Lo storico avezzanese mi
stava accompagnando a casa dopo una cena tra amici e aveva usato in maniera superficiale
il termine gentrification a proposito
del nostro centro. Io ho ribattuto che non esisteva da noi una situazione simile
e che anzi, quella zona presentava addirittura dei tratti di proletarizzazione.
Ne eravamo di meno nel
Quadrilatero, da quando lui aveva lasciato Avezzano oltre vent’anni fa. Una
parte della classe media si era trasferita in periferia, lasciando in affitto
il vecchio appartamento a un certo tipo d’immigrati dell’Est, che trovano
conveniente quella posizione. Gli stessi bar e locali che ci scorrevano ai lati
si rivolgevano a persone che vogliono passare una serata piacevole con poca
spesa, più che ai riccastri. Oviesse, aveva chiuso i battenti da qualche ora
per trasferirsi in una specie di shopping
center lungo la Tiburtina Valeria, dove pensava di realizzare migliori
affari.
Riassumendo. Una persona di
una certa cultura che abita in una città più estesa della nostra, pensa, si
orienta in quel modo quando tratta di un qualsiasi agglomerato: il centro
storico ristrutturato in buona parte e i vecchi abitanti espulsi, alcuni edifici
e spazi pubblici che divengono privati. È successo questo in realtà nelle metropoli
del Nord-America ed europee, dagli anni Ottanta; tale processo ha subito
un’accelerazione dopo la crisi economica del 2007. È questa la tendenza. (Una
parentesi). Negli Stati Uniti succede che una società investe in uno stabile per ristrutturarlo e poi rivenderlo o
affittarlo per singoli appartamenti, uffici e negozi. I nuovi abitanti saranno
più danarosi dei precedenti e lieviterà anche il valore degli immobili vicini.
In Italia e da noi in particolare si assiste al proprietario che chiede
l’aumento dell’affitto e basta: a lui interessa relativamente un rifiuto. I
negozi sfitti si devono in buona parte a questo; noi abbiamo registrato addirittura
la tentata vendita di un complesso scolastico al centro (Corradini-Fermi) da
parte del Comune. Ho raccontato perciò una sorta di declinazione locale di quel
fenomeno. Immagino che la gentrification sia
un problema agli occhi di un urbanista, un antropologo o un sociologo. (Farebbe
bene a preoccuparsene anche un comune citoyen).
Avrebbe detto cosa al mio
posto, l’avezzanese medio? Egli avrebbe attinto dal repertorio spacciato dai mass media
locali sull’argomento derivante dai comunicati delle associazioni dei
commercianti. Niente da eccepire sull’innalzamento dell’età media dei residenti
e soprattutto sul ricambio degli stessi: gli immigrati non sono considerati
come persone. (Sia loro e sia gli immobiliaristi non vedono o s’interessano alla
città né tantomeno a chi ci vive). Gli avrebbe perciò raccontato di un centro
«storico» moribondo per via delle saracinesche abbassate. I negozi intorno alla
piazza principale chiudono per via dell’anello a senso unico – che non c’è più
–, di qualche ora di area pedonale nei giorni festivi, delle tasse comunali
eccessive, e dell’apertura di Ipercoop – non considerano gli altri centri commerciali.