martedì 25 dicembre 2018

2018, IV

(Per chiudere). L’ultima arrabbiatura dell’anno è racchiusa nella legge di Bilancio, tuttora in discussione. Mi riferisco almeno alla proroga della direttiva (europea) Bolkestein di quindici anni; si sta aprendo un varco verso la sdemanializzazione delle spiagge della Penisola: se n’è accorto qualcuno? Qualche giovane che in questi quindici anni voglia intraprendere l’attività di gestore d’impianti balneari? Diventeremo mai europei o almeno moderni? (Altro che comestà!)
Una delle peggiori notizie del 2018, almeno per me, è stata la chiusura di PrimaDaNoi. Loro stanno provando a uscire nuovamente attraverso una sottoscrizione e spero bene, si tratta di aspettare almeno un altro mese per saperne di più.
È stata una bella sorpresa, un’intervista a Lino Guanciale (doppiozero, 20 dicembre): bisogna mandare giù una montagna di libri per svolgere al meglio, un lavoro fisico come quello dell’attore. (Do you remember Vittorio Gassman?) Non immaginavo che Guanciale fosse così ben strutturato.
C’è una frase di Claudio Piersanti che quest’anno mi ha illuminato riguardo al mio funzionamento – anche quello di una parte dei miei coetanei –, «Per Claudio [Lolli] l’amicizia non era semplicemente molto importante: era tutto», 21 agosto 2018.
La domanda che più volte mi è girata per la testa in quest’anno che sta per terminare: può esistere uno stato democratico, con tutta l’ignoranza che s’incontra in giro?
(Chattanooga Choo Choo). È simpatica l’immagine di un grosso furgone parcheggiato ieri, sulla pista ciclabile in corso della Libertà; ho visto un tipo pedalare da quelle parti nel pomeriggio – con quel freddo e soprattutto l’abbigliamento tecnico dei nostri giorni.

Peace. (Buon 2019 a tutti, ci si risente tra una settimana o poco più).

domenica 23 dicembre 2018

2018, III

(Una questione che mi è interessata poco quest’anno e perciò, io non ho pubblicato niente in proposito). A metà novembre, un importante membro del governo ha attaccato la stampa nazionale, i giornalisti per la loro faziosità; la risposta degli interessati è stata tempestiva e unanime. (Non mi sono schierato e non solo perché sono un blogger).
C’entra la mia formazione – non solo la mia, ma anche di una massa di persone. Mezzo secolo fa, davanti a un grappolo d’uva il normale studente del classico avrebbe sciorinato una serie di aggettivi i più appropriati mentre noi del liceo scientifico, lo avremmo pesato, ci saremmo messi a contare gli acini (solo quelli presenti, dello stesso colore, i malaticci?). Le persone che possiedono una cultura di tipo scientifico, sono generalmente molto lente nel formulare giudizi; soprattutto quando ci si trova su terreni poco consistenti.
Nel nostro caso, per quello che cerco e leggo nel web, giungendomi all’orecchio il termine «giornalista», io penso più che altro a un divulgatore scientifico, un critico letterario o musicale, un urbanista, un semiologo o uno che scrive di enogastronomia; certo non qualcuno che segue la cronaca politica o quella tout court. Leggo autori che hanno idee diverse dalle mie; riconosco XY quando le ha sparate grosse nel giorno kj a proposito di Alfa. È una persona – di numero –, non una categoria XY; si è comportato in modo scorretto in un’occasione particolare. È arduo riassumere, giudicare una qualsiasi situazione o persone con una frase o peggio, con uno slogan. (Potrà ripetersi una o la seconda volta XY; ci vorrà ancora del tempo, prima di appiccicargli una qualche etichetta).

L’errore del governante in questo frangente è di tipo politico, perché con la sua azione ha unificato contro di sé, il suo partito, tutti gli appartenenti a una categoria: persone serie, banderuole, così-così, esimi editorialisti, cialtroni, acuti intellettuali, raccomandati, quelli che scrivono tutt’altro dalla politica – la maggior parte.

venerdì 21 dicembre 2018

2018, II

L’esperienza rilevante dell’anno è stata per me la scoperta della periferia: l’oggetto della prossima pubblicazione. Ho preso a girarla all’inizio della scorsa estate e la mia lunga escursione è ancora da terminare – devo ripassare più volte per una strada. (Fare quattro volte via M. A. Colonna, non è stato finora sufficiente per vederla bene).
Confronto questa mia ricca esperienza con la narrazione corrente sulla periferia e mi viene voglia a non scrivere più. In quello che pubblico, soprattutto nelle mie ribattute il soggetto è costantemente il Quadrilatero e poco altro. Dopo una settimana a zonzo, mi è perciò parso chiaro che gli avezzanesi conoscono pochissimo della loro città. (Ne tratterebbero diversamente, altrimenti).
In periferia, a lume di naso, vi sono meno negozi e servizi – i miei appunti lo confermano. Non finisce lì perché manca anche degli altri «oggetti», presenti invece dove abito io. In giro non trovi caditoie, marciapiedi, punti-luce e via pereccando. Vi è ancora dell’altro ed è rappresentato dal «che fare?», un elemento decisivo – non serve scrivere, altrimenti. Mi sono accorto, a occhio e croce, che tante situazioni non possono essere sanate per mancanza di spazio fisico – basta la volontà di un’Amministrazione per i quattrini. Rimarrà in buona parte tutto così, ancora per molto tempo.
Tornerò mentalmente su tante stradine strettissime, al prossimo acquazzone, alla prima nevicata. «Reggeranno i cordoli della pista ciclabile al centro, all’azione degli spazzaneve?», si sono chiesti tantissimi, l’estate scorsa. In quei vicoletti invece, gli spazzaneve non ci sono finora entrati e continueranno a non passarci.

Stanotte il solstizio.

mercoledì 19 dicembre 2018

2018, I

Traccio un bilancio a puntate di quest’anno, per come l’ho vissuto io.
Ho registrato più di un incidente diplomatico legati a quello che scrivo sul blog, non per quello che dico a qualcuno, vis-à-vis. Facebook e Twitter hanno cambiato a tal punto le persone, che esse si comportano allo stesso modo nelle situazioni più disparate. Fatti loro, replicare è tempo sprecato.
Mi sono accorto che diversi amici e conoscenti hanno cambiato il loro modo di pensare e immaginano che tu abbia fatto la stessa cosa, nel modo identico. Nel senso: il comunista illuminato dalla Lanterna, il democristiano spostato molto a destra, si lamentano entrambi che tu non li abbia seguiti. (Di là delle questioni extra-politiche ma più prosaiche). Dopo aver letto che Arlo Guthrie – mezzo hippy da giovane –, è divenuto un repubblicano di quelli duri, non mi meraviglio più di niente; «Povero padre [Woody], buonanima» ho pensato tra me e me.

Ho registrato che qualche sogno giovanile si è avverato. (Giovanile nel senso: non ci penso più da almeno trent’anni). Avrei dovuto scrivere dei post di fuoco sulla chiusura al traffico motorizzato di cinquanta metri di strada? Nemmeno per sogno. Sono pochi, tanti, così-così 50 metri? Accontentiamoci, è meglio del niente negli ultimi decenni. Che cosa avrei dovuto scrivere? Il sindaco ha portato a conclusione una struttura che andava realizzata durante la sua gioventù. A chi mi ha chiesto un giudizio critico su quel pezzo di restyling, ho invece risposto invariabilmente: «Tardi e ben venga».

domenica 16 dicembre 2018

Amministrative p.v.

Riprendo la vicenda delle prossime elezioni a febbraio 2019. Ho pubblicato un pronostico, mesi addietro. Questo era, secondo me, l’«ordine d’arrivo»: 1° Centrodestra, 2° M5s, 3° Centrosinistra. Dimenticai di aggiungere che non ci sarebbe stata partita tra il primo e gli altri. Prevedo all’incirca lo stesso oggi, nel senso che la forbice potrebbe essere meno larga.
M5s è stato il primo partito a presentare un proprio candidato a presidente della Regione, poi è stata la (mezza) volta del centrodestra e infine, l’assenso di Legnini a correre con una formazione più ampia dell’attuale ex Abruzzo democratico.
È un fatto che, quelli che occupano la prima posizione nei sondaggi degli ultimi mesi, non hanno presentato finora il loro candidato. Si era partiti da un accordo nazionale ma calandolo a scala regionale ci si è accorti che mancava un personaggio all’altezza della situazione. Si è poi ripiegato su un senatore romano con origini abruzzesi ma conosciuto da pochi nella terra d’origine. (È un riassunto della cronaca che, immagino, conosciamo tutti).
Di là di tutto questo, la questione è che l’Abruzzo vive da alcuni anni una situazione di declino, di cui generalmente non si parla, come vado ripetendo. A ridosso delle Regionali, l’Istat ci farà sapere che anche quest’anno vivranno meno persone in Abruzzo; la regione perde oltre 3mila abitanti ogni anno, non da ieri: la situazione è almeno preoccupante.
Immagino che la stessa campagna e i programmi elettorali – finora, non se n’è vista nemmeno l’ombra –, saranno prevalentemente incentrati su temi «caldi» che vanno di moda, in questo periodo, a livello nazionale. È comprensibile tutto ciò, in qualche modo, in una campagna nazionale quando ci si rivolge a tutti gli italiani, quelli che vivono in aree geografiche in ottima o buona salute, qualcuna così-così e altre decotte; nel caso specifico anche per altri versi: l’Abruzzo è una regione che non se la passa bene e bisognerebbe approntare – anche in fretta – delle misure almeno per rallentare tale lenta caduta se non per invertire tale tendenza. Ho riportato recentemente da uno studio, un dato che dovrebbe farci rabbrividire: la nostra regione è quella che esporta la più alta percentuale dei suoi laureati. (Nel senso: è tempo, denaro e fatica sprecata allontanare il senzatetto che dorme dove capita o lo spacciatore – quello dalla pelle scura, ça va sans dire). Abbiamo perciò bisogno, oltre che idee innovative, di persone con la testa sulle spalle – sono capaci tutti a rimuovere le questioni.

Non voterò alle prossime Regionali se non altro per abitudine, nemmeno scriverò qualcosa sulla campagna elettorale considerando la mia distanza – anche di Avezzano – dai centri di potere (L’Aquila, Pescara): meglio non rischiare di scrivere sciocchezze.