È normale che un qualsiasi
autore sia conosciuto dai suoi contemporanei e dai posteri, dentro e fuori
dalla sua città, dal suo Paese e la sua produzione – tutta, in parte – può
servire agli usi più disparati. M’interessa l’opera – giusto quella – di
qualcuno a differenza dei suoi gusti culinari, di come si veste o la sua vacanza
preferita. L’altra smisurata passione di John Cage era la micologia eppure a
nessun critico musicale è finora balzato in mente di occuparsene: perché?
Perché: 1) Cage era un compositore; 2) un critico compulsa gli spartiti e ascolta
le incisioni o le registrazioni: si tratta di documenti. (Poiché siamo in tema di
pentagrammi, è anche bene ricordare una definizione di Brian Eno: «“cultura” è
tutto quanto non siamo obbligati a fare»).
Mi ha attirato perciò poco
il lavoro di tipo storiografico di Dario Biocca e Mauro Canali su Silone, ma è
da rispettare – non potrebbe essere diversamente. M’interessa ancor meno la
presunta omosessualità dello scrittore, agitata da Renzo Paris. Storiografia o
qualcosa di più leggero? Da parte di uno scrittore, uno storico, un critico
letterario? Interessa soprattutto perché, tale circostanza?
C’è un gruppo di marsicani
che ha preso ad appassionarsi allo scrittore nato a Pescina; si è trattato di
un’operazione meritoria in ogni modo, in assenza di un’università o almeno una
facoltà di lettere nella zona. Ciò ha però comportato, il non porsi questioni riguardanti
i territori da delimitare ed esplorare, i programmi da attuare, le classificazioni,
gli obiettivi da raggiungere e le linee metodologiche; si è prodotto un
calderone in cui è facile sconfinare dalle proprie competenze e in grado di
assorbire temi come Ignazio Silone, i cafoni
– solo quelli di un secolo fa –, la cittadina di Pescina, Fucino e altro.
Tal esperienza ha prodotto tra
l’altro anche una sorta d’immaginetta sacra e un mito. Nel costruire il «santino»,
sono stati impiegati i materiali più eterogenei: romanzi, interviste, viaggi, impegno
politico, amicizie, scritti diversi, don Orione, «abruzzesità», rapporto con la
fede, «coraggio e coerenza», adolescenza disagiata, eccetera. Il mito: «Silone
è importante», «Perché è importante?», «Perché è Silone!». Ignazio Silone è naturalmente importante.
Sia il «santino» sia il mito,
occultano i motivi per cui il pescinese è stato un autore presso una delle
maggiori case editrici del suo tempo. (Nascondono le scarse indagini in tal
senso ed è inutile sciorinare l’albo d’oro delle manifestazioni). Non sono
state nemmeno rintracciate le cause del suo successo postumo; del perché se ne
continua a parlare – ancora poco in verità –, ma se ne discute ancora dopo
trentotto anni dalla sua scomparsa. (A ben rifletterci: perché fanno notizia
solo le pubblicazioni che demoliscono in qualche modo alcuni aspetti marginali
di Silone e non le ricerche legate alla sua opera letteraria?).
Perché ha colpito a suo
tempo il citato studio (Biocca e Canali, L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia, Luni Editrice 2000)? Perché ha rovinato alcune parti dell’idoletto polimaterico
e multicolore che era stato fabbricato con cura. (Era comprensibile in simili
frangenti la reazione dei parenti stretti e di qualche storico addentrato nella
materia, ma non degli altri).
Ciò che resta di alcune
persone sono solo le loro opere: davanti a un paio di tele di Jackson Pollock
non ho pensato nemmeno lontanamente alla vita sregolata dell’artista
statunitense, quando sfoglio Essere e
tempo non corro con la mente alle (scarse e pessime) idee politiche di chi
l’ha composto né alle persone che lo stesso autore mise seriamente nei guai durante
gli anni Trenta. (2/2, Il Martello del Fucino
1 2016)
(Perdonate il ritardo,
ovviamente. Riparto da Chrome).