giovedì 30 agosto 2018

Impro, M

(À rebours). Tanto rumore per nulla? Riavvolgo giusto il nastro della vicenda «piste ciclabili».
Roberto Verdecchia ha parlato di «opere effimere, anche per come realizzate, quali la pista ciclabile», il 10 agosto 2018 (MarsicaLive), grassetto mio.
Le piste ciclabili secondo Alessandro Tursi (progettista) sono: «interventi reversibili, che non stravolgono il centro perché non in cemento», il 23 luglio 2018 (MarsicaWeb), grassetto mio.
Sfogliando il quotidiano regionale si leggeva di un incontro al Comune; il pezzo conteneva questo frammento attribuito al sindaco: «La pista [ciclabile] ha un impatto leggero, se non va si può cambiare», grassetto mio. (M. Sbardella, De Angelis: ecco la città giardino. Ma i negozianti vogliono le auto, in «Il Centro» 14 giugno 2018).
Lo stesso sindaco Gabriele De Angelis affermava: «se non dovesse funzionare potremo sempre apportare degli aggiustamenti dopo un primo periodo di sperimentazione», il 14 giugno 2018 (AvezzanoInforma), grassetto mio.
Io ho pubblicato: «Non è sembrato chiaro dall’incontro, almeno al sottoscritto, se un tale cambiamento è destinato a durare», 26 maggio 2018. Avevo appuntato a matita, dopo l’intervento del sindaco durante la presentazione del progetto: «pista sperimentale – poi la tolgo», 24 maggio 2018.
Domanda: come finirà? Ci sono voluti numerosi anni (anche una legge), per realizzare finalmente gli scivoli per i disabili – di là della loro qualità –, spero fortemente che questa sia la volta buona anche per le piste ciclabili, con tutti i loro difetti, e per l’isola pedonale – anche di soli cinquanta metri su centinaia di chilometri di strade comunali. (Immagino che alle prossime Amministrative si presenterà qualcuno deciso a spazzar via tutto ciò – rimettere indietro le lancette della storia è una specialità avezzanese). Spero che Avezzano riprenda a somigliare alle altre città italiane e non solo, com’è già successo tra gli anni Dieci e i Sessanta del secolo scorso.

Io ero partito così su questa lunga serie dedicata a piste ciclabili e isola pedonale, il 31 luglio, «Mi si chiederà: non avete problemi di disoccupazione, emorragia di giovani laureati, non v’impensierisce minimamente, il seppur trascurabile calo di popolazione registrato anche nell’anno scorso?». Consoliamoci, sono messi come noi anche nel resto dell’Italia. (Vi mollo per almeno una settimana – s.c. anche in questo caso).

martedì 28 agosto 2018

Impro, L

Spendo due parole sugli attuali frequentatori della pista ciclabile.
Ho notato il primo ciclista nel giorno stesso dei primi cinquanta metri realizzati su via Marruvio – era buio pesto. In genere si vedono scorrere ciclisti e numerosi pedoni che non hanno finora capito che da quelle parti non devono passarci. Talvolta i pedoni si fermano a chiacchierare comodamente e i ciclisti si arrabbiano – gli italiani, mentre gli stranieri sono più remissivi. Si nota qualche sparuta carrozzina con disabile. È simpatico vedere padre e figlio – che deve imparare ad andare in bicicletta –, fare le vasche da via C. Corradini fino a raggiungere via XXIV maggio e ritorno. (Idem, due genitori + due figli, tutti in bicicletta).

La utilizzeranno giusto gli extra-comunitari da ottobre in poi; si assisterà fino a maggio a una sfilza d’immagini nel web che mostreranno la pista ciclabile vuota: è bene prepararsi mentalmente. (Ho visto ieri un sacco di ciclisti sulla vecchia pista: una mera combinazione).

lunedì 27 agosto 2018

Impro, I bis

(Altre esagerazioni). Il quotidiano regionale ha dedicato l’apertura della cronaca locale a un incidente: una donna è inciampata nel cordolo della pista ciclabile lungo via G. Marconi, all’altezza della scuola media C. Corradini.
Sono io mai finito sui giornali per un «volo» in parete, un ruzzolone in montagna, una caduta pericolosa con la mountain bike? Quando mi arrotarono? (Ho mai raccontato su questo mio blog le mie scivolate per strada ma soprattutto: l’ho mai presa con altri per tutto ciò?). Le altre persone? È andata come al sottoscritto: le testate giornalistiche raramente raccontano incidenti del genere. Raramente, con quel che può derivarne. (Gli inizi d’agosto, la politica in vacanza e in redazione non giunge un comunicato-stampa neppure a pagarlo, estate, avezzanesi sotto l’ombrellone a Silvi Marina o a Francavilla al Mare… vabbè. Prenderla con Il Centro, in questi brutti tempi, è come sparare sulla Croce Rossa).
Qualcuno mi ha poi segnalato un pezzo sullo stesso «episodio», pochi giorni dopo. Ecco il titolo: Avezzano. Prima vittima della pista ciclabile in centro, in «MarsicaWeb» 8 agosto 2018.
«vìttima s. f. [dal lat. victĭma, di etimologia oscura]. – 1. Essere vivente, animale o uomo, consacrato e immolato alla divinità: consacrare, sacrificare, uccidere o immolare la v.; condurre la v. all’altare; Mentre che ’n su la riva un bianco toro Al supremo Tonante offro per vittima (Caro); per l’usanza di trarre auspici dai visceri degli animali sacrificati, v. extispicio. Nell’uso ant., fare vittima di qualcuno, sacrificarlo: Carlo venne in Italia e, per ammenda, Vittima fé di Curradino (Dante). 2. estens. e fig. a. Chi perisce in una sciagura, in una calamità, in seguito a gravi eventi o situazioni: le v. del terremoto; le v. dell’ultima guerra; le v. del terrorismo; le v. di un disastro ferroviario, di una sciagura aerea; morire vittima di una epidemia, di una grave infezione, della droga; vittime della strada, della montagna, ecc., i morti per incidenti stradali, per incidenti avvenuti in montagna, ecc.; v. del dovere, chi perisce nell’adempimento del proprio dovere. b. Chi soccombe all’altrui inganno e prepotenza, subendo una sopraffazione, un danno, o venendo comunque perseguitato e oppresso: restare v. di un intrigo, di un tradimento; essere v. della prepotenza altrui; vittime della barbarie, della tirannide; anche in riferimento a chi si danneggia da sé stesso: quell’uomo è v. del suo eccessivo attaccamento al lavoro, della sua ambizione. In usi iperb., chi è costretto a subire le imposizioni altrui, a essere succube di altri: essere v. o la v. del marito, della moglie; quel giovane è sempre stato v. della madre, o dell’autoritarismo oppressivo dei genitori. Frequente nell’uso fam. l’espressione fare la v., atteggiarsi a vittima, dire e lamentare di essere oppresso e maltrattato: fa la v., ma in realtà chi comanda, in casa, è lei; smettila di fare la v., tanto nessuno ti crede» (Treccani dixit, di nuovo).

La signora in questione ha rischiato molto per una serie di circostanze ma può ancora raccontarla. Si può scrivere dell’accaduto, anche solidarizzare, ma è bene glissare su tutto il resto – altrimenti bisogna farlo sempre.

domenica 26 agosto 2018

Impro, I

Mi allargo un altro po’. Non sono l’unico ad aver letto questo pezzo (estivo): G. D’Ascanio, Inciampa sul cordolo dissestato di un albero in pieno centro e cade, 70enne trasportata in ospedale, in «MarsicaLive» 21 agosto 2018. (Niente di grave alla signora). Le chiacchiere sono poi scivolate su un brano di un recente post che riprendeva materiale scritto due anni fa: perché non ho scritto prima, della «segatura» rilasciata dal grosso ramo poi caduto in piazza Torlonia? Perché io so come regolarmi anche in un ambiente non ostile come la montagna. (Noto una buca sul marciapiede e la evito; io non ci metto certo un piede dentro, rovino a terra e poi chiamo un giornalista, una tv locale, chiedo un risarcimento al Comune casomai, chissà per cosa). Ero passato da quelle parti ventiquattr’ore prima in compagnia di alcuni parenti, del mio pronipote. La questione è che un simile ramo impiega un certo tempo per afflosciarsi completamente e in quel lasso produce del rumore, uno spostamento d’aria; in una simile situazione ci si toglie di mezzo, è molto improbabile rimanerci secco. (È diverso, stando dentro un’automobile ma hai un tettuccio sulla testa in compenso). Un conto è la sicurezza, un altro la responsabilità personale, il saper stare al mondo; la prima non raggiunge mai il 100% nella vita quotidiana.

Perché mi è stata posta una domanda del genere? Immagino perché in questi casi, uno è abituato a leggere dei pezzi che, tradizionalmente, esagerano un po’. Porto un altro esempio recente, «estivo» anche questo. C. Vitale, Crolla albero ad Avezzano per le forti raffiche di vento, un passante: sono vivo per miracolo, in «MarsicaLive» 14 agosto 2018 – è mio il grassetto. Nell’articolo invece si parla di: «un ramo di un albero di grosse dimensioni» – le foto testimoniano che è andata proprio così; è mio il grassetto. L’albero diventa poi un «arbusto». (È un albero, stando alle foto pubblicate). Infine le parole di chi ha assistito alla scena e poi ha scattato le foto: «Sono vivo per miracolo». Eddài

venerdì 24 agosto 2018

Impro, H bis

Stavolta passo da una repubblichina – part time – basata sulla geografia a un’altra, che riposa su un argomento (issue). Gli agronomi consultati dall’assessore all’Ambiente, oltre a consigliare determinate essenze avranno anche raccomandato, di non far entrare i cani in piazza A. Torlonia una volta ultimati i lavori. (L’assessore fa l’avvocato). Crescenzo Presutti ha puntualmente riferito ai concittadini. È presto scattata una piccola rivolta ma contro l’assessore. (I meridionali sono abili nel gioco di sponda). Nessuno ha confutato, contestato le conoscenze dei tecnici: bisognava invece dimostrare, con i dati, che la pipì dei cani non arreca danni di sorta a X baccata, Y sempervirens, Z hirsutum, K giganteum, oppure che essa è addirittura salutare per le piante in questione. L’assessore all’Ambiente si è comportato da amministratore preoccupato per la piantumazione periodica – i suoi costi –, in caso i cani mettano le zampe (soprattutto l’uccellino/a) da quelle parti, mentre sull’altro fronte – Zampa Amica, 26 luglio 2018 – si è ricorso al principio leggermente alcolico del «cane come buon cittadino». Si poteva discutere, negoziare? Certo che no.
È bene ripetere il ritornello: perché impegnarsi tanto per una facoltà di Agraria in città, se i consigli di persone con uguali o simili studi alle spalle sono messi da parte – con disinvoltura – ad Avezzano, ormai da nove mesi?

Appare giusto così questa contesa dai mezzi d’informazione. Un genitore – laicamente, serenamente, silenziosamente – evita di portare un figlio piccolo in un posto se questo è sporco, degradato senza badar troppo all’appartenenza di chi lo rende tale (Canis lupus familiaris, Columba livia, Felis catus, Homo sapiens, Mus musculus).