Il pesce grande mangia il piccolo, ma non sempre. Non conviene agli
aquilani, alla Regione sgonfiare Pescara
Jazz. Non passa nemmeno per la testa a Pescara e L’Aquila di ridimensionare
Muntagninjazz – tanto per restare in
tema. (Tale festival ha sede a Introdacqua, un paese di 2mila abitanti). Che
cosa ha costruito o prodotto Avezzano negli ultimi decenni da poter vantare in
ambito regionale o almeno comprensoriale? È sortito poco o niente, seppur
confrontato con Arzibanda
(Capistrello) o addirittura con il Festival
Internazionale di Mezza Estate (Tagliacozzo).
Gli animali delle dimensioni di Homo
sapiens, possiedono un repertorio limitato in situazioni di supposto pericolo:
essi lottano o fuggono. È contemplata solo la prima possibilità nel nostro caso:
cambiare dun paio di rappresentanti eletti in zona per contare di più al tavolo
regionale. (Non capisco il nesso, francamente ma è in ogni modo un’illusione,
come ho spiegato in precedenza). Ci vogliono le armate in ogni modo per vincere
o almeno, per provarci.
Ho confrontato la scorsa estate due situazioni simili se non
identiche. A Pescara e ad Avezzano sono stati recisi in blocco degli alberi,
dopo un’accurata analisi – oltre un centinaio nella prima: molti di questi
erano malati mentre alcuni no. Dopo tale operazione si nota ancora – passeggiando
per le due città – degli alberi inequivocabilmente malati. (Garantisco per la
mia e prendo per buone le immagini provenienti dalla costa). La reazione dei
cittadini è stata diversa nei due casi. Si è parlato diffusamente a livello regionale
del capoluogo adriatico per via della protesta di alcune associazioni
ambientaliste, delle manifestazioni quotidiane, delle carte bollate, della
solidarietà ottenuta da alcuni personaggi (A. Celentano, E. De Luca, G.
Francescato, A. Gassmann, F. Pratesi, V. Sgarbi); tale vicenda è finita perfino
in un tg nazionale. (È stata una settimana «calda»). Ad Avezzano, in
proporzione, ci si sarebbe immaginato il comunicato di un paio d’associazioni,
una ventina di persone a manifestare per due-tre giorni e invece niente di
tutto ciò: ne ha accennato giusto il sottoscritto in un paio di occasioni – mi
avranno letto all’incirca una quarantina di persone. Mancano perciò le armate e
presumo che sarà arduo trovare chi è disposto a farne parte: gli avezzanesi non
sono una stirpe di combattenti.
Non solo. Il parco D’Avalos – come lo chiamano le persone che hanno
almeno la mia età – è stato trasformato in una riserva naturale (2001) ed è
conosciuta in giro come Pineta Dannunziana.
Gli alberi d’Avezzano sono un pezzo della sua storia recente perché piantati lungo
i marciapiedi costruiti ex novo nel
nuovo centro e hanno perciò un’importanza simile a quella di edifici pubblici
come San Giuseppe, la scuola Corradini, il municipio, il tribunale e poco altro.
Tutto ciò andava affermato a chiare lettere nelle manifestazioni ufficiali durante il Centenario, l’anno scorso. Tale
patrimonio è in via di liquidazione da vent’anni esatti – a differenza di
quanto è avvenuto a Pescara, dove è stato valorizzato – mi si passi il termine.
(Le liste elettorali delle Amministrative di maggio getteranno un po’ di luce
sul senso che si è voluto imprimere alle celebrazioni del Centenario).