martedì 30 gennaio 2018

Sabato scorso 3

(Com’è finita). Renato Simone uno dei due relatori – l’altra era Emanuela Ceccaroni –, si è chiesto: «Che fare per cambiare Avezzano?». Nel senso: noi lì dentro. Non se n’è discusso perché si era fatto tardi, ma avrei risposto nel solito modo.
I cambiamenti sociali sono sempre collettivi, non dipendono certo da uno o più personaggi che trascinano le folle, come pensiamo noi europei da almeno un paio di secoli.
Non si è istituita un’isola pedonale non solo perché è stata inserita dalle varie Amministrazioni comunali in un frame sbagliato anziché essere considerata come un tema collettivo, ma anche perché gli avezzanesi non sopportano impedimenti di sorta. (Bisogna intervenire perciò su questa mentalità ed è un’operazione faraonica come minimo).
È scoppiata di recente una polemica legata all’espressione «razza bianca». Non trovo la locuzione particolarmente grave se proviene dalla bocca di un politico. (Simili coglionerie certo non circolano nei corsi di Scienze biologiche; a Lettere e Filosofia avvertirebbero ben presto puzza d’imbroglio). Nel mio breve intervento ho anche accennato a strade che hanno perso la loro funzione e perciò l’importanza nel corso dei secoli e questa sorta di declassamento ha investito anche alcune città che esse collegavano, favorendo lo spopolamento. Muta il paesaggio che noi modelliamo e che ci circonda, ma esso non segue un verso né punta un obiettivo. (Non va da nessuna parte Homo sapiens anche se è sempre in movimento, da qualche milione di anni). Ci si trova sovente davanti alla ripresa di vecchie vicende, a capitoli non ancora chiusi della storia. (Qualcuno aveva lamentato in precedenza l’assenza di una «stampa» all’altezza della situazione oggi invece, la situazione è di poco peggiore nonostante internet). È opportuno perciò che ciascuno prosegua nel suo percorso, com’è avvenuto finora; «continuate in ciò che era giusto» come raccomandava la buonanima. (Tanto meglio se si procede in gruppo, ci si diverte di più). È una fatica di Sisifo d’accordo ma in tal modo ci si fanno i muscoli... Shantih, shantih
A tempo perso, se non lo conoscete già:

lunedì 29 gennaio 2018

Sabato scorso 2

(La presentazione). Le relazioni sono state molto sentite; mi soffermo sulla discussione che è stata di tipo politico: cittadini con mentalità certo diverse che discutono di un argomento, guardandosi negli occhi.
È stato interessante il dibattito che ha registrato interventi e domande da parte di persone che appartengono a tre diverse generazioni. È spuntata la solita domanda che mi è rivolta in simili occasioni: che cosa prevedo, quale fine per Avezzano? È una bella domanda perché implica il futuro in qualche modo e anche la consapevolezza che le città non sono eterne. È opportuno però chiedersi secondo me: come ha fatto a resistere Homo sapiens da queste parti negli ultimi 40mila anni? Bisogna partire proprio da questo «come». Io ho proposto la solita ricetta per evitare ad Avezzano di spopolarsi (industria + agricoltura + collegamenti con la Capitale); essa è frutto di qualcosa che sta tra la saggezza e il buonsenso: la questione è in realtà più complicata di come la metto io comunemente e vi è bisogno di un lavoro teorico mai tentato prima. (Servono studiosi capaci e motivati più degli imbrattacarte del posto).
Ho insistito sul ruolo dei collegamenti anzi, sui flussi – ti ci trovi immerso o li produci in qualche maniera. È circolata in una campagna pubblicitaria, per settimane, una foto notturna dell’Italia scattata da un satellite artificiale. Essa mostra meglio di tante analisi come funziona la Penisola – dove si accentrano gli italiani e c’è più vita almeno di notte; l’Appennino rimane al buio per la maggior parte. Tra alcuni anni, secondo me, l’effetto combinato tra l’esclusione dal tracciato dell’Alta velocità e la mancanza di una Città metropolitana, farà della costa abruzzese una zona ancora più buia. (La nostra costa è la zona più illuminata della Regione, secondo quella foto).
Che fare per rallentare, invertire questa tendenza? La cosa tragica è che le città abruzzesi che stanno meglio di noi, i capoluoghi di provincia provano a immaginare un futuro e a brigare per conseguire un qualche risultato, mentre da noi non si ha uno straccio d’idea nemmeno per l’immediato. La cronaca ci racconta dell’Abruzzo, della Marsica in particolare come di una zona che ospita un alto numero di «paracadutati» in testa alle liste delle prossime Politiche. Tutto ciò vuol dire un paio di cose: a) la Marsica e Avezzano sono considerate dei territori marginali, b) gli stessi territori hanno una classe politica da operetta – perdonate la ripetizione.

Le persone che ho incontrato sotto le feste natalizie sono pessimiste sul futuro della Marsica; quelli che vivono fuori dal Vecchio continente ritengono invece, che è l’Europa tutta, avviata al declino.

domenica 28 gennaio 2018

Sabato scorso 1

Com’è andata? Bene, ringrazio ancora tutti.
Prima della presentazione, ho parlato con un po’ di gente su un paio d’argomenti all’attenzione dei mass media.
Il Premio Avezzano. Che ne penso? Non ho niente da eccepire riguardo al Comitato tecnico scientifico. Vi è chi ha scritto: «Alcuni componenti sono stati tirati per i capelli a partecipare e altri non avrebbero dovuto essere neanche presi in considerazione» (Angelo De Zanet, 27 gennaio 2018). C’è chi l’ha buttata sul campanilismo a proposito del suo presidente: «non di Avezzano», P. Palladini, Il “Premio Avezzano”? Lo presiede un uomo di Collelongo, 24 gennaio 2018. Tal esito risiede in realtà nel fatto che negli ultimi decenni – può piacere o no – il metodo dello spoils system si è affermato anche nel Vecchio continente e ben oltre i piani alti della pubblica amministrazione: cambia tutto perfino la tappezzeria e i fiori, chi vince le elezioni. Il presidente: io avrei aspettato la conclusione della sua vicenda giudiziaria e se pressato dalla scadenza, avrei scelto un altro al posto di Ottaviano Del Turco. (Se lo sa Marco Travaglio, ci sputtana tutti sul suo giornale. Essere rimbrottato, com’è capitato al nostro sindaco – Il Centro 26 gennaio 2018 –, da un gruppo che ha come sottotitolo «Associazioni, nomi e numeri contro le mafie», non è certo una medaglia da appuntarsi sul petto). Il punto secondo me è invece un altro e cioè se dopo gli anni Ottanta del secolo scorso, simili manifestazioni abbiano ancora un senso. (Intendo dire: dopo gli anni Ottanta in Occidente, certo non tra i nostri campi coltivati a patate).

Racconto come ho vissuto la vicenda della pubblicità alla presentazione. L’ottantenne che legge il quotidiano cartaceo acquistato in edicola, letto al bancone del bar o che segue la tv (notiziari, televideo), si è lamentato che nessuno abbia scritto un rigo su tale appuntamento; vale lo stesso per i miei coetanei che per informarsi consultano internet, nel senso delle testate giornalistiche on-line. (TerreMarsicane avrà pubblicato il comunicato stampa per qualche ora, sì e no). Nessun problema invece per i più giovani che bazzicano Facebook e WhatsApp, anzi: la comunicazione è stata abbondante. Sono stato «umiliato» dalle testate locali? Non è più un problema nel tempo che viviamo.

sabato 27 gennaio 2018

Ideologie di paese

(Riprendo dopo la diramazione del 25 gennaio). Gli amministratori locali – quelli dei comuni minori in particolare –, danno l’idea di vivere nella disperazione a chi li osserva, più che essere a corto d’idee e di prospettive. Si premurano, infatti, di rispondere a tutti i bandi pubblicati in giro. Non mi meraviglierei più di tanto sapendo che qualcuno vuol sistemare impianti di risalita a Pantelleria, portare i Mondiali di surf a Bormio o il Salone del mare ad Assisi. Si fa di tutto pur di racimolare finanziamenti e mostrare all’elettorato che ci si muove in tal senso.
Non solo. In genere si prova a far passare una pensata (strada, edificio, impianto) nella testa dei compaesani utilizzando la categoria della possibilità. Uno stadio per l’atletica in un piccolo paese assicura che qualcuno si possa allenare decentemente per competere in una disciplina a livello nazionale. (È un altro paio di maniche la competizione internazionale, l’Olimpiade). Tra l’allenamento quotidiano di un pesista, un centometrista o un saltatore e una manifestazione – che richiama atleti e tifosi dal resto della Penisola –, ce ne corre: sono due cose diverse. Una grande città, per la quantità di denaro privato circolante e la facilità di scucire quattrini alla Regione e allo Stato centrale, avrà maggiori chance di vedere nello stesso complesso sia gli allenamenti sia dei meeting di una certa importanza con cadenza annuale rispetto a un paese. La categoria della possibilità perciò non garantisce che una qualche struttura, dopo costruita, debba poi essere utilizzata al 100% e in continuazione.

Per organizzare una manifestazione sportiva c’è bisogno di altri quattrini: è il caso d’Avezzano. (Ci si risente tra poco, con qualcuno di voi; vi racconto com’è andata in caso avessi poco da scrivere).

giovedì 25 gennaio 2018

4 way street 40

(On demand). Sono stati diffusi – a buoi scappati, non si sa quando – alcuni comunicati riguardanti l’addio alla cosiddetta Città dello Sport. Riporto – tranne il primo – alcuni brani provenienti dalla scorsa campagna elettorale ad Avezzano. (Tutti quelli a me noti, potrebbe mancarne qualcuno. Sono in ordine di apparizione).
«Tutto molto bello, se non fosse che quanto sopra [restyling dello Stadio dei Pini] è solo un’idea. Di concreto non c’è nulla se non una richiesta di mutuo», Maurizio Bianchini (AvezzanoInforma 7 dicembre 2017).
«“Abruzzo civico Avezzano” plaude al progetto, già finanziato, per la Città dello Sport nella zona nord», Gabriele Grande (IlFaro24 19 marzo 2017).
«La dotazione di alcuni servizi contribuirà alla realizzazione di una “Cittadella dello Sport”, […] Una foresteria che dia possibilità di soggiorno e riposo agli atleti», Stefano D’Andrea (TerreMarsicane 24 marzo 2017). (Era una proposta autonoma della lista Riconquistare Avezzano, avanzata durante la campagna elettorale).
«Il Comune ha un mutuo per 2 milioni di euro e il 30 dicembre 2016 il Consiglio Comunale ha deliberato l’accensione di un altro mutuo da 1 milione 250mila euro con il Credito Sportivo per il rifacimento di una parte dello Stadio dei Pini. Risultato? Le capacità residuali di indebitamento per il Comune di Avezzano sono di appena 356mila euro», Emilio Cipollone (AvezzanoInforma 10 aprile 2017).
«abbiamo progettato la Cittadella dello Sport», Giovanni Di Pangrazio (TerreMarsicane 12 maggio 2017).
Risiede in questi sparuti accenni, tutto l’interesse del mondo politico cittadino per un’operazione che oggi, a detta di due ex-consiglieri comunali, avrebbe fornito: «Un input formidabile all’economia e allo sviluppo della città e della Marsica intera». Non se n’è parlato per niente, tutto qua.

P.S. Lo ripeto: si è sciupata l’occasione migliore per trattarne, ammesso che qualcuno ci credesse seriamente. Chi ha pensato, proposto, sostenuto tale idea o progetto, non l’ha mai difeso, dall’irrisione degli avversari politici; il mondo dello sport è rimasto muto in tale frangente – nessuno, che io ne sappia, si è espresso pubblicamente seppur a titolo personale.