(‘subito
| via di qua’).
Nel «volantino» della
mostra in corso ho definito More Cage(s)
un «congedo», l’ultima mia esposizione personale.
Alla mia prima mostra
(1991), mi fu chiesto senza fronzoli: «Chi hai dietro?», nel senso di qualche
politico, artista (pittore, scultore, poeta), critico d’arte o altro che mi
spingesse dentro l’establishment
artistico. Alla mia risposta negativa fu pronosticato: «Non vai da nessuna
parte, da solo». (Io non volevo andare da nessuna parte, in realtà; non avevo
nemmeno la minima idea del clientelismo che avrei incrociato anche in quel
settore).
Non c’è voluto molto per
scoprire l’ambiente (provinciale) delle mostre e dell’arte in Italia.
Pensa giusto ai quattrini
chi vende quadri o sculture: potrebbe smerciare stufe a gas, concimi o abiti da
sposa, indifferentemente.
Negli ultimi decenni è
divenuto complicato seguire i singoli pittori, scultori o performer e non solo per la proliferazione delle poetiche, delle
tendenze o delle «correnti» cui inchiodarli. È perciò molto difficile
raccontare l’arte dei nostri giorni o anche seguire nel suo percorso un singolo
artista, degno di tale titolo. I critici d’arte sono perciò uguali alla
descrizione che Frank Zappa dà dei critici musicali: sono persone che non
capiscono le cose che descrivono e chi li legge, non è minimamente interessato
a quelle cose.
Mi è anche capitato negli
anni di leggere o ascoltare interviste ad artisti italiani che apprezzavo in
ogni modo, ma è stata una sfilza di delusioni. (Leggi invece un’intervista a un
comune artista o uno scrittore straniero – senza dimenticare il nostro Maurizio
Pollini –, e ti accorgi immediatamente che vive su un altro pianeta rispetto ai
nostri pittori e scultori, per cultura e apertura mentale).
In Italia – per fortuna
solo da noi –, c’è un’idea romantica dell’arte e dell’artista. Disegnare,
dipingere e scolpire, sono considerate come attività diverse da un comune
lavoro e chi svolge tali attività, qualcuno speciale. Purtroppo. Un’attività
del genere da noi in realtà è come voler sbarcare il lunario a Tehran o a Riyad
aprendo un’enoteca.
(Ci vorrebbe un Premio
Tenco per le arti visive in Italia; vi sono anche delle rassegne
cinematografiche per filmaker che
vogliono semplicemente mostrare quel che sono capaci di girare).
P.S.: Più di uno si lamenta
perché non informo sulle mie attività, ma questa volta l’ho scritto nel post
precedente. Ho anche inviato il seguente comunicato (con foto) a MarsicaLive, AvezzanoInforma e TerreMarsicane:
«Maurizio Lucci presenta la mostra More
Cage(s) di Giuseppe Pantaleo presso Mammaròssa (via G. Garibaldi 388,
Avezzano), il 15 febbraio alle 18,30», ma non è stato pubblicato. (Non è vero,
che le nostre testate on-line
pubblicano tutto e «senza nemmeno
leggerlo»; preferiscono mantenere pezzi vecchi di 3-4 giorni pur di non
pubblicare notizie non gradite).