lunedì 29 giugno 2015

walking down the line


«Perché tu no?». La mia immagine. Esiste una mia immagine pubblica? Una foto almeno – oltre a quella che campeggia nella testata del blog? Gli altri sono presenti con foto e interviste. Si stava parlando di alcune tendenze nell’ambiente della «cultura» locale. Le presunte novità sono determinate dalla foto e dal curriculum di un autore in un pezzo che annuncia la presentazione di un’opera (romanzo, raccolta di poesie, cd, saggio, mostra, scultura); è tralasciata la recensione del prodotto stesso, talvolta.
È cambiato qualcosa rispetto a trenta o quarant’anni fa? Credo di no. Non ha inciso sui vecchi meccanismi, la presenza del web: è più agevole inserire a piacere documenti di ogni genere, questo sì. L’interessato regala il suo prodotto (libro, catalogo, altro) a un redattore e questo scriverà qualcosa sulla testata di riferimento. Il curriculum è un’aggiunta inutile e talvolta dannosa perché di fronte a una laurea o un diploma sono annoverate partecipazioni a manifestazioni tipo il Festival poetico di Maiano, Fraigas in lettere o Mostra internazionale di Tinchi. (Non c’è in realtà bisogno del c.v. quando qualcuno acquista un prodotto da un amico, un parente o un conoscente in un paese, mentre il «laico» o chi vive fuori da queste montagne spende quattrini secondo il proprio piacere).
Si è invece ripreso dal mondo della politica, la falsa intervista: l’artista scrive le domande e le risposte, poi invia a più di una testata – che pubblica attribuendola a un suo redattore senza timore d’apparire ridicola.
Personaggi del genere s’infilano agevolmente in qualche redazione locale per ricoprire il ruolo di alcuni professorucoli del nostro passato: promuovere le loro opere, smistare il traffico dei «colleghi» locali per costruire una conventicola con a capo se stessi. Ha una lunga storia, il caravanserraglio davanti ai nostri occhi.
(Mi prendo un po’ di vacanza dal blog, giusto per imbroccare qualcosa – da ecologista –, sull’enciclica Laudato si’. Quasi vent’anni fa se ne andava Alexander Langer).

domenica 28 giugno 2015

Ieri


È noto a una quarantina di persone, ciò che ci si è detto durante la presentazione di ieri; racconto qualcosa che è avvenuto dopo.
È ricorsa la domanda: «Come la prenderà X, Y?». Per essere brevi, l’establishment. «Chi, quando in ogni pubblicazione, io indico o nomino almeno trenta-quaranta persone? Vi sto nominando uno per uno…», ho risposto. Non dovrebbero esserci problemi non facendo parte della «crema» della città. (Ho ricordato che nessuna associazione avezzanese mi ha mai invitato a presentare una delle mie ventisei pubblicazioni prima di ieri). Qualche dissapore potrebbe derivare dalla lettura della pubblicazione, che presume però il suo acquisto e dormo sonni tranquilli, conoscendo le abitudini locali. Eventuali malumori possono derivare invece dalla composizione e dai rapporti tra i gruppi che compongono lo stesso establishment (disaggrego perciò i giornalisti dagli altri).
Scrivevo lo scorso 16 aprile: «Non è vero, che le nostre testate on-line pubblicano tutto e “senza nemmeno leggerlo”; preferiscono mantenere pezzi vecchi di 3-4 giorni pur di non pubblicare notizie non gradite». Avevo inviato a tre testate locali l’annuncio della mia ultima mostra. Nessuna ha pubblicato, mentre per quest’occasione – c’era di mezzo l’associazione Convivium – è successo per due su quattro. È un dato fisiologico, l’ultimo mentre il primo no.
Che cosa succede in generale? Un addetto stampa invia un comunicato a sette-otto testate e il giorno seguente va a controllare se il suo scritto è stato pubblicato. In genere le sette-otto testate pubblicano «tutto e “senza nemmeno leggerlo”»; non interessano i commenti dei lettori, all’addetto stampa. Si tratta più che altro di occupare uno spazio per il maggior tempo possibile; la comunicazione con i lettori, con i cittadini passa in secondo piano.
L’addetto stampa di un amministratore, un politico, un sindacato, un’associazione chiama e il giornalista, risponde generalmente. (Il giornalista detiene perciò del potere, per quanto inferiore alle sue attese). Nel mio caso si è trattato invece di (ri)pubblicare – senza impegno – simili quadretti di famiglia e non ci si dovrebbe perciò adombrare per le cose scritte o riferite da qualche papavero ai mass media. È perciò strano a molti che qualcuno legga certi dispacci e passi addirittura del tempo a rifletterci sopra. Capisco che ci si possa sentir ridicoli, questo sì.
(Non si annoiano i cinesi a leggere quello che scrivo?).

mercoledì 24 giugno 2015

NC


Sabato prossimo alle 17, Fabrizio Galadini presenta Nuove cancellazioni nei locali Pro loco dell’Incile. (Organizza l’associazione Convivium di Borgo Incile).
Dovrebbe aggiungere molto altro Franco M. Botticchio. (Racconterò com’è venuta fuori una pubblicazione del genere, con qualche probabilità).

lunedì 22 giugno 2015

«Allargarsi» un po'


Ho voglia da settimane di «allargarmi», di scrivere qualcosa sull’«emergenza immigrazione». Ho notato che qualcuno ne ha trattato in zona (MarsicaLive) e allora dico qualcosa anch’io.
(Nell’immediato). È un’offesa all’intelligenza usare ancora il termine «emergenza» per una situazione in atto non da quattro-cinque giorni ma è perdurante da decenni. Trovo ingiustificabile – da parte di moltissimi – il rifiuto degli immigrati con la pelle scura provenienti dal mare, ma non una parola sugli altri, certo più numerosi e meno «abbronzati», i quali arrivano in Italia in aereo, in treno, in autobus. (Che fanno concorrenza alla manodopera locale per alcuni tipi di lavoro, tra l’altro).
Ciò che circola da anni in Italia sull’argomento è dovuto alla posizione di un paio di schieramenti politici – amenità comprese, ripetute dai giornalisti e perciò bufale –, mentre è (era) il caso di ascoltare altre posizioni, che so: un demografo, uno storico, un antropologo, un sociologo. Tutto ciò avrebbe evitato anche l’uso di tabù incrociati e quindi, un impoverimento del nostro vocabolario, della capacità di dispiegare discorsi. (Mi spiego. Un vigile urbano, difficilmente utilizzerà la pistola d’ordinanza durante la sua carriera, ma se serve… Non la spianerà mai in faccia all’automobilista che procede controsenso o al ragazzino che gioca a pallone).
C’è invece da chiedersi per quali motivi tale situazione ha retto finora, ha avuto degli sviluppi positivi e se tutto ciò è ripetibile; c’è molto tempo a disposizione, trattandosi di un fenomeno legato alla diminuzione di aree fertili nel Pianeta. (Gli immigrati sono stati finora impiegati nei lavori peggio pagati: tra quanto tempo sarà satura tale fascia di mercato del lavoro?).

sabato 13 giugno 2015

Piazza, bella piazza


Avevo intenzione di scrivere qualcosa sulla Piazza, nelle ultime settimane ma il tempo a disposizione era poco; ieri è apparso questo pezzo sul centro città e voglio aggiungere qualche considerazione:
Ciò che m’indigna maggiormente dagli inizi d’aprile, è la presenza delle giostrine nel catino di piazza Risorgimento e in misura marginale delle bancarelle (abusive e no) nella parte superiore. (Tutto ciò significa che nel 2015 lo spazio pubblico cittadino per eccellenza sarà occupato da privati per almeno sette mesi su dodici).
Tali stazioni di divertimento occupano ormai da settimane una parte rilevante del catino e ne orientano anche l’uso, sottraendolo alla fantasia degli avezzanesi in erba. Il livello inferiore è utilizzato, infatti, dai ragazzi per giocare da soli e con altri (corsa, pallone, pallavolo, skateboard, monopattino, bicicletta, eccetera) e anche per socializzare. Da decenni e non solo da loro. A quell’età non si ha certo bisogno di qualche adulto che proponga che cosa fare per giocare, soprattutto in caso di divertimenti a pagamento. (È il primo contatto che hanno con quel luogo ed è bene che se ne facciano un’idea diversa da quella che gli deriva dal luna park che si para loro dinanzi agli occhi ormai da troppi anni).
Seguo da anni gli articoli di Vittorio Emiliani sulle ondate di nuovi negozi che stravolgono – a suo dire – il volto del centro storico della Capitale (il «divertimentificio»): ci sarebbe da riflettere in tal senso anche da noi.