sabato 31 gennaio 2015

Ammucchiare lavori al centro


Scrivo qualcosa sul centro dopo alcuni «pezzi» usciti nei giorni scorsi. (Lo faccio più che altro per chi mi legge da molto lontano).
Il primo è un articolo vero è proprio mentre il secondo è poco più di un’indiscrezione:
Riguardano ambedue le politiche che investono una parte del Quadrilatero. (Tralascio del secondo l’ossimoro «viale coperto»: un viale è una strada alberata. È una sorta di serra, altrimenti).
C’è molta ignoranza della storia degli ultimi anni, da noi; locale ed europea.
Ho manifestato su questo blog il mio scetticismo circa la ristrutturazione della Montessori (via G. Fontana). Immaginavo che una simile somma fosse insufficiente. Sappiamo che è possibile, oggi: conosciamo anche il nome della ditta che eseguirà i lavori.
«Funzionerà» una struttura del genere? Nel senso: riuscirà nell’obiettivo di diventare un centro capace d’aggregare i giovani? Posso convocare il miglior architetto per un’opera rivolta alla gente, ma devo volare basso con le attese: le persone rispondono in un modo imprevedibile, generalmente.
In una mia pubblicazione (CAS 5, 2009), trattavo in maniera quasi sociologica i frequentatori di piazza del Risorgimento. Va in quel posto chi non ha dove altro andare (lezioni di musica, d’inglese, di pittura, di ballo; sala-giochi, bar, Ipercoop, ecc.). Questione di quattrini.
Si può affermare che la piazza comincia a non essere più il punto di riferimento per gli adolescenti avezzanesi, a distanza di sei anni da quella descrizione. Un ragazzo o una ragazza delle medie prende dimestichezza con la piscina, la palestra o la lezione fuori-casa di pianoforte o di chitarra: è il primo contatto rilevante con l’esterno, la città.
Al tempo della massima autonomia – primi anni delle superiori –, l’adolescente si sente di casa nella periferia della città perché lì si trovano le strutture e le abitazioni degli amici che frequenta. In quella parte dell’esistenza egli è già impegnato per due-tre giorni a settimana nelle sue attività extra-scolastiche e perciò pensa poco o affatto ad andare in piazza.
Tornando a casa nell’ora del passeggio, noto meno gente in giro – soprattutto adolescenti e giovani –, rispetto a 5-10 anni fa.

domenica 25 gennaio 2015

keep calm


Due parole sull’esondazione del Giovenco. Siamo talmente disabituati a osservare alcuni fenomeni naturali, da farci prendere spesso dal panico. Un fiume è uscito dagli argini e ha allagato alcuni campi. (Poca cosa, tra l’altro). È bene chiedersi se è l’ultima di una serie ravvicinata d’inondazioni, prima di pensare a progetti faraonici per evitare che una situazione del genere si ripeta, nel breve periodo.
Penso invece, che sia il caso di restaurare l’argine e tirare a campare – com’è finora successo. (Si possono anche chiedere i danni allo Stato, per carità).

mercoledì 21 gennaio 2015

Living in a shotgun shack


È uscito questo, giorni fa:
Trovo positivo che si parli ancora di quel posto anzi, di quel luogo. Voglio però fare un appunto.
Se n’è trattato anche questa volta – purtroppo – per frammenti, in aggiunta con la persona che conosce forse meglio di chiunque altro Villa Torlonia. (Io ci ho messo i piedi cinque volte in vita mia, al massimo).
Gabriele Altobelli ha pubblicato anni fa un libello. Esso è almeno un lunghissimo elenco di tutto ciò che s’incontra da quelle parti e che bisognerebbe conoscere, prima di parlarne; nella lettura ci si rende anche conto che non esistono solo «emergenze» (casino di caccia), ma ci si trova immersi in un unicum.

sabato 17 gennaio 2015

Cronachetta locale


Ho preso in giro gli italiani e i miei compaesani mesi fa perché, a differenza dei canadesi e degli statunitensi rinunciano a riutilizzare i capannoni abbandonati (commerciali, industriali). (Hanno molto spazio a disposizione loro, a differenza di noi).
Si ha notizia di strutture utilizzate per nascondere rifiuti – tossici e nocivi, immagino –, da qualche giorno dalle nostre parti. Le testate utilizzano il termine «ecomafia» ma glissano sulle politiche degli enti locali che permettono la proliferazione di capannoni e piazzali utilizzabili per nascondere materiali tossici prima della loro costruzione e una volta abbandonati.

venerdì 16 gennaio 2015

Com'è finita


(Mantengo la promessa). È andata a finire che le robinie potate – a mio modesto avviso – in modo strano lungo un lato di via G. Garibaldi, sono ancora lì. I cartelli che indicavano divieto di sosta in alcune ore della giornata – perciò: cantiere – fino a ieri pomeriggio sono rimasti appesi ai tronchi. Mah...

giovedì 15 gennaio 2015

Una non risposta


Domanda: perché non compaio tra gli autori che hanno scritto qualcosa sul terremoto? (Pietro Guida, I libri raccontano quella tragica alba, supplemento de Il Centro 13 e 15 gennaio).
Non lo so ma lo immagino, a giudicare l’impostazione dello stesso supplemento; ho intenzione di concedermi la terza pubblicazione sull’argomento.
Grazie della dritta, in ogni modo.