giovedì 30 maggio 2019

Radio Chat 7

(EE 2019, 1). Un’amica è stata chiamata – per via di una recente normativa – anche con il cognome del marito (separato) al seggio: non l’ha presa bene, prevedibilmente. Stiamo tornando «indietro» in Italia? Entra in ballo una concezione della storia secondo cui, l’umanità progredisce inesorabilmente, quotidianamente, impercettibilmente. Sempre avanti. È una concezione che non sempre può essere applicata perché si rischia di prendere abbagli. (Un semplice esempio). Un capo di stato che vieta il divorzio o nega l’uguaglianza tra i sessi può allo stesso tempo smanettare con il computer o altri aggeggi modernissimi, comunicare con WhatsApp.

Ci siamo arrivati – con quelli della mia età – con l’esperienza più che attraverso i libri. Ricordo, molti anni fa, un paio d’iraniani che si allontanarono per tre mesi dal nostro corso di composizione; giustificarono la loro assenza con un «C’era la rivoluzione», quando tornarono a frequentare. Noi italiani – da occidentali – soffocammo un risolino di sufficienza, vabbè. (Prima d’allora, ci aveva pensato Pol Pot a spostare all’indietro un paio di secoli le lancette della storia cambogiana). Una decina d’anni dopo sopraggiunse l’Ottantanove: grandi speranze di democrazia e benessere da parte di tutti. Poi abbiamo, invece, visto arricchimento, buone maniere per pochissimi e milioni di persone emigrate ai quattro angoli della Terra per vivere decentemente. Prima che mettessimo – in tanti – i piedi in Iraq, convivevano pacificamente diversi popoli e confessioni religiose in quelle parti. Non è più così da anni, nonostante la cacciata di Saddam. Tralascio le cosiddette primavere arabe.

martedì 28 maggio 2019

Piccola città bastardo posto

Chiacchierando del mio ultimo post nell’ozio pomeridiano, abbiamo fatto le pulci agli avezzanesi; ecco il nostro conto della serva.
A dar retta a ciò che si sente in giro, a ciò che appare sul web, Gabriele De Angelis non ha fatto niente di buono in questi due anni. C’è chi lo accusa addirittura di voler far scomparire la categoria del commercio ambulante e i commercianti del centro – per via della nuova pavimentazione. Pensa così una larghissima fetta dei concittadini, a sentirli discutere. Andò all’incirca allo stesso modo a Di Pangrazio: fu massacrato da alcune testate on-line nell’ultimo anno e mezzo di consiliatura. Non aveva fatto niente per la città nemmeno lui, giusto tanto asfalto. Ebbe la stessa sorte Floris, eletto al primo turno in entrambe le elezioni; si salvò solo perché si usava ancora poco Facebook. Anche nel suo caso, ci si lamentava che avesse fatto niente per il capoluogo marsicano. (Nove su dieci cittadini, come nei casi precedenti). Successe lo stesso anche al primo sindaco eletto direttamente dai cittadini: niente di niente nelle chiacchiere al bar o in piazza, eppure lui ha affermato fino alla fine dei suoi giorni di aver revotecàto la città. (Aveva dalla sua parte anche Atv7…). Nessun sindaco ha perciò realizzato niente di positivo almeno nell’ultimo quarto di secolo, stando a ciò che si ascolta in giro.

(Io invece ho proseguito così). Da alcuni lustri alla metà di aprile, in attesa delle celebrazioni per la festa della Liberazione, uomini di destra, fascisti e nazisti dell’Illinois – loro non partecipano alle manifestazioni, com’è ovvio – tirano fuori questa storia: «Mussolini ha fatto anche cose buone». Durante l’infausto ventennio, l’Italia ha partecipato a tre guerre, il diritto all’espressione era negato, gli oppositori politici arrestati, confinati o uccisi; non se la passavano bene nemmeno a quattrini gli italiani negli anni Trenta e Quaranta. Nonostante tutto questo – secondo la storia citata –, chi comandava avrebbe fatto addirittura più di una cosa buona per l’Italia…

domenica 26 maggio 2019

Waiting Man

«Che aria tira adesso?». Questa è stata la domanda di alcuni amici che vivono fuori da anni e che s’informano dalle varie testate locali circa la situazione nel nostro Consiglio comunale. (Una domanda del genere era posta nell’ultima settimana elettorale per le Europee). Scrivo qualcosa nella speranza di non fare troppi danni.
C’era stato un rimpasto che a distanza di cento o più chilometri appariva almeno incomprensibile. (Al normale avezzanese invece?). Si è trattato nuovamente di giochi politici tra i vari eletti (maggioranza, opposizione) al Consiglio comunale, vicende poco alla portata di quanti conducono una vita da comune cittadino. Ciò che conosciamo deriva dai comunicati ufficiali diffusi dalle testate giornalistiche – non Facebook: possiamo parlare solo di quei temi pur sapendo che vi è sicuramente dell’altro (dietro, sotto, a lato).
Perché si è litigato tanto aspramente ad Avezzano, negli ultimi mesi? Riassumo.
Vi sono state manifestazioni e cortei contro lo spostamento del mercato settimanale. Io mi sarei comportato allo stesso modo – come ho già scritto –, avrei scelto una qualsiasi altra strada ma larga otto metri. (Non sulla strada avezzanese più trafficata: ho pubblicato anche questo, il 30 aprile e il 7 maggio). È stato poi tirato fuori il jolly del sistema delle piste ciclabili – a ridosso dei Fridays for Future, tanto per far apprezzare il nostro provincialismo oltre queste montagne. Proposte diverse, alternative? Zero anche in questo caso; No! e basta. Vi sono state delle aspre liti legate addirittura a un dispositivo (T-red): andava controllato senza indugi di sorta. (Chi infrange la legge è giusto che paghi, una volta che si sarà sistemato tutto). La polemica, secondo me, più ridicola è quella legata al periodo scelto per il completamento del restyling di piazza Risorgimento. È pensabile un’altra data, un paio di mesi – su dodici – in grado di soddisfare tutti? (Proprio tutti gli avezzanesi). No.
È questo il livello del dibattito tra le cosiddette forze politiche presenti in Consiglio comunale, ma non solo loro. (Un livello davvero basso). Vi è gente che si è opposta – con veemenza – a lavori di manutenzione straordinaria (piazza A. Torlonia), a restyling (piazza Risorgimento): capricci da scuola elementare. Si è spesso trattato di questioni amministrative, più che di scelte di tipo politico riguardo ai motivi delle contestazioni: come fai a incazzarti se un qualsiasi sindaco fa ricrescere l’erba in un posto, fa sistemare nuove mattonelle in un altro?
Sarà molto difficile se non impossibile per il sindaco, per come vedo io la vicenda, proseguire con il ritmo che ha finora mantenuto. (Io avrei mandato tutti a quel paese al suo posto, alle prime avvisaglie).
Gli avezzanesi guardano, ovviamente – votano parenti e amici alle Amministrative senza curarsi troppo di ciò che fanno, se eletti.

(Mi era molto simpatico anche Vittorio Zucconi).

mercoledì 22 maggio 2019

Dupree's Paradise

Un pezzo che mi tira in ballo così finisce: «Tutto iniziò con i briganti» – F.M. Botticchio, Revisionismi più paesani che internazionali in tema di stori(ografi)a contemporanea, in «Site» 9 maggio 2019. Il riferimento è a una cartella firmata a mio (cog)nome: Quadricromie di briganti, 1991. Si trattava in realtà di un’operazione a tre, come ricorda il pezzo citato; fu la prima uscita di Aleph editrice. Essa fu presentata a Pescina nell’anno seguente e una sua immagine apparve, nel 1993, su Annual Illustratori 2. (È bene precisare che non si trattava solo delle mie illustrazioni).
Una considerazione comune, durante la gestazione dell’opera, fu che non esistevano storici che si fossero interessati alle vicende della Marsica. Parteciparono alla presentazione, nel 1992, Raffaella Evandro e Raffaele Colapietra. La prima curò una brillante, appassionata presentazione (io realizzai degli altri pezzi per quell’occasione), mentre il secondo parlò di brigantaggio meridionale. La cartella «non aveva pretese storiografiche ma artistiche», ma nella scelta di uno dei relatori gli altri due si orientarono verso uno storico o qualcuno che insegnava una simile materia all’università.
«Tutto iniziò con i briganti» ma in parte e forse solo da noi. L’Italia aveva già assistito alla diffusione (di massa) del folk revival negli anni Settanta. (Cito per questioni sentimentali: Stormy Six, L’unità, 1972). Fu prodotta anche in quella temperie una lettura romantica del brigantaggio meridionale, quella del brigante-gentiluomo certo diversa dalla lettura storica del fenomeno che descrive simili personaggi dediti prevalentemente a «omicidi grassazioni ricatti e gesta di passo». I partiti regionalisti e localisti diedero impulso agli storici di paese e agli imbrattacarte locali per fabbricare identità fasulle, negli anni Novanta; il fenomeno si è accentuato in questi anni Dieci per via di formazioni definibili identitariste.

La notevole diffusione di Quadricromie di briganti suggerì probabilmente una via da imboccare a diversi personaggi in cerca di visibilità presso i paesani, con il pretesto della storia. È inutile dire che non mi ha mai interessato questo genere di produzione anche se, di quando in quando, prendo di mira qualche paginata di fanta-storia che appare nel web. Resto dell’idea che la storiografia sia materia per storici. A quasi ventotto anni da quella pubblicazione e dal nostro auspicio che qualche storico, accademico mettesse mano alle vicende del nostro territorio, è rimasto tutto simile se non uguale.

martedì 21 maggio 2019

RIP

la posizione migliore e a tirare
fuori il meglio da quello che c’è
insomma se si aspira al godimento
come si fa allora a combattere?

(Andato via anche Nanni Balestrini).