mercoledì 29 novembre 2017

I Marsi degli altri 3

Torno sulla vicenda L’Aquila capoluogo e Nuova Pescara perché oggi si nota meglio chi è dalla parte della conservazione e chi – nonostante (proprio) tutto – può definirsi un innovatore. Sono da segnalare anche un paio d’interventi di personaggi dell’Abruzzo interno anche se solo marsicani (Maurizio Di Nicola, Emilio Iampieri).
(A = A). Riporto dei brani che danno l’idea di una politica ormai senza un briciolo d’idee ma con una visione monumentale del passato. Stefano Albano: «L’Aquila è poi la naturale cerniera di collegamento della nostra regione con Roma», in Nuova Pescara capoluogo: il Pd a pezzi, si spacca Forza Italia e D’Alfonso tace, in «AbruzzoWeb» 14 novembre 2017. (Se non ho capito male: un pescarese, un pescasserolese o un castellano che deve raggiungere Roma, passa inevitabilmente per L’Aquila). Pierpaolo Pietrucci e Sandro Mariani: «La velocizzazione dei collegamenti stradali e ferroviari con Pescara è un punto, che fa il paio con l’ammodernamento [delle] tratte stradali di collegamento con il Lazio che rendono L’Aquila baricentrica sull’asse mediano nei legami con Roma», in Nuova Pescara capoluogo: il Pd a pezzi, si spacca Forza Italia e D’Alfonso tace, in «AbruzzoWeb» 14 novembre 2017. Gli stessi scrivono nello stesso pezzo anche – come avevo già segnalato il 19 novembre ma senza fare nomi: «Non è che all’Aquila serve l’Abruzzo, è all’Abruzzo che serve L’Aquila». Pierpaolo Pietrucci: «L’Aquila è baricentrica per vocazione», in Treno, nuova linea L’Aquila-Roma e potenziamento con Pescara, in «IlFaro24» 23 novembre 2017. (Ebbene L’Aquila è baricentrica rispetto al resto dell’Abruzzo giusto sulla carta stampata, in una pagina web, nelle chiacchiere al bar o «per vocazione». Si tace ovviamente il nome di chi l’ha invitata, chiamata). Last but not least, la città «che non s’è messa paura di francesi e spagnoli, mercenari e terremoti», Pierluigi Biondi su Facebook, citato da «IlCapoluogo», 17 novembre 2017.
È andato piuttosto bene invece, Di Nicola in un’opera di ricucitura – meritoria in periodo pre-elettorale: «L’Aquila è la storia nobile dell’Abruzzo, le radici ferme nel tempo e giustamente lì resta, e deve restare, il faro amministrativo regionale, ma la Nuova Pescara sarà il fronte regionale avanguardista: una Città dei “ponti” che “lega” in quanto Nuova, in quanto In-nova, e non in quanto Grande (o più grande), vocata allo scambio culturale e commerciale», Grande Pescara: per Di Nicola “magica” per salviniani Montesilvano “fregatura”, in «AbruzzoWeb» 26 novembre 2017.
Ho una concezione dinamica degli insediamenti umani e perciò m’interessa poco se un paese, una vallata è abbandonata dai residui abitanti, si costruisce una nuova città per 50mila abitanti da qualche parte del Pianeta o un agglomerato conserva lo stesso numero di residenti per un secolo di fila. Non è una novità nemmeno la fusione di due o più insediamenti attaccati tra loro o una città con più di due milioni di abitanti che prova a decentrare il potere. (Tra quindici, vent’anni che fine farà la regione Val d’Aosta?)

La Nuova Pescara o una situazione in cui tre Comuni agiscono all’unisono porterebbe degli indubbi squilibri nel resto della regione. Che fare? La zona interna avrebbe dovuto già porsi uno e simili problemi dopo aver costatato, anni addietro, di essere rimasta tagliata fuori dal circuito dell’Alta velocità e di non contenere nemmeno una Città metropolitana – nel senso: una provincia di serie A. La questione principale è proprio la mancanza di una strategia da parte dei singoli elementi (Alto Sangro, Aquilano, Marsica, Valle peligna) – considerando che più di uno ci rimetterebbe nello stare insieme tutti e quattro – per il galleggiamento nel nuovo assetto della Penisola. Ha perciò senso in una simile situazione quanto scrive Iampieri: «Non è un caso se in queste settimane i sindaci di Avezzano e L’Aquila dialogano proficuamente tra loro», 28 novembre 2017. (Di là dei risultati ascrivibili a tali consultazioni – che almeno io ignoro –, sarà lo stesso dopo le Politiche o le Regionali?)

domenica 26 novembre 2017

Alice in Wonderland

Ho seguito un po’ le polemiche legate all’abbattimento delle statue di alcuni protagonisti nella Guerra civile americana (1861-65), oltre tre mesi fa negli Stati Uniti e in Europa. («Alcuni» è da intendere nel senso: quelli che difendevano la segregazione e la schiavitù). Anche quelle di Cristoforo Colombo. Si è trattato di un dibattito piuttosto interessante.
Passo adesso alla periferia della periferia dell’impero americano e noto che succede l’esatto contrario – senza stupirmi più di tanto. Ho letto piuttosto divertito questo pezzo: F. Proia, Tribunale di Avezzano: e se la difesa del palazzo di giustizia passasse anche per la cultura?, in «MarsicaLive» 25 novembre 2017. Si propone di ripristinare, immagino nella facciata, dei simboli del passato: due aquile, una con «la croce sabauda», l’altra «quella che riporta il fascio littorio». L’iniziativa servirebbe anche a «tutelare» maggiormente il nostro tribunale in questo poco felice momento; lo stesso articolo vuol essere una «provocazione». Vabbè…
In sintesi: negli Stati Uniti sono state distrutte decine di statue per non contrariare i discendenti degli schiavi intenti a passeggiare nelle loro città, un secolo e mezzo dopo quella guerra mentre ad Avezzano, i figli, i nipoti e i pronipoti di chi è stato picchiato, incarcerato, confinato, ucciso dai fascisti poco più di settant’anni fa – comunisti, democratici, ebrei, liberali, non-cattolici, omosessuali, repubblicani, socialisti –, dovrebbero almeno soprassedere.
Io penso che bisognerebbe capire per qual motivo settantaquattro anni fa, gli avezzanesi abbiano scelto di non buttar giù l’edificio del tribunale costruito durante il fascismo. Non solo, perché abbiano ripetuto la stessa scelta con la costruzione che va sotto il nome: «scuola di via G. Mazzini» – graffiti inclusi. (Idem, perché non hanno abbattuto il monumento ai Caduti e le case costruite durante l’infausto ventennio?).
Mi si perdoni l’auto-citazione: perché mi sono lamentato più volte negli ultimi decenni del destino toccato ai graffiti suddetti, ma non ho mai scritto un rigo a favore dei due simboli – poco ingombranti tra l’altro – che si trovano abbandonati presso il tribunale? Quei graffiti sono in ogni modo delle opere d’arte – stupende o scadenti, non importa – per quanto celebrative del periodo in cui sono state realizzate, a differenza di uno o più simboli. (Non sono delle mere rappresentazioni di aquile).

Chiedersi che fine debba fare quelle due aquile di pietra, è invece una bella domanda.

giovedì 23 novembre 2017

on demand

(Non scriverò un rigo circa la potatura e i tagli di alberi in piazza Torlonia neanche sotto tortura). Domenica scorsa, attraversando il sottopassaggio della stazione ferroviaria ho notato le tracce di un accoltellamento avvenuto il giorno precedente. Nei giorni seguenti invece ho notato la polizia locale che presidia l’inizio di corso della Libertà – durante l’apertura pomeridiana dei negozi –, con il lampeggiatore acceso. Che dire? È preferibile tacere perché qualsiasi giudizio sarebbe come sparare alla Croce Rossa.
Io imposto la faccenda in maniera diversa. Esiste secondo me una zona a rischio micro-criminalità a cavallo della stazione ferroviaria (piazza G. Matteotti e piazzale J.F. Kennedy). Tutto ciò dipende in parte dal fatto che essa è scarsamente abitata; va aggiunta la presenza di locali simili che attraggono lo stesso tipo di clientela. È questa la miscela esplosiva, non altro. (Si spaccia di più o di meno, davanti a vecchi, cinquantenni e bambini o quando ci si ritrova con gente della stessa età? Si registrerebbe lo stesso andazzo, se a piazza Matteotti ci fossero un negozio d’alta moda, una ferramenta e una stamperia al posto di tre esercizi dove si mangia e si beve?).
Tale zona ha preso questa piega da oltre vent’anni e c’era perciò d’aspettarsi – non da ieri né dall’altro ieri –, fenomeni di micro-delinquenza; si è registrato anche di peggio nell’ultimo periodo e il sindaco, in questi casi, può farci davvero poco.
È la classica situazione in cui non si conosce né si vuol comprendere in tanti una realtà particolare. (Ipocrisia pura, un prodotto tipico avezzanese).

È facilmente immaginabile che cosa mi venga in mente adesso, quando leggo: «Comitato cittadino dei commercianti e residenti di Corso della Libertà e zone limitrofe». (Bocca cucita anche sulla lettera dell’ex-sindaco sull’argomento micro-criminalità – 20 novembre).

martedì 21 novembre 2017

I Marsi degli altri 2bis

Ne aggiungo un altro perché nonostante una settimana d’interventi e lettere al Centro (cartaceo), la polemica non si è ancora placata; ho notato che adesso ha contagiato un po’ tutti, il benaltrismo.
Sono d’accordo con Luciano D’Alfonso quando rimprovera di goliardia il consiglio comunale di Pescara che ha approvato un impegno del Comune per ottenere il capoluogo di Regione. La stessa richiesta potrebbe essere definita ancora una goliardata tra dieci, quindici anni? Cominciando casomai con l’adottare delle politiche comuni, in diversi settori da parte dei tre enti pubblici? Proponendo, ancora in tre o come Nuova Pescara, progetti e iniziative comuni alla Regione o al governo centrale della Repubblica democratica? (Chiedo: perché in Italia hanno istituito le Autorità di bacino?).
L’azione dei duecentomila abruzzesi che vivono a stretto contatto sulla costa adriatica è una maniera di muoversi o forse di reagire a una situazione, gli altri corregionali invece? Che cosa hanno immaginato L’Aquila, la Marsica, Sulmona per il loro futuro? («le cose non “sono”: accadono», per dirla con il fisico Carlo Rovelli). Di là dallo sventolare blasoni o quarti di nobiltà – che non incantano nessuno – e chiacchierare di turismo, non si è visto altro negli ultimi decenni, nell’Abruzzo interno.

(È tutta da dimenticare la polemica tra il sindaco di Tagliacozzo e Gianni Melilla sul «treno veloce» Roma-Pescara).

domenica 19 novembre 2017

I Marsi degli altri 2

Io ero alle prese con fatterelli successi sotto casa mentre nelle due principali città abruzzesi succedeva il finimondo, com’è noto. È spuntata fuori la questione della futura Nuova Pescara come capoluogo di regione, al posto di L’Aquila. (È stata tirata fuori da politici come Enzo Cantagallo, Giacomo Cuzzi e Lorenzo Sospiri, nei giorni scorsi).
È apprezzabile che da noi non ne abbia accennato l’Amministrazione comunale, mentre è riprovevole che i partiti politici organizzati non abbiano affrontato minimamente la questione – liste e listarelle non fanno testo. Sono rimasto stupito anche dal silenzio di altri grossi centri abruzzesi (Chieti, Sulmona, Teramo), come se la faccenda non li riguardasse; essa ha spaccato i due principali schieramenti mentre il terzo – quello più forte a livello elettorale – ha preferito benaltrare.
I tre citati politici abruzzesi hanno espresso un’opinione ma non gli è stato ribattuto da parte degli altri numerosi colleghi come ci si sarebbe aspettato, è scattata invece la delegittimazione. Tutto ciò è servito, secondo uno sperimentato copione, a coprire la mancanza di argomenti da parte di chi ha replicato – non hanno potuto accusarli di campanilismo, ovviamente. L’Aquila, com’è stato ripetuto da diverse autorevoli figure, è «naturalmente» il capoluogo di regione; ha dalla sua parte anche la «storia».
L’esperienza insegna che i palazzi del governo si trovano generalmente nelle città più popolose; i numerosi personaggi in questione dovrebbero spiegare agli altri abruzzesi ma non solo a loro, perché nella nostra regione è diverso. La storia – tanto per rammentare – non è una scienza esatta e quando è citata, bisogna precisare almeno il periodo cui ci si riferisce, altrimenti si prende in giro l’interlocutore.
(Domande). Se L’Aquila è «naturalmente» il capoluogo di regione, perché sprecare del tempo (poco, tanto, così-così) per farci sopra una legge apposta? Avrà pure avuto una storia dignitosa, in un determinato, periodo L’Aquila: devo adesso pentirmi per averla raramente filata finora, per questioni di lavoro e non solo? Perché non raccontare le eroiche gesta della città agli investitori americani, cinesi o russi considerando che nel resto della regione e anche altrove le persone non apprezzano tali argomenti?
(Quiz). Chi, quando e con chi l’aveva il signore secondo cui bisognava «capire perché in alcune aree si tagliano ospedali e posti letto e su altre no, perché qui la spesa per le cure riabilitative è dimezzata rispetto ad altri territori, perché si tenta ancora oggi di togliere qualche ufficio con ipotesi di accorpamento ma in realtà tutto ciò somiglia terribilmente a uno scippo»?
Mi complimento in ogni modo con chi ha coltivato l’idea della Nuova Pescara – di là della polemica che ha dato origine al post –, anche se bisogna pur ammettere che si tratta dell’uovo di Colombo. (Uso spesso il termine conurbazione quando scrivo di quella zona). Allo stesso modo, sono contento quando leggo di piccoli comuni, situati nello stesso bacino imbrifero, che vogliono fondersi tra loro.

È stata questa una ghiotta occasione per comprendere come in Abruzzo abbiamo una classe politica da operetta. La frase che più mi ha fatto sbattere dalle risate – omettendo l’autore –, è stata: «Non è che all’Aquila serve l’Abruzzo, è all’Abruzzo che serve L’Aquila (capoluogo di Regione, capitale dell’Appennino)» – da AbruzzoWeb.