giovedì 31 marzo 2016

Vecchi frammenti 2

Lungo gli «scalini» del supermercato Metà, che danno su via Domenico Valerii, sono spuntati degli aggeggi per evitare alle persone di sedere.

Immagino che servano a tenere lontani gli ubriaconi che, saltuariamente, siedono da quelle parti attendendo l’apertura della Mensa San Lorenzo. Mi sono anche chiesto a chi possono dar fastidio quei due o tre drop-out, perché l’ingresso del supermercato è posto lungo via Trieste e le vetrate che danno su via Valerii sono ricoperte da una pesante plastica auto-adesiva che impedisce la vista dall’interno. (Avezzanoblu, novembre 2009)

mercoledì 30 marzo 2016

Vecchi frammenti 1

Ho visto rovinare lentamente, per anni, il terreno e il suo manto erboso lungo via Fratelli Rosselli. (D’estate spuntano delle erbe che mi ricordano l’infanzia e che hanno perso cittadinanza nei curatissimi prati d’oggi. Sono erbe selvagge che rimandano ad altri tempi).
Un paio di casette è disabitato e sta andando in malora, una di queste ha il tetto (di legno) sfondato. Gli infissi di legno, in quella foggia e che chiudono completamente le bucature, l’«opus» molto «incertum» d’alcuni muri, le tegole invecchiate e l’intonaco con l’aria vissuta, mi ha portato indietro nel tempo – nonostante le parabole appese ai muri. (Sono entrato in una condizione senza tempo, nel giro di un paio di minuti).
È stata un’esperienza molto gradevole: guardare i vecchi colori sbiaditi dei muri e provare a ricordare – a indovinare –, com’erano all’inizio.

Ho provato, nei pochi minuti che ho passato là dentro, a elencare le attività cui ha assistito quella corte dalle pareti stinte e scrostate: bucati all’aperto e bottiglie di pomodori bolliti, granoturco a essiccare e bambini che giocavano. Me ne sono venute in mente solo alcune ma ho avuto l’impressione che quello, un tempo, fosse un posto brulicante di vita. (Avezzanoblu, febbraio 2010)

sabato 26 marzo 2016

questioni anagrafiche

(Uno). Capitava che un leader di partito (regionale, nazionale) si ritrovasse in un posto a parlare – tra l’altro – di questioni locali. Se la cavava generalmente bene – succedeva la stessa cosa a un qualsiasi sindacalista (regionale, nazionale). La conoscenza di vertenze e perfino fatterelli locali giovava al carisma dei personaggi pubblici, li rendeva maggiormente avvicinabili. (Augusto De Sanctis ci ha raccontato, tra l’altro, vicende del Fucino che noi locali non conoscevamo, anni fa). Non è più così ai nostri giorni, come dimostrato dalla vicenda dell’appartamento popolare occupato abusivamente.
È giunto dalle nostre parti un parlamentare europeo che ignorava in buona parte il fatto e i protagonisti (23 marzo). (Consigliato male dai suoi e perciò in parte giustificato). Non si è trovato davanti a un campo rom in precarie condizioni igieniche, brulicante di malfattori ma davanti a un normale condominio popolare. (Come impiegare la «ruspa» così spesso evocata?). Le persone che egli ha fronteggiato, parlavano un italiano decente ed erano vestite come quelle di cui lui si circondava; una sventolava una bandiera tricolore e un’altra affermava addirittura di essere italiana «da sette generazioni»: ci voleva un bel po’ d’immaginazione e di pregiudizi per pensarle come «nemici».
(Due). Vi sono in Italia migliaia di persone della mia generazione che hanno passato qualche anno della loro gioventù in carcere per il loro far politica con le mani, con le spranghe, con le rivoltelle. È lontano quel periodo, anche se qualcuno della generazione successiva, ci riprova oggi – con le mani.
Il monopolio della violenza è una caratteristica dello stato moderno. Sono perciò delle amenità date in pasto ai mass media, frasi del tipo: «Andrò personalmente a liberare la casa occupata dai rom abusivi per restituirla ai legittimi proprietari» (Matteo Salvini), «liberare la casa occupata dalla famiglia rom» (Marco Forconi). Con quali strumenti, di grazia?
Come sta andando? Ci ha invece pensato la magistratura con i suoi modi (sequestro dell’immobile) e i suoi tempi. Chi altro poteva metterci le mani d’altra parte: la locale squadra di rugby, la farmacista di via L. Sturzo, il WWF Abruzzo Montano? (Potendo interessare: sono occorsi circa «sessanta uomini» per sgomberare l’appartamento occupato abusivamente, scrive Magda Tirabassi sul Centro; sessanta celerini sottratti alla Capitale il giorno seguente agli attentati di Bruxelles).

P.S.: dispiace tanto per Paolo Poli.

giovedì 24 marzo 2016

Apocalypsis cum figuris

Riprendiamo; inizio con un’errata corrige. Avevo scritto nell’ultimo post: «Un appartamento (Ater) abbandonato da anni è occupato da estranei, una settimana fa». Mi ha però schiarito le idee, un servizio su Mattino5 del 22 marzo; lo trovate anche qua:
La vicenda è perciò iniziata il 6 o l’8 marzo, secondo i gusti mentre se n’è avuta notizia una decina di giorni dopo (18). È poi iniziato il tour dei politicanti a caccia di foto con loro al centro: fanno dopotutto il loro mestiere.
È tutto partito dalle nostre parti con una banale notizia montata ad arte – ma non solo –, come in altre occasioni negli ultimi anni. (Luigi Salucci riportava a giochi fatti: «ad Avezzano ci sono tra le due e le trecento case occupate abusivamente», Blitz di Matteo Salvini ad Avezzano: «Sulla casa popolare occupata il vostro sindaco dormiva, tenetelo sveglio», in «AvezzanoInforma 23 marzo 2016). L’obiettivo principale era probabilmente raggiungere la cronaca nazionale. (‘e vedere di nascosto l’effetto che fa’). Missione compiuta ancora una volta; obiettivo raggiunto con un invidiabile sprezzo del ridicolo. Abbiamo però anche scoperto che la vicenda avezzanese è da considerare almeno rose e fiori in campo nazionale, rispetto a numerose città italiane con una maggiore tensione abitativa. Si può solo chiedere riferendoci ad Avezzano, dopo il servizio sulla rete Mediaset: «Tutto qua?». (Succede tutto ciò non da ieri o dall’anno scorso ma da decenni). Allora?
Osserviamo pure l’effetto che fa, ma registriamo ciò che è stato prodotto dalle nostre parti. (Proprio tutto). Sono venuti a mostrarci uno spettacolino marziale dalla costa abruzzese e dire che noi confondiamo spesso e volentieri le etnie di quei centri definendo i residenti abitualmente, con una punta di cattiveria: «zengari». Scrivono dal capoluogo di regione, che certo non la passa bene tra scandali, inchieste giudiziarie e infiltrazioni malavitose legate alla ricostruzione post-terremoto: «Avezzano, il diritto è finito nella polvere», in «InAbruzzo» 21 marzo 2016. Abbiamo perfino accettato una – peraltro inutile – lezione di legalità dai lumbard, come se gli avezzanesi avessero rimosso o dimenticato le ruberie avvenute in quella regione dal 1992 fino a oggi. (Glisso su Celano per cavalleria: noi siamo quasi quattro volte tanto).

Si continua a non discutere di tale argomento in città e comprensibilmente, dopo i due macelli avvenuti a Bruxelles nei giorni scorsi. («Un geste, tout d’abord. S’incliner devant les victimes. Partager la douleur des familles», Francis Van de Woestyne su Libé).

lunedì 21 marzo 2016

Prospettive del turismo ad Avezzano

Avezzano ha scoperto il turismo politico negli ultimi tempi: è d’altra parte una città con appena un secolo di vita dietro e perciò non conserva bellezze artistiche o architettoniche. (Si tratta di turismo povero in realtà: nemmeno un cappuccino e un cornetto al bar). In genere, viene gente da fuori attratta (chissà perché) da banali fatti di cronaca.
(L’ultimo caso). Un appartamento (Ater) abbandonato da anni è occupato da estranei, una settimana fa. (È ovviamente un reato – particolarmente odioso da parte di chi lo subisce). Domanda: è la prima volta che avviene un fatto del genere da noi o nel resto della Penisola? No, la nostra cronaca locale riporta notizie del genere almeno una volta l’anno; qualche testata giornalistica nonostante ciò, ha vergato sulla propria locandina: SCANDALO NAZIONALE. (Non se n’è invece accorto nessuno in Italia, com’era prevedibile). Gianluca Ranieri (M5s) ha denunciato l’occupazione abusiva, da parte di alcuni lavoratori extra-comunitari, delle casette per gli «ex-combattenti» (via G. Garibaldi) nell’agosto 2014 – l’argomento è stato ripreso dalla testata MarsicaLive proprio in questo mese.
È consigliabile per avere un’idea della vicenda di cui sto scrivendo: Casa occupata, parla la rom nuova inquilina: «ho sbagliato ma ne avevo più diritto io», MarsicaLive 19 marzo 2016 e D. Pallotta, Rom occupa casa di nordafricana: scattano proteste della destra, sindaco annuncia dossier, MarsicaNews 20 marzo 2016.
I turisti della politica promettono generalmente sfracelli, ma non nell’immediato. Matteo Salvini annuncia lo scorso 18 aprile, che tra cinque giorni sarà in Abruzzo: «Andrò personalmente a liberare la casa occupata dai rom abusivi». Non gliel’hanno raccontato giusto e perciò lui invoca a sproposito le «ruspe»: l’occupante abusiva era in realtà un’inquilina del piano di sotto con neonata e non una masnada di malfattori con o senza passaporto straniero, ospitata presso un imprecisato campo rom – MN 20 marzo 2016, cit. Non solo, a leggere una notizia e un commento negli ultimi giorni viene anche da supporre che lei sia una rom «mezzo-sangue»; in sintesi: una cittadina italiana soffia un appartamento a una marocchina. Non era pertanto il caso di porre la domanda, come ha invece fatto Paolo Arrigoni (Noi con Salvini): «quand’è che il governo finalmente inizierà a tutelare i cittadini italiani […]?».
Peggio di loro il «regionale» di Forza Nuova che provenendo dalla costa adriatica, conosce i rom senz’altro meglio di noi fucensi; esso possiede anche un’idea sicuramente più chiara del lombardo Salvini della stessa vicenda attraverso l’informazione regionale, ma si è presentato ugualmente il 20 febbraio davanti allo stabile dell’appartamento occupato – non ho capito bene a fare che. (Ci ha pensato la Digos a tenerli calmi).
Ha ragione – semel in anno – il nostro sindaco: Avezzano non è il Far West.

Ciò di cui non si rende conto il turista della politica è che egli resta pur sempre un turista, va e viene senza il bisogno o la curiosità di conoscere in profondità una qualche situazione: gli basta semmai un’occhiata per tranciare giudizi secondo il proprio metro com’è normale mentre la persona inquadrata nel suo mirino, sta semplicemente vivendo; oltre a rimanere in un posto – anche quando commette un reato. (Pregevolissimi al solito, i commenti nel web – solo da quelle parti – degli indigeni: si è parlato d’altro in giro).