagrafiche non tutti conoscano «uncle Herbie» e compagnia bella: vabbè; idem per Michel Foucault (buonanima anche lui), qui abbiamo delle persone che ignorano perfino le parole recenti dell’attuale pontefice che le riguardano – «Chi sono io per giudicare?». Il mio giudizio «politico» non è perciò positivo.

giovedì 13 luglio 2017

Ratatouille abruzzese

Parlando della situazione locale ho raccontato di un’alleanza elettorale stranamente composita che ha vinto le elezioni. Ho però dimenticato di scrivere che lo stesso copione (schieramento a livello nazionale che coinvolge spezzoni di quello avversario) è stato utilizzato alcuni giorni dopo dai due – dei tre – principali blocchi elettorali in occasione delle Provinciali. Tale modo di comportarsi è diventato perciò maggioritario e almeno nella nostra provincia. (A me preoccupa maggiormente i quattro elettori su cinque che tengono bordone a una simile novità – risale all’anno passato per essere precisi. Vale la pena anche ricordare che il vincitore delle nostre Amministrative è un notabile estraneo – a suo dire – ai partiti: sicut erat in principio o almeno, fino a cent’anni fa).
Un vecchio adagio recita che chi afferma di non essere di destra né di sinistra, è in realtà di destra. Esso possiede una sua indubbia utilità nell’agone politico mentre è scarsamente produttivo nella vita amministrativa di tutti i giorni. Non essere di destra né di sinistra prelude a provvedimenti, iniziative contraddittorie quando non confliggenti tra loro. (Provvedimenti e iniziative certo frutto dell’improvvisazione, suggerite, «telefonate»). La destra e la sinistra curano tradizionalmente, generalmente e rispettivamente gli interessi dei più ricchi e dei più poveri, ma rigorosamente anonimi gli uni e gli altri mentre nel limbo che ci si prospetta davanti proliferano le leggi ad personam.

Mi ha perciò non poco intenerito il recente comunicato diffuso da Marsica LGBT in cui si legge: «Siamo stati contenti che il sindaco eletto sia uno dei più sensibili ai diritti della comunità omosessuale» – lo trovate anche sul loro sito. De Angelis è stato eletto da un’alleanza elettorale sì eterogenea come si è già scritto ma orientata nel centrodestra; egli è soprattutto un sindaco. Simili diritti e politiche si decidono purtroppo nei piani alti dello Stato e non in un paese della periferia italiana – lo schieramento del sindaco in Parlamento non ha certo quei temi in cima ai suoi pensieri. («7000» su 42mila ci eleggi il sindaco o ottieni un paio d’assessorati «pesanti» come minimo. Con settemila persone dietro ci fai la rivoluzione ad Avezzano...)

mercoledì 12 luglio 2017

Retorica e geografia

Nei mesi estivi è costumanza sparlare delle manifestazioni culturali ma io preferisco continuare con la vicenda delle nostre Amministrative e poi si capirà il perché. È cambiato qualcosa alla luce dei risultati e degli avvenimenti seguenti? Penso di no.
Abbiamo finora assistito al fenomeno delle liste d’appoggio che racimolavano il 3 o 4% a favore dei partiti nazionali (vecchi, nuovi); nella recente tornata elettorale è successo invece che tali liste e i raggruppamenti politici si siano attestati sulle stesse percentuali. È facile chiedersi a questo punto: chi appoggia chi? Il successo è stato ascritto al «civico», diplomaticamente da parte dei partiti strutturati. (Era una delle possibilità legate al modo di votare a queste latitudini, manifestatasi in quest’occasione).
Io mi sono esposto fino a scrivere che era meglio rimanere con la passata Amministrazione per non dover rinunciare per un periodo a una serie di rapporti facilitati sia con la Regione sia con lo stato centrale – dello stesso colore politico. Mi chiedo, dopo alcune riunioni di sindaci (freschi, freschissimi) della provincia aquilana e l’imminenza delle elezioni provinciali: è ancora valido ciò che ho scritto all’inizio del mese? Sì e lo spiego. (La vicenda delle Provinciali certifica il passaggio delle pratiche locali a un livello superiore; il sindaco ha sostituito il classico capobastone, sono anche eliminate le residue incrostazioni ideologiche).
Qualcuno mi ha ricordato di recente che chi parla di «riequilibrio» delle aree interne rispetto alla costa come oggi fa l’«alleanza» elettorale che ha vinto le Amministrative e non solo ad Avezzano, ripete ciò che io scrivo da anni. Io invece ripeto da alcuni lustri che l’Abruzzo interno deve pesare di più a livello regionale – senza specificare in quale campo. Non parlavo di comuni particolari, né di quelli più popolosi come espresso da detta «alleanza» elettorale; bisognava farsi sentire tutti quanti e, una volta ottenuto qualcosa, spartirsi il bottino secondo l’ampiezza dei singoli comuni.
E poi: in qual maniera riequilibrare? Si può soprattutto riequilibrare un territorio?
Io sono rimasto generalmente della stessa idea, anche se, dopo il post-terremoto nell’Aquilano (2009) e i suoi riflessi nella Marsica, ho più di un dubbio sul capoluogo della nostra Provincia e di Regione. Avrei almeno qualche remora a impostare un’azione comune con gli aquilani, soprattutto da quando a più di qualcuno è balzata in mente la bella idea della linea ferroviaria Roma-Pescara passante per L’Aquila. (Le liste «civiche», dovrebbero conoscere bene il luogo in cui esse operano, anche se capita di rado una simile situazione mentre gli si perdona di tutto una volta fuori dall’ombra del campanile).
In un simile gioco ci guadagna il politico di mestiere in occasione delle elezioni più che il territorio, la collettività nella sua quotidianità.

Negli ultimi vent’anni ho scritto più volte che la Marsica deve farsi intrigare dalla geografia, per qualsiasi tipo di progettazione. Amenità per amenità, sarebbe stato più utile raccontare in giro negli ultimi anni che eravamo i discendenti dei «valorosi Equi» più che dei Marsi. (Vacanza si spera breve anche questa volta, per mettere di nuovo a posto il computer).

lunedì 3 luglio 2017

un viaggio, due servizi

Mi è capitato di scrivere recentemente: «Avezzano è la quinta città abruzzese» – 4 way street 36. Nessuno si è fatto sentire per rimbrottarmi e allora, mi faccio avanti. Ho ragione io ma solo all’interno del mio testo, del mio corpus. Mi spiego. Nel post citato – anche in altri scritti – io colloco Avezzano dopo i capoluoghi di provincia abruzzesi ma tra questi quattro, ve n’è uno che io trovo un po’ particolare. Nello scrivere indico il cosiddetto capoluogo adriatico in tre modi diversi, secondo le esigenze del momento: «conurbazione della costa», «conurbazione Pescara-Montesilvano», «Pescara». I primi hanno a che fare con l’urbanistica più che con l’amministrazione e i due campi non sono certo sovrapponibili: le città in questione pur facendo parte di un chilometrico agglomerato, hanno non a caso municipi e sindaci diversi. Gli stessi centri sono però anche più popolosi d’Avezzano (rispettivamente: 120mila e 54mila abitanti), è bene affermare che il capoluogo marsicano non è la quinta città abruzzese per numero d’abitanti ma la sesta.

(Vacanza si spera breve, per mettere a posto il computer, da oggi pomeriggio).

sabato 1 luglio 2017

Throw the baby out with the bathwater 3

Infilarsi in un simile tunnel per antipatia soprattutto, ma anche risentimento, invidia, rivalsa, vendetta – comprensibilissime tutte e cinque, ci mancherebbe –, nei confronti di Di Pangrazio (1 e 2), è stato un errore politico. (Succede non di rado che la Regione o il governo centrale metta a stecchetto e per anni, un piccolo comune dal diverso colore politico). Formulo nuovamente la domanda: chi ci guadagnerà questa volta, qualche persona o almeno un pezzettino di collettività? Valeva la pena lacerare una simile rete di rapporti a noi favorevoli in qualche maniera per la situazione d’incertezza che ora si prospetta? Potevamo soprattutto evitarci la scomoda situazione in cui ci siamo appena cacciati, seppur a maggioranza, democraticamente? Certo.
Parto dal primo insuccesso del sindaco precedente (4 way street 2). È possibile che proprio nessuno dei tecnici consultati per la prima giunta abbia accettato di far parte per tre o massimo quattro mesi (netti) della prima giunta comunale? In fondo non gli si chiedeva mica di fare lo spaccapietre gratis sei giorni su sette, eppure hanno rifiutato tutti pur non avendo nulla da rimetterci. (C’era l’estate di mezzo e poi una volta ti si sfascia la macchina sull’autostrada, la visita cardiologica improrogabile, la morte della zia a cui eri legatissimo…). È finita così perché? (In senso politico, s’intende). È avvenuto questo ma nessuno dei partiti della maggioranza come dell’opposizione, si è mai interrogato sui motivi di tanti dinieghi mentre l’origine dei problemi di cui sto trattando in questo lungo post risiede tutta lì, in quei brevi incontri a due di cui si è scritto pochissimo e su cui si è riflettuto per niente, risalenti alla primavera 2012, non nell’estate 2015 o all’inizio del 2016. Che cosa bolliva allora in pentola, esattamente? Perché tanto tacere: conveniva alla classe politica locale, all’establishment più in generale? Lo stesso «fumarsi» in media tre assessori l’anno è stata presentata come cronaca all’opinione pubblica più che una serie di fatti collegati, da leggere invece in chiave politica. Il «Sistema Di Pangrazio» è stato denunciato da chi fa politica, solo durante la scorsa primavera perché montato in fretta e furia a partire dall’ottobre 2016, oppure perché ordinato dall’ex-sindaco su Amazon al posto del solito uovo pasquale?
Abbiamo oggi la possibilità di osservare da vicino il frutto avvelenato nato dalla personalizzazione della politica (fine anni Ottanta) e dalle usanze arcaiche della popolazione locale – ad averci gli occhi buoni, s’intende. Gabriele De Angelis sarà un altro sindaco «dimezzato», come più di un suo predecessore? Vedremo. (Nonostante mi sia scappato questo in tempi non sospetti, 4 way street 30).
Durante la campagna per le Amministrative ho smontato il frame «asfalto elettorale», ripetuto a pappagallo fino allo sfinimento e applicato non di rado in modo improprio quando non ipocrita. I fondi elargiti agli edifici religiosi, a San Bartolomeo (Avezzano) in particolare, in prossimità delle elezioni non sono invece stati bollati dal locale centro-destra (adesso possiamo finalmente chiamarlo con il vero nome) come «incenso elettorale» bensì catalogabili alla voce: «recupero e valorizzazione» – la chiesa è l’ultimo tabù delle tribù locali. Eppure i mezzi d’informazione ne avevano trattato in un paio di occasioni nei primi mesi dell’anno; MarsicaLive in particolare titolava: «Fondi a fiume per le chiese della Marsica, […]» lo scorso 30 aprile 2017. Ciò che mi ha maggiormente irritato, soprattutto da parte dei cinque candidati contrari a Di Pangrazio è stato il loro silenzio proprio sui nostri quattrini: promessi, entrati, trattenuti; sul loro uso. Perdonate il solito esempio; avremo a disposizione una cifra a sei zeri (Masterplan) per sistemare aiuole, piantare alberelli e fiorellini ma non sapremmo a chi rivolgerci – sopra di noi – in caso di lavori urgenti a un pezzo della rete idrica o di quella fognaria – non la Sagra del Finocchio o quella del Tonno rosso atlantico. (Pochissimi potranno apprezzare le nuove verzure, i festoni o i fiorellini nel Parco Torlonia – che resterà ancora chiuso alla cittadinanza come solito e per sua fortuna –, al contrario dell’asfalto del peccato calpestato ormai da tutti quotidianamente, nonostante l’orrore iniziale di moltissimi avezzanesi colpiti nel loro orgoglio di elettori). Muti tutti e cinque, quegli altri candidati su tale argomento, come pesciolini – anche i giovani buffamente accigliati e inutilmente loquaci che aspiravano ai seggi posti più in basso. Erano tutti d’accordo con simile finanziamento ottenuto attraverso il famigerato «Sistema Di Pangrazio»? (Tralascio ovviamente la vicenda del nuovo municipio, ingessata ormai da anni).
De Angelis si è tolto lo sfizio non indifferente di «fare la spesa» nella maggioranza – è bene rimarcare: da esterno –, mentre comunemente succede il contrario. Mi auguro solo che i nuovi arrivati utilizzino adeguatamente la competenza di Goffredo Taddei, già mostrata seppur brevemente al Comune, in precedenza.

All’ingresso d’Avezzano sostituirei il mendace e fuorviante ‘Nec sine marsis nec contra marsos triumphari posse con il recente ma soprattutto più appropriato: ‘Magna, bbive e zitte!’, per meglio orientare chi capita da noi giusto per qualche brutto scherzo del destino. E adesso: avanti a tutta birra con la vendita della ferrovia dell’ex-zuccherificio! (3/3)