martedì 30 ottobre 2018

Lezioni (involontarie) di politica

Le ultime parole del post precedente: «è sorto il movimento Critical Mass-Avezzano» – una notizia del 26 ottobre. (La riprendo per un altro uso). Il giorno seguente, in un comunicato di alcuni commercianti della zona nord, è dichiarato l’apprezzamento per la sede provvisoria del mercato settimanale in quella parte di città. È la capacità di stimolare, muovere le persone in un particolare verso tutto ciò. È la politica. Lo capirà mai l’opposizione nel Consiglio comunale? (Soprattutto dopo gli ultimi comunicati). È tutto in questo paio di esempi, anche se mi va di proseguire.
Sono stato nominato commissario al «1° [e ultimo] concorso di pittura estemporanea» (2009). L’anno seguente invece, io ero addirittura il presidente di commissione al concorso fotografico Le città invisibili. (Immagino ad honorem, considerando il tempo indugiato su Italo Calvino e soprattutto quella sua opera, negli anni Novanta). Le due manifestazioni si sono tenute entrambe in una pineta della periferia nord (via F. Parri, via A. Moro, via A. De Gasperi); esse furono organizzate da un’associazione che aveva sede da quelle parti e che attrassero ogni volta almeno un centinaio di persone, la seconda fu anche un «momento conoscitivo» nei confronti del quartiere – è bene rammentarlo.
L’ultima volta che ho sparlato di Eventi Estate – diversi anni fa, non ricordo con precisione –, proposi di spostare alcune di quelle numerose manifestazioni altrove. Niente d’impegnativo, non si trattava di dirottare gli spettacoli migliori né il momento clou: era sufficiente spostare un paio di concertini di cover band in due, tre posti periferici. (Per esempio: lo spazio dove stanno oggi costruendo una scuola in fondo via America, il piccolo spiazzo davanti alla Santissima Trinità e la zona dei futuri uffici municipali). Quelle occasioni in cui un gruppetto locale suona davanti a una trentina d’amici e qualche zio indulgente.

Mi allargo un po’ per chiudere. IlPost del 28 ottobre pubblica una lista delle capitali europee con bike sharing: «Parigi, Londra, Berlino, Madrid, Vienna, Helsinki, Copenhagen, Atene, Amsterdam, Bruxelles, Zagabria, Dublino, [Tallinn], Lisbona, Stoccolma, Budapest, Bucarest, Varsavia, Tirana, Riga, Bratislava, Praga, Lussemburgo, Lubiana, Varsavia e La Valletta». Manca qualcuna?

sabato 27 ottobre 2018

gli altri

Qualcuno ha apprezzato l’approccio nei miei pezzi sullo spostamento del mercato. È successo perché le testate non si azzardano oltre alla pubblicazione dei comunicati-stampa delle parti in causa (Comune, associazioni di categoria). Bisogna aggiungere che gli uni e gli altri utilizzano la logica (politica) amico-nemico che generalmente banalizza ogni situazione. Io provo a ragionare con una testa diversa dal politico (maggioranza, opposizione), dall’ambulante e dal gestore di un bar presso piazza A. Torlonia: è sufficiente ascoltare qualche altra figura sullo sfondo.
Proseguo ripetendo. Ricordo un episodio recente. Si sparse la notizia che McDonald’s avrebbe aperto un ristorante nella periferia nord; personale locale previsto: trentatré persone. Si mossero in molti nel web a difesa delle locali pizzerie, rosticcerie e qualche ristorantino, minacciati – secondo loro – dall’apertura di tale colosso straniero della ristorazione. Il sindaco di turno fu eletto – al solito – come capro espiatorio. (Non si registrò successivamente – com’era prevedibile in qualche misura – la chiusura di svariati esercizi che era stata prospettata; si trattò dell’abituale catastrofismo della categoria e di altri residenti tirato fuori contro ogni novità). Capitai un pomeriggio di quelle giornate nel miglior ristorante della città e chiesi al titolare che cosa pensasse di tanto baccano – ammesso che da quelle parti ne arrivasse qualche eco. Lui mi rispose invece che, lavorando su una clientela diversa, non temeva per niente la concorrenza di McDo. Aggiungo che vi erano numerosi adolescenti e giovani che aspettavano McDonald’s – anche nel senso di brand –, come chi ha atteso per decenni che so, duecento metri d’isola pedonale: un (piccolo) laicissimo desiderio; in alcuni siti d’informazione locale prevaleva invece la logica Mors tua vita mea. Proseguendo l’agitazione degli ambulanti, dove andranno a fare la spesa quelli che prima frequentavano il mercato del sabato? Nella fantasiosa ipotesi che questo dovesse addirittura cessare? Dopo hard discount, cito adesso i negozi «tutto a 1 [2, 5] euro»: servono a che cosa? Sono gli acquirenti a reggere essenzialmente il nostro mercato del sabato e non altri.
Ricordo gente infastidita per il mercato settimanale quando si svolgeva lungo viale G. Mazzini, poi – fino a qualche settimana fa – intorno a piazza A. Torlonia e dire che alle 15, era già tutto pulito – almeno la sede stradale. Immagino che con la nuova sistemazione o un’altra simile ma caratterizzata dall’ampia sede stradale, migliorerà ancora. (In una zona con maggiore densità di abitanti, crescerà il numero delle automobili da parcheggiare in un posto diverso dalla notte precedente: negli ultimi decenni non si è mai lamentato pubblicamente nessuno).

Una buona notizia: è sorto il movimento Critical Mass-Avezzano.

venerdì 26 ottobre 2018

Senza raccontarlo in giro

Qualcuno mi ha preso in giro per via dell’ordinanza del sindaco che consente l’ingresso degli animali in piazza A. Torlonia, dopo e nonostante il suo restauro. «Hanno vinto le canare», per dire: «Hai perso tu». La questione, al solito, è più complessa di come la raccontano in giro; provo a quantificare la mia perdita.
Non siedo più sulle panchine di piazza A. Torlonia da almeno quarant’anni e non m’interessa risalire ai motivi, considerando il tempo che è passato. Negli ultimi quattro cinque anni, ho visto più volte qualche accompagnatore di cane che lo lasciava pisciare tranquillamente dopo averlo fatto montare su una panchina di marmo; non ci penserei perciò minimamente a sedere su un tale arredo dopo due o tre giorni dall’ultima pioggia. Mi sono un po’ scandalizzato nel vedere un buzzurro far entrare il proprio cane dentro la fontana monumentale, ma solo la prima volta – una decina d’anni fa.
Il nuovo parco giochi è più affollato che nei mesi passati, comprensibilmente. È pieno di bambini e genitori, in libertà gli uni e gli altri. Ho visto persone fumare fuori dell’area (smoking) dedicata: dove avranno buttato le cicche? (Vi è anche gente che elimina le cicche nei posacenere, correttamente ed è bene raccontarlo). Si può incontrare tuttora un adulto con figlio piccolo nel restante «giardino». La mia domanda è: fino a quando? (Per quello che io osservo passando da quelle parti tre o quattro volte a settimana). Semplice, fin quando non avrà ripreso l’aspetto trasandato, sporco che ha avuto fino a pochi mesi fa. Avranno pur vinto i cosiddetti diritti e i desideri di molti avezzanesi, nel caso dell’ordinanza De Angelis, ma un adulto accorto, non porta certo un bambino a giocare in un luogo sporco: i malanni si curano non con una compressa di Democrazia o una flebo di Diritti. Vi è gente che – senza clamori di sorta – ha evitato ai piccoli avezzanesi di frequentare le nostre aree verdi, i nostri giardini pubblici negli ultimi decenni; tutto questo si deve all’irresponsabilità di poche decine di trogloditi e altrettanti fondamentalisti che possiedono cani.
Avrei imposto il divieto d’introdurre animali, immaginando che sarebbe finita come nella pineta nord: un’ampia maggioranza dei possessori di cani l’ha rispettato – è bene riconoscerlo – mentre alcuni cafoni, no e il loro cattivo esempio attrae anche i loro validi colleghi delle altre zone d’Avezzano. (Piazza Torlonia è più sorvegliata della pineta nord). Un genitore ha un figlio piccolo per cinque-sei anni al massimo, mentre chi possiede un cane può tenerselo per molti anni di più; morta la bestia ne acquista un’altra. Poteva perciò finire anche nel modo in cui è andata.

P.S. La comune siepe di bosso – per via delle sue radici – non potrà (nuovamente) difendersi dall’urina dei cani. (Non firmerà anch’essa né comunicati-stampa, né petizioni al sindaco).

martedì 23 ottobre 2018

l'aggiunta

Ho ripreso questo di recente: «Neanche la pioggia ha scoraggiato gli ambulanti che hanno deciso di perseverare contro la decisione e di fare muro contro [muro] riguardo alla decisione di trasferimento, dovuta prevalentemente a motivi di riorganizzazione per la sicurezza ma, secondo i commercianti, anche ad altri motivi» – roba del 6 ottobre. Non sono stati finora resi pubblici, scritti quei motivi, né lo saranno in futuro – conosco bene il coraggio dei compaesani – però una storiella altrettanto orale, posso raccontarla: essa è contemporanea di quegli ignoti motivi e ha lo stesso scopo. Eccovela.
L’avezzanese esce presto il sabato, solo o accompagnato, fa un giro per la città e finisce immancabilmente al mercato degli ambulanti: compra o no; chiude la mattinata fuori di casa con una puntata al bar per l’aperitivo.
La realtà è articolata e ben diversa: acquista generalmente una camicia in quel mercato chi non può spesso permettersi il prezzo del comune negozio d’abbigliamento né tantomeno quello della boutique o della camiceria. È bene aggiungere che uno esce per gli acquisti secondo la propria comodità e perciò più di un esercizio segue l’orario continuato; il mercato è aperto sei ore in un solo giorno della settimana. (Giusto per esser chiaro). Sto parlando della condizione in cui vivono molte persone, da noi; invisibili a quanto pare, anche se si tratta di una cifra a tre zeri. Chi inventa e diffonde simili storielle, non nota nemmeno le persone che raggiungono da Avezzano gli odiati (da loro) ipermercati sulla Tiburtina Valeria a piedi e anche in questo caso (tu guarda un po’), per risparmiare. (Tutto questo con le buste di plastica in mano per chilometri e le automobili che in alcuni tratti quasi ti sfiorano ad almeno 50 km/h, altro che aperitivo o coppa di gelato con moglie, figlio e cane sotto l’ombrellone del bar!). Qualcuno che abbia mai scritto due righi su quelli del centro che fanno la spesa quotidiana oltre la ferrovia – anche a piedi – anziché nelle loro immediate vicinanze?
Avrà lo stesso numero di frequentatori il mercato spostato altrove (di poco, tanto, così-così) saranno essi di più, di meno, gli stessi? Lo dirà l’esperienza dei prossimi mesi trattandosi di una novità, più che affidarsi alla breve «sperimentazione» proposta dall’Amministrazione. Non dovrebbe cambiare molto secondo me, proprio perché c’è da coprire in qualche maniera il citato – interessante per operatori di diverso genere –, segmento di mercato che ha finora fatto rimediare la giornata a oltre centoquaranta ambulanti; si tratta di soddisfare la domanda di una parte d’avezzanesi. Ecco, io vedo in modo più prosaico, terra-terra, questa faccenda. (Hanno progettato per qual motivo l’hard discount?).

Si sarà certo arrangiato con la Condivisione, la Democrazia e la Storia, chi hanno avuto bisogno di merci a basso costo, durante le giornate di «sciopero» degli ambulanti. Senza raccontarlo in giro.

lunedì 22 ottobre 2018

Radio Bar(i) 10

Gli ambulanti che giungono ad Avezzano per il mercato settimanale sono in agitazione da quasi un mese. Più che chiedermi che cosa penso io di tutto ciò, è uscito come mi sarei comportato io nella vicenda dello spostamento del mercato. (Se fossi stato il sindaco d’Avezzano, s’intende). Una domanda bellissima in questi tempi d’irresponsabilità trionfante: è comodo criticare gli altri.
In genere attacco con l’evoluzione di piazza del Mercato nell’ultimo mezzo secolo: un esempio di come il mondo circostante sia cambiato in modo lento e incessante, non abbia seguito una traiettoria. (È facile con i coetanei mentre gli altri, tu devi metterli nella condizione di capire che è tutt’altro quel posto rispetto a pochi decenni fa).
Nei panni di un primo cittadino – negli ultimi lustri –, io mi sarei trovato davanti al problema di ricavare, adibire uno spazio – nel senso: tridimensionale, non uno spiazzo asfaltato o piastrellato con qualche arbusto o frasca intorno – per il mercato del sabato, in centro o in periferia. Una questione di tipo urbanistico, amministrativo e perciò politico, che prevede dei tempi medi quando non lunghi. (Ci sarebbe stato bisogno di ritoccare il Prg). Non è passata per la testa, minimamente, tale idea a chi ha retto la città negli ultimi decenni. In tempi recenti, mi sarei invece ritrovato di fronte a una serie di scartoffie – ministeriali e no –, io avrei tirato dritto, con la vecchia sistemazione, fino alla prima autombulanza con paziente imbottigliata nel mercato del sabato – come ho scritto in precedenza (Cfr. 8 ottobre 2018).
Avrebbe perciò vinto la burocrazia sulla politica, lo stato centrale sulla vicenda locale? Più no che sì nel mio caso; la situazione attuale mostra più che altro una mancanza collettiva di lungimiranza tout court. (Per dirla con il Maestrone: ‘Bisogna saper scegliere il tempo | non arrivarci per contrarietà’). È anche onesto scrivere che la mia pensata avrebbe potuto ospitare una cifra certo minore degli attuali centoquaranta stalli.
Ci si ritrova oggi – a corto di sogni, d’idee nel passato recente – con la (fredda) fettuccia in mano a controllare le misure utili per far circolare diversi mezzi di soccorso, altro che democrazia, condivisione delle scelte, eccetera. (Io ignoro il recente regolamento di polizia). Dovrei aggiungere qualcosa d’altro.