Scrivo qualcosa sul centro
dopo alcuni «pezzi» usciti nei giorni scorsi. (Lo faccio più che altro per chi
mi legge da molto lontano).
Il primo è un articolo vero
è proprio mentre il secondo è poco più di un’indiscrezione:
Riguardano ambedue le
politiche che investono una parte del Quadrilatero. (Tralascio del secondo l’ossimoro
«viale coperto»: un viale è una strada alberata. È una sorta di serra,
altrimenti).
C’è molta ignoranza della storia
degli ultimi anni, da noi; locale ed europea.
Ho manifestato su questo
blog il mio scetticismo circa la ristrutturazione della Montessori (via G.
Fontana). Immaginavo che una simile somma fosse insufficiente. Sappiamo che è
possibile, oggi: conosciamo anche il nome della ditta che eseguirà i lavori.
«Funzionerà» una struttura
del genere? Nel senso: riuscirà nell’obiettivo di diventare un centro capace
d’aggregare i giovani? Posso
convocare il miglior architetto per un’opera rivolta alla gente, ma devo volare
basso con le attese: le persone rispondono in un modo imprevedibile,
generalmente.
In una mia pubblicazione (CAS 5, 2009), trattavo in maniera quasi
sociologica i frequentatori di piazza del Risorgimento. Va in quel posto chi
non ha dove altro andare (lezioni di musica, d’inglese, di pittura, di ballo;
sala-giochi, bar, Ipercoop, ecc.). Questione di quattrini.
Si può affermare che la
piazza comincia a non essere più il
punto di riferimento per gli adolescenti avezzanesi, a distanza di sei anni da
quella descrizione. Un ragazzo o una ragazza delle medie prende dimestichezza
con la piscina, la palestra o la lezione fuori-casa di pianoforte o di chitarra:
è il primo contatto rilevante con l’esterno, la città.
Al tempo della massima
autonomia – primi anni delle superiori –, l’adolescente si sente di casa nella periferia
della città perché lì si trovano le strutture e le abitazioni degli amici che
frequenta. In quella parte dell’esistenza egli è già impegnato per due-tre
giorni a settimana nelle sue attività extra-scolastiche e perciò pensa poco o
affatto ad andare in piazza.
Tornando a casa nell’ora
del passeggio, noto meno gente in giro – soprattutto adolescenti e giovani –,
rispetto a 5-10 anni fa.