Infilarsi
in un simile tunnel per antipatia soprattutto, ma anche risentimento, invidia, rivalsa,
vendetta – comprensibilissime tutte e cinque, ci mancherebbe –, nei confronti di
Di Pangrazio (1 e 2), è stato un errore politico. (Succede non di rado che la
Regione o il governo centrale metta a stecchetto e per anni, un piccolo comune
dal diverso colore politico). Formulo nuovamente la domanda: chi ci guadagnerà
questa volta, qualche persona o almeno un pezzettino di collettività? Valeva la
pena lacerare una simile rete di rapporti a noi favorevoli in qualche maniera per
la situazione d’incertezza che ora si prospetta? Potevamo soprattutto evitarci
la scomoda situazione in cui ci siamo appena cacciati, seppur a maggioranza, democraticamente?
Certo.
Parto
dal primo insuccesso del sindaco precedente (4 way street 2). È possibile che proprio nessuno dei tecnici
consultati per la prima giunta abbia accettato di far parte per tre o massimo quattro
mesi (netti) della prima giunta
comunale? In fondo non gli si chiedeva mica di fare lo spaccapietre gratis sei
giorni su sette, eppure hanno rifiutato tutti pur non avendo nulla da
rimetterci. (C’era l’estate di mezzo e poi una volta ti si sfascia la macchina
sull’autostrada, la visita cardiologica improrogabile, la morte della zia a cui
eri legatissimo…). È finita così perché? (In senso politico, s’intende). È avvenuto questo ma nessuno dei partiti
della maggioranza come dell’opposizione, si è mai interrogato sui motivi di
tanti dinieghi mentre l’origine dei problemi di cui sto trattando in questo lungo
post risiede tutta lì, in quei brevi incontri a due di cui si è scritto pochissimo e su cui si è riflettuto per niente,
risalenti alla primavera 2012, non nell’estate
2015 o all’inizio del 2016. Che cosa bolliva allora in pentola, esattamente?
Perché tanto tacere: conveniva alla classe politica locale, all’establishment più in generale? Lo stesso
«fumarsi» in media tre assessori l’anno è stata presentata come cronaca all’opinione pubblica più che una
serie di fatti collegati, da leggere invece in chiave politica. Il «Sistema Di Pangrazio» è stato denunciato da chi fa
politica, solo durante la scorsa primavera perché montato in fretta e furia a
partire dall’ottobre 2016, oppure perché ordinato dall’ex-sindaco su Amazon al
posto del solito uovo pasquale?
Abbiamo
oggi la possibilità di osservare da vicino il frutto avvelenato nato dalla personalizzazione della politica (fine
anni Ottanta) e dalle usanze arcaiche
della popolazione locale – ad averci gli occhi buoni, s’intende. Gabriele De
Angelis sarà un altro sindaco «dimezzato», come più di un suo predecessore? Vedremo.
(Nonostante mi sia scappato questo in tempi non sospetti, 4 way street 30).
Durante
la campagna per le Amministrative ho smontato il frame «asfalto elettorale», ripetuto a pappagallo fino allo
sfinimento e applicato non di rado in modo improprio quando non ipocrita. I
fondi elargiti agli edifici religiosi, a San Bartolomeo (Avezzano) in
particolare, in prossimità delle elezioni non sono invece stati bollati dal locale
centro-destra (adesso possiamo finalmente chiamarlo con il vero nome) come «incenso
elettorale» bensì catalogabili alla voce: «recupero e valorizzazione» – la chiesa
è l’ultimo tabù delle tribù locali. Eppure i mezzi d’informazione ne avevano
trattato in un paio di occasioni nei primi mesi dell’anno; MarsicaLive in particolare titolava: «Fondi a fiume per le chiese
della Marsica, […]» lo scorso 30 aprile 2017. Ciò che mi ha maggiormente
irritato, soprattutto da parte dei cinque candidati contrari a Di Pangrazio è stato
il loro silenzio proprio sui nostri quattrini:
promessi, entrati, trattenuti; sul loro uso. Perdonate il solito esempio; avremo
a disposizione una cifra a sei zeri
(Masterplan) per sistemare aiuole,
piantare alberelli e fiorellini ma non sapremmo a chi rivolgerci – sopra di noi
– in caso di lavori urgenti a un pezzo della rete idrica o di quella fognaria –
non la Sagra del Finocchio o quella del Tonno rosso atlantico. (Pochissimi potranno
apprezzare le nuove verzure, i festoni o i fiorellini nel Parco Torlonia – che resterà
ancora chiuso alla cittadinanza come
solito e per sua fortuna –, al contrario dell’asfalto del peccato calpestato ormai da tutti
quotidianamente, nonostante l’orrore iniziale di moltissimi avezzanesi colpiti
nel loro orgoglio di elettori). Muti tutti
e cinque, quegli altri candidati su tale argomento, come pesciolini – anche
i giovani buffamente accigliati e inutilmente loquaci che aspiravano ai seggi posti
più in basso. Erano tutti d’accordo con simile finanziamento ottenuto attraverso
il famigerato «Sistema Di Pangrazio»? (Tralascio ovviamente la vicenda del
nuovo municipio, ingessata ormai da anni).
De
Angelis si è tolto lo sfizio non indifferente di «fare la spesa» nella
maggioranza – è bene rimarcare: da
esterno –, mentre comunemente succede il contrario. Mi auguro solo che i
nuovi arrivati utilizzino adeguatamente la competenza di Goffredo Taddei, già mostrata
seppur brevemente al Comune, in precedenza.
All’ingresso
d’Avezzano sostituirei il mendace e fuorviante ‘Nec sine marsis nec contra marsos triumphari
posse’ con il recente ma
soprattutto più appropriato: ‘Magna,
bbive e zitte!’, per meglio orientare chi capita da noi giusto per qualche brutto
scherzo del destino. E adesso: avanti a tutta birra con la vendita della ferrovia
dell’ex-zuccherificio! (3/3)