lunedì 30 dicembre 2013

As time goes by 0


(Meglio portarsi avanti con il lavoro). Dopo il pezzo sul Martello, m’è venuta voglia di pubblicare: [s.f.], Amplero e dintorni, Grünt!, maggio 1983. (Il titolo completo è: Grünt!, bollettino bimestrale unificato delle associazioni protezionistiche avezzanesi – Cai, WWF, [Legambiente], Gruppo speleologico marsicano. È bene anche ricordare che eravamo una manica di ventenni).
Si tratta di una scrittura a 3-4 mani, ma non c’è la mia. È rimasto la prima parte di un intervento lasciato a metà. (Qualcuno noterà che non si parla dell’acqua del Giovenco prelevata e portata a L’Aquila: lo scoprimmo qualche mese dopo).
Com’era l’Italia prima della Via e della Vas, prima dei Parchi, prima delle Autorità di bacino, prima del referendum sui pesticidi, prima della vertenza abruzzese sulla cementificazione dei fiumi (*), prima di Tangentopoli, prima dell’Arssa (non c’è più – si chiamava Ersa in quel tempo), prima dell’invenzione dello stakeholder, prima del radicchio fucense e molto altro?
La differenza con l’oggi è evidente. Erano gli ecologisti a proiettarsi in altri ambienti, mentre oggi la politica prova a sfruttare l’azione delle associazioni o a «dare la linea» – il convegno sulle discariche abusive del 14 dicembre all’Hotel dei Marsi, per citare la più recente. (Un conto è attaccare e un altro è giocare di rimessa: la differenza è ancora tutta questa, secondo me).
Ho rivisto giusto l’ortografia e cambiato diversi termini un po’ ostici – li ho messi tra parentesi quadre –, ho aggiunto almeno una ventina di virgole; sono miei anche i corsivi, i grassetti e le note. Il modo d’esprimere è quello (contorto) del suo tempo e può essere indigesto per alcuni. (Potendo interessare: fu ciclostilato e diffuso in un’ottantina di copie).
(A proposito del questionario: Aqua Piana del Fucino: «Se ne potrà dedurre quella che è probabilmente la verità ultima del puzzle: malgrado le apparenze, non si tratta di un gioco solitario: ogni gesto che compie l’attore del puzzle, il suo autore lo ha compiuto prima di lui» – G. Perec, La vita istruzioni per l’uso, 1978).
Ci si risente il 2.

(*) Mi riferisco a un periodo d’incontri, studi e denunce in un’estate di molti anni fa, culminato con il convegno: Contro lo scempio ecologico degli ambienti fluviali d’Abruzzo – Aula Magna d’Economia e Commercio, Pescara (29 settembre 1985). Riporto i nomi degli organizzatori: Pescasportiva Daina (Vittorito), Azione Cittadina (Montesilvano), Dea Madre (Pratola Peligna), Gruppo ecologico (Roseto degli Abruzzi), Il Nibbio (Alta val di Sangro), La Mala Erba (Pescara), [Legambiente] (Avezzano).

sabato 28 dicembre 2013

2013 bis


4) Il 22 aprile è stato presentato il volume: G.A. Rota-N. Stefi, Luigi Veronelli. La vita è troppo corta per bere vini cattivi, Giunti 2012 – presso Mammaròssa. (È stato il primo libro su Veronelli). Non solo, anche La terra è l’anima – le mie tavole invece, risalgono al 2006. Potete buttare un occhio a un po’ di pezzi qua, verso la fine della puntata (7.54):
5) A novembre, è morto Roberto Cerati, ma non ne ho scritto. A differenza degli altri che cito in generale, io con lui ci ho parlato – una lunga telefonata nei primi anni Novanta. Era un tipo di un altro tempo, fatto di un’altra pasta. La mia breve esperienza nel settore pubblicitario, m’indisponeva nei confronti di un qualsiasi addetto al «commerciale», invece… Mi resi immediatamente conto perché era già considerato un personaggio «mitico»; era una gran bella persona.
6) Come ho partecipato a Calvino90? Sono stato per qualche giorno con un bottone in meno alla camicia e il 15 ottobre l’ho finalmente attaccato.
7) La storia più commovente dell’anno:
Finito? No, devo una risposta a più di uno sulla questione «temi collettivi»: perché dov’è una chiesa sconsacrata, non devo costruire un supermercato. Anche sulle mie tirature…
Buon anno nuovo a tutti! (2/2)

giovedì 26 dicembre 2013

2013


È stata un’annata moscia per molti versi: l’ideale per guardarsi l’ombelico. Ricordo poco, di questo 2013 che sta per passare. Mi ha tirato poco questo posto, sarà l’età; mi piace sempre meno cose.
È saltata – spero definitivamente – la riperimetrazione del Sirente-Velino: io ci sarei rimasto malissimo in caso contrario. (Sono state raccolte 176.771 firme). Ho capito la rabbia che trapela da alcuni comunicati dell’Anpi, quando qualcuno prova a rimestare nel passato.
La cosa che mi ha sconvolto di più, quest’anno: la vicenda abruzzese di Stamina Foundation Onlus. Mi sono chiesto: gli abruzzesi leggono i giornali? Gli abruzzesi capiscono ciò che leggono sui giornali? Un riassunto:
(Le scoperte). 1) ho messo i piedi in via Solferino dopo una ventina d’anni che non lo facevo: è completamente cambiata; non riuscivo a orientarmi. 2) i nuovi restauri delle facciate di alcune palazzine, costituiscono l’occasione per sbarazzarsi degli alberi nei giardini. (Si parte dall’esigenza che bisogna sistemare i ponteggi). Mi hanno fatto notare anche che in molte ristrutturazioni di vecchie abitazioni, si eliminano i giardini per pacchiane piastre di cemento. È scomparsa ogni traccia del ponticello dell’ex Rio, intubato decenni addietro. A chi dava fastidio?
Riassumo quel poco che mi ripassa per la mente.
1) Ho notato la comparsa di cartelli molto aggressivi indirizzati a chi porta il proprio cane a spasso e dimentica di prelevare da terra i bisogni della propria bestiola.
2) Mi sono reso conto che i miei compaesani non hanno capito granché dell’uso recente di (un pezzo di) via Corradini – anche del tribunale, per intenderci. Ha colpito la commistione tra «pubblico» e «privato», più che altro. I casi sono due: a) non sono stato bravo io negli ultimi decenni a spiegare come funziona uno spazio pubblico, b) la barbarie è avanzata ugualmente.
3) M’è stato proposto di firmare la petizione on-line (Change.Org, 27 settembre) del premio Nobel Dario Fo contro (Guido) Barilla che aveva dichiarato in un’intervista radiofonica (La Zanzara): «Io non farei mai uno spot con una famiglia gay». Non l’ho degnata di considerazione, minimamente. Mi ero invece già tolto lo sfizio d’infilare una famigliola del genere in un calendario, il mese precedente. «Tanto, gli avezzanesi non capiranno». Così è stato. (Due mamme e un bambino: perché i maschi dei mammiferi c’entrano poco con la cura e l’educazione dei cuccioli). (1/2)

lunedì 23 dicembre 2013

histoire d'A


Mi attrae poco la discussione su «Amplero» più di trent’anni dopo la mia prima esperienza. Il mondo politico proponeva un’opera pubblica e se ne discuteva in pubblico: amministrazioni locali, partiti, sindacati e associazioni. C’erano i favorevoli e i contrari: alla fine si procedeva o si accantonava. (Si preferì soprassedere nel nostro caso, per la seconda volta).
I piani alti della politica hanno maggior potere rispetto allora – si può far passare un’opera per «strategica» e aggirare alcuni controlli –, ma hanno bisogno di maggiore legittimazione. I primi sindaci italiani eletti in modo diretto – con maggiori poteri rispetto alla situazione precedente –, non risparmiavano ai cittadini appelli del genere: «Statemi vicino e aiutatemi a governare»; mentre a quanti poi provavano a consigliare o a dissentire ricordavano stizziti: «Sono stato eletto democraticamente dal popolo!».
Il metodo dell’intervista Aqua Piana del Fucino ai portatori d’interesse non mi appassiona. Cresce il numero dei punti di vista ma la rappresentazione che s’intravede è risicata e non solo perché gli sguardi sono incanalati. (Senza contare che si tratta di pareri, in ogni modo). Ho già posto una questione simile: Giuliano Pisapia volendo discutere del traffico cittadino, come riesce ad ascoltare tutti i portatori d’interesse giacché, Milano è raggiunta – cinque giorni su sette – da 400mila persone? (Non solo). Gli albergatori di un comune montano propongono di eliminare un bosco, allargare la strada che attraversa la loro montagna e di costruire lungo il suo tracciato alcune aree da picnic per «valorizzare» lo stesso rilievo. L’associazione XYZ è contraria a una striminzita frazione del taglio perché da quelle parti, vi è una ventina d’esemplari di una pianta officinale rara che rischia di scomparire dal Pianeta. Il sindaco darà ragione agli albergatori – ça va sans dire. La montagna inizierà a franare dopo 12-15 anni con buona pace di tutti. (Non ricordiamo collettivamente nemmeno che le frane sono provocate dal taglio irrazionale degli alberi).
Non hanno uno spazio le mie (e le altrui) osservazioni del tempo andato nelle attuali procedure. (Ne cito un paio a caso). Sbancare per ricavare dei vasconi a quote basse ha un impatto ambientale senz’altro minore dell’impermeabilizzare un invaso naturale a una quota maggiore: l’acqua piovana e la neve accumulata durante l’inverno, possiedono entrambe ottime possibilità di finire nei fiumi sotterranei. (Si spende risorse ed energia per portare altra acqua in un posto dove già c’è e s’impedisce a questa d’infiltrarsi nella falda sottostante. Allo stesso modo, una discarica presenta meno rischi in caso di rottura della membrana sottostante se la sistemo a valle, più in basso rispetto a una città o lontano da una falda. Cfr.: valle dei Fiori). Nello stesso periodo, si criticò il modello di sviluppo ispiratore della nostra agricoltura e s’indicò l’impatto delle colture sull’ecosistema della Piana. Il termine «sostenibile» non era ancora stato inventato, ma si osservava – passando per Fucino a piedi, in bicicletta, in auto o in pullman –, molta terra (fertilissima) abbandonata sull’asfalto e ridotta a rifiuto. «Fino a quando?», ci si chiedeva. Si auspicavano colture diverse e richiedenti meno risorse ed energia. Si finisce fuori tema oggi da parte di chiunque, a esprimersi in tal modo.
(Mentre noi umani civilizzati in quel tempo polemizzavamo democraticamente, il Giovenco «rinunciò» alle sue sorgenti più in alto, diminuendo di conseguenza la sua portata).
Alla fine del processo d’indagine e d’elaborazione d’Aqua, sortirà non una soluzione, ma di più. Sarà preferita quale e soprattutto, da chi? (Ho la sensazione che per dirimere la futura questione dell’invaso – o degli invasi –, bisognerà ricorrere alla vecchia e amata carta bollata).
(Il Martello del Fucino 19 2013)

mercoledì 18 dicembre 2013

Changes


A fine ottobre, ho saputo che traslocava lungo corso della Libertà uno dei miei negozi preferiti (NewOffice). Mi sono stati esposti i motivi, data la confidenza con i proprietari. Un altro negozio (d’abbigliamento) sotto i portici di via Trieste, si era da poco spostato in un altro punto vendita già esistente in via C. Corradini. (Non è difficile capire anche in questo caso, com’è andata).
Oviesse si trasferisce lungo la Tiburtina-Valeria, a detta di qualche mezzo d’informazione – a fine novembre, ma io lo sapevo già da ottobre. La non-notizia, ha scatenato i commentatori: «pericolo giallo» (subentrerà probabilmente una società cinese) e giù di lì. Ci è stata risparmiata la solfa della «desertificazione» del centro. I miei compaesani perché non hanno capito molto della vicenda, anche in quest’occasione? Non è solo colpa di chi scrive amenità sulle testate locali, nel caso in esame.
La faccio lunga.
(I miei ricordi d’infanzia). Al posto dell’Oviesse e del suo parcheggio, c’era una rimessa open air di ponteggi per l’edilizia. (Erano in legno ovviamente: i tubi Innocenti risalgono ai primi anni Sessanta e c’è voluto del tempo per affermarsi anche da noi). I cosiddetti piccoli portici sono stati costruiti su un prato incolto (recintato) dove si potevano trovare i materiali di scarto più vari: mattoni, legno, fil di ferro, copertoni, ecc.
Non m’impensierisce perciò, un tratto di via Trieste al buio dalle luci dei negozi per qualche mese o qualche anno: ne ho viste tante. Si tratterà di quasi cinquanta metri di strada, che sarà meno frequentata dai pedoni. (Ho descritto la parabola discendente di piazza del Mercato, la scorsa estate: un posto può cambiare completamente, pur centrale).
Non si capisce (collettivamente) che alcuni tipi di spazi chiusi sono obsoleti o inadeguati per alcune funzioni, da noi. Non riescono in genere a stare nei nostri (vecchi?) appartamenti, le giovani coppie al massimo qualche professionista – giusto per risparmiare sull’affitto. È immaginabile che un qualsiasi condominio nel Quadrilatero abbia meno problemi d’abitabilità rispetto ad alcuni locali nella stessa zona (servizi, impianti, sicurezza, ecc.).
Il sindaco di L’Aquila lamentava che l’abnorme crescita degli affitti, avrebbe allontanato la tipologia di negozio esistente al centro fino al terremoto (2009), all’inizio di dicembre. (Non sono ammesse riflessioni del genere, da noi).