martedì 25 febbraio 2014

Papa straniero e chierichetto locale


(Dalle testate on-line). L’Amministrazione comunale si avvia a nominare Michele Mirabella direttore del Teatro dei Marsi. (È un tentativo di notizia, un rumor o un ballon d’essai? – risale al 17 febbraio). È una scelta di alto profilo, per quello che passa il convento.
(Dalle testate on-line). La giunta comunale ha proposto la commissione per scegliere il miglior progetto di restyling della fontana e dell’area di piazza Risorgimento. Essa è formata da Giovanni Carbonara, Mario Centofanti e Claudio Finarelli. Irreprensibile, bravi!
(Dalle testate on-line). Il logo delle manifestazioni per il Centenario – «il simbolo ufficiale di tutte le manifestazioni» –, sarà scelto tra quelli depositati dagli studenti delle scuole superiori che vorranno partecipare. (C’è almeno una scuola di design o almeno di grafica – tra gli istituti partecipanti –, ad Avezzano?).
Sono facce della stessa medaglia, in realtà.
(Per concludere). Senza Big: R.I.P.

giovedì 20 febbraio 2014

Altri angoli segreti 2


Il luogo ha preso perciò ad attrarre – perciò anche a sopportare – un maggior numero di persone rispetto ai decenni precedenti. (I suoi nuovi frequentatori sono stati attratti dalla diversa situazione o sono stati spinti dalla mancanza di spazio sociale intorno alla loro residenza?).
La nuova «pavimentazione» mettendo in ombra i vialetti radiali, ha ridotto l’area dedicata ai pedoni; in pratica: un maggior numero di persone concentrate in uno spazio minore. È lecito a questo punto chiedersi: come se la cava adesso? (È uno spazio pubblico e deve pescare frequentatori anche oltre il Quadrilatero; è però – insieme a piazza Risorgimento –, uno dei due luoghi della socialità in una cittadina di 42mila abitanti).
Non se la passa bene in realtà e non solo per l’incuria delle amministrazioni comunali che si sono succedute. Incontri gente che passa intere mattinate, pomeriggi o serate, da quelle parti. Qualcuno – alla fine – ha scoperto il vantaggio di distendersi sull’erba, mentre i vialetti una volta cavate o distrutte le basse siepi, sono indistinguibili dalle due tipologie di prato (maltenuto e spelacchiato). I vari ambienti di piazza Torlonia sono perlopiù fusi tra loro: è divenuta uno strano luogo in cui le persone sostano o transitano dove capita – a piedi, di corsa, in bicicletta. Negli anni Zero è stata riscoperta e consolidata come luogo – o come fondale – di manifestazioni estive (pubbliche, semi-pubbliche, private). È però sbagliato parlare di sovraccarico di funzioni o di persone. Un giardino (pubblico) regge meno bene di una piazza fatta in pietra come quella centrale il carico dei nuovi frequentatori; si tratta di spazi che reagiscono in modo diverso alla pressione degli stessi. Spetta ancora al Comune modellarlo come spazio sociale, evitando l’attuale situazione di degrado: c’è bisogno di una nuova idea – di là dell’annosa scarsa manutenzione. Non è semplice, me ne rendo conto, ma va evitato il coinvolgimento di privati – com’è successo per il centro. (Fossi un amministratore, ci farei un pensierino per il centenario del terremoto).
Il bisogno da qualche tempo – genuino o indotto –, di cacciare gli spacciatori di sostanze illegali mostra che piazza Alessandro Torlonia è divenuta una no man’s land. (2/2)

sabato 15 febbraio 2014

Altri angoli segreti 1


(«9 dicembre: l’inizio della fine» – Jim Morrison si rivoltava nella tomba). Il presidio in piazza Torlonia da parte del movimento 9D, mi ha fatto riunire le scarse idee che ho di quel luogo.
Mi capita di citarlo, ma non ho mai provato a scriverci qualcosa sopra perché ho coltivato per decenni, l’idea di disegnare i suoi alberi uno per uno. (È il pezzo di città cui dovrei essere più legato, avendoci annusato i primi odori extra-domestici. Mi sono ricordato di esso giusto le rare volte che ho calpestato viali di pietrisco simili ai suoi: me l’hanno riportato alla mente i miei piedi – la parte opposta al cervello. Me ne accorgo in particolari condizioni di luminosità, alla presenza di un odore particolare ma la via della consapevolezza è ancora lunga). Tale svolta sarà certo dipesa dall’uso insolito che ne è stato fatto negli ultimi mesi e del mio utilizzare il suo spazio in parte. (Mi ha infastidito particolarmente l’uso quotidiano di focherelli con i rami accatastati, il prefabbricato, il carrello, le tende e il parcheggio delle auto sulla piazza. È diventato una sorta di spazio privato, a dirla tutta e mi sono abituato a frequentarne mezza).
Ho sempre avuto il massimo interesse per piazza Risorgimento tanto da dedicarci una pubblicazione (2009). (Claudio Magris scriveva, d’altra parte: «È la piazza che fa una città, piccola o grande»). Piazza Torlonia è invece il giardino pubblico d’Avezzano; essa è perciò un tema collettivo con tutto quel che ne consegue.
Provando a risalire verso il momento in cui ha cominciato a somigliare all’attuale condizione, si può scorgere come uno spartiacque gli anni Ottanta. In poco tempo: parco giochi, nuovo fondo lungo i viali (principali), diversa illuminazione, bar (nelle dimensioni attuali) – di là dell’ordine e delle date precise. È divenuto compiutamente multifunzionale: uno spazio pubblico vero e proprio. (1/2)

lunedì 10 febbraio 2014

Quaderno dei ritagli


(Quando non c’è il gatto, i sorci ballano). Ho copiato una notiziola, all’inizio dell’anno: il nostro sindaco vuol entrare nel parco Sirente-Velino – [sf], Avezzano punta ad entrare nel parco Sirente Velino in «Il Centro» 2 gennaio 2014 e Fabio Iuliano, Vincoli o vantaggi? È battaglia sul taglio del parco Sirente-Velino, in «Il Centro» 3 gennaio 2104. (Sono mancati i commentatori, nell’edizione online).
Ricordo gli anni Ottanta, spesi tra puntate qua e là in Abruzzo per perorare con manifestazioni la causa di qualche nuovo parco o per difendere zone pregiate da intenzioni d’impianti di risalita. Io (con altri) mi sono invece mosso poco o affatto per vicende più vicine a livello geografico (RNO Monte Velino, PNR Sirente-Velino, RNR Monte Salviano). Nel senso: non è stata scritta alcuna lettera pubblica al nostro sindaco perché si aggregasse ai comuni che cominciavano a dar corpo al Sirente-Velino – ci stava (ci sta) bene, un parco da quelle parti – oppure, non ho firmato la petizione per chiedere l’istituzione della nostra riserva (Salviano).
È strumentale l’ingresso nel Parco, a detta del sindaco: «Qualsiasi operazione di promozione territoriale risulta più facile in un’area protetta». Indica poco dopo anche i nostri prodotti di punta da promuovere: «turismo sostenibile e […] prodotti del territorio».
Domanda: che cosa porterà Avezzano in dote al Parco naturale regionale Sirente-Velino, oltre ai suoi 42mila abitanti? Ettari di faggete, prati sterminati, piante rare, alberi secolari? Meno del poco che possiede, in realtà: «sarà nostra premura predisporre delle lingue di terra da lasciare fuori dai confini al fine di consentire attività di caccia, cosa non possibile per legge in un’area protetta».
Nella primavera 2012 criticai sul Velino (67/10) l’idea d’investire altri quattrini in brand da parte del nostro capoluogo: era tagliato fuori dai flussi turistici che interessano la Penisola. Avezzano ha nemmeno la decima parte di ciò che L’Aquila può mostrare a un qualsiasi turista.

mercoledì 5 febbraio 2014

LIW 2


Veniamo a noi, provando a far funzionare l’idea di backyard, di vicinanza all’abitato (nostro, ovviamente) con tre esempi.
1) Ho posto inizialmente sul vecchio blog la questione del fabbisogno energetico alla notizia di nuovi impianti nel Fucino (torcia al plasma, PowerCrop e vari «termovalorizzatori») nell’estate 2007. Per farla breve: abbiamo bisogno di quanta energia nella Piana? Per quanto tempo? Serve qual tipo d’energia? La questione della «prossimità» era secondaria per me e solo per la centrale PowerCrop.
2) L’opposizione (vittoriosa) alla mega-discarica di valle dei Fiori, è questione di backyard? No. C’entravano più che altro la quota e la posizione della stessa più che la distanza dalle abitazioni.
3) Il signor Barnaba Y scava un quintale di pietrisco o di sabbia alla metà esatta del Po. Alcuni padani si arrabbieranno di brutto – a 20, 50, 100 o 300 chilometri prima e dopo il prelievo. (Trecento chilometri nella terra dei mille campanili e dei particolarismi!). Quanto […] è grande il backyard, nel nostro caso? Risposta: è un cortiletto di 71mila chilometri quadrati. Si tratta di un pezzo d’Italia grande quanto la superficie dell’Abruzzo moltiplicata per sei.
C’è molto che non funziona nel pensiero del backyard, da tempo. (Come definire invece la sindrome o la malattia della magistratura che talvolta blocca gli impianti, contestati dai «Nimby»? Malati – durante il lavoro – anche i magistrati?). (2/2)