mercoledì 30 agosto 2017

Frames #2

Mi è capitato uno strano pezzo sotto gli occhi. È un comunicato di protesta di alcuni medici che si sono presentati nelle liste di Di Pangrazio alle recenti Amministrative, che però lascia intuire in qualche modo da dove esso discenda. (I medici candidati si difendono dopo le accuse di Verrecchia: noi scesi in campo per dovere civile e morale, in «MarsicaLive» 29 agosto 2017. È uscito nello stesso giorno anche su Il Centro). Ignoro le accuse specifiche di Massimo Verrecchia è bene ripeterlo, anche se interessa poco per ciò che vado scrivendo.
Ho citato la madeleine nell’ultimo post e in questo caso sì, la mente ha vagato altrove dopo aver scorso fino in fondo tale pezzo. Mi è capitato di collaborare all’edizione di C. White, Padrini e ideologie, Aleph editrice 1996; conosco bene il testo, anche perché la stessa autrice chiarì a me più di un passaggio, prima della presentazione. Si tratta di uno studio d’antropologia sociale condotto dalle nostre parti nella prima metà degli anni Settanta; è un lavoro che segue il solco di altri simili lavori che hanno avuto come teatro alcuni piccoli paesi del Meridione dagli anni Cinquanta del secolo scorso in poi.
Tra le cose che mi sono rimaste maggiormente impresse di quel volume, vi è una scala dell’autorevolezza all’interno di quelle piccole comunità; le figure di riferimento. Le elenco in ordine alfabetico: il farmacista, il medico condotto, il prete. Sono loro che «comandavano» in qualche maniera allora, nei paesini del Sud-Italia. Nella cultura europea fondata sulla partizione dell’essere umano in anima e corpo, tali personaggi rappresentano chi cura, si prende cura rispettivamente della prima (prete) e del secondo (farmacista, medico).
Le stesse tre figure esercitano una sorta di leadership anche ad Avezzano con i suoi 42mila residenti per di più, negli anni Dieci del Ventunesimo secolo?
L’unico prete del paese X o Y – entrambe compattissimi –, ha certo un maggiore ascendente sui fedeli rispetto al parroco di k o di w; i luoghi di culto tra l’altro sono meno frequentati che in passato, in città. (Qualcuno mi ricorderà che la chiesa cattolica ha fatto votare per la Democrazia cristiana per quasi mezzo secolo, fino alla metà degli anni Novanta). Di là della costante secolarizzazione che investe la società italiana, quanto conta oggi l’opinione di un parroco soprattutto in una grande città, notoriamente frammentata in mille pezzi? L’ex-speziale, il farmacista dei nostri giorni gestisce in realtà una sorta di negozio e non dispensa più direttamente dei consigli o dei preparati – cui egli stesso provvede personalmente – ai clienti. (Ci pensa il medico di base per i primi mentre l’industria chimica, farmaceutica e alimentare per i secondi. Mi capita raramente d’incrociare il titolare nel suo esercizio: il farmacista generalmente non conosce i suoi clienti). Nel rapporto tra un paziente e il suo medico o il suo specialista, entra in gioco degli elementi come la fiducia, la confidenza, la complicità, l’amicizia, l’ammirazione: è rimasto all’incirca tutto come prima. (Ci si reca in uno studio medico con maggior frequenza rispetto a trenta, quarant’anni fa).
Dopo l’Ottantanove e la crisi delle principali ideologie, delle tre precedenti figure solo i medici si sono dimostrati non a caso dei buoni opinion leader e i migliori acchiappavoti: le nostre liste elettorali e le preferenze nelle ultime tre o quattro elezioni amministrative lo dimostrano ampiamente. (Il sindaco Antonio Floris era un medico). Seguono in tale graduatoria altri professionisti come gli avvocati e i commercialisti che invece vigilano sulle sostanze dei cittadini e perciò sulla tenuta della loro posizione nella società.

Diventa perciò ozioso tale battibecco, una volta dentro tale cornice interpretativa.

domenica 27 agosto 2017

Kitsch & soda 2

Faccio due conti. Non posso giudicare né confermare se la Settimana Marsicana della mia infanzia fosse la «vetrina della Marsica», ma mi fido – nonostante tutto – di ciò che se ne racconta. Era l’unica manifestazione culturale nella zona, un punto di riferimento per i comuni viciniori considerando le sparute – rispetto ai nostri giorni – automobili circolanti; gli avezzanesi aspettavano tutto l’anno quell’iniziativa. Essa non rappresenta più un comprensorio che dopo la riforma fondiaria (1951) era votato presumibilmente all’agricoltura, ma che è profondamente mutato dopo gli avvenimenti dell’ultimo mezzo secolo: i nuclei industriali, Telespazio, l’autostrada, l’impetuosa crescita del terziario, Avezzano da 30mila a 42mila residenti. Non ha più motivo di essere un veicolo promozionale per le attività economiche dei marsicani dopo gli ultimi cinquant’anni di fiere a tema, di televisione, di riviste specializzate, news magazine e anche vent’anni di web; essa è oltremodo sottodimensionata e francamente inutile dopo l’apertura di nuovi mercati nell’Est Europa e in Oriente. La Settimana Marsicana non è più l’unica manifestazione avezzanese, essa si ritrova a galleggiare tra decine di eventi distribuiti nel corso dell’anno e l’etichetta, il blasone attrae solo una parte di pubblico – nonostante la solida garanzia di un imponente comparto food –, mentre in precedenza la kermesse interessava tutti e non solo perché vi era una maggiore aggregazione tra gli abitanti. Ancora. Le numerose iniziative proposte soprattutto negli ultimi due decenni hanno accresciuto la competenza di almeno una generazione; molti partecipano a spettacoli a pagamento, scegliendo a che cosa assistere, altri – giovani e no – prendono il largo non accontentandosi del menu locale. (Pago il biglietto e vedo quello che mi piace a Pescara, Perugia o Roma, diffido invece di ciò che mi è offerto sotto casa).
Sfoglio adesso il programma di una stagione presa a caso (Harmonia Novissima, 2016-17). Il primo concerto ha visto Ute Lemper sul palcoscenico. Chi altro poteva contrapporre Pro loco Avezzano per fare un’uguale o una miglior figura? (La stessa associazione ha da non molto tempo ospitato V.D. Ashkenazy. Come far dimenticare quel concerto: Pollini, domineddio?)
La Settimana Marsicana non è certo tra le migliori manifestazioni cittadine e subisce anche la concorrenza di più di un’iniziativa culturale che si tiene in estate nei paesi marsicani. (Porto i soliti esempi: il Festival di Tagliacozzo, Arzibanda e il concerto principale della festa dei Santi Martiri). Non si può ripetere la manifestazione degli anni Cinquanta e Sessanta un po’ perché il format è sorpassato e un altro po’ perché oggi la stessa costerebbe una cifra esorbitante, ma non sarebbe realizzabile nemmeno perché è cambiato proprio tutto, come ho provato a raccontare. (Oggi non puoi invitare Ramazzotti o Baglioni per fargli cantare tre o quattro pezzi – perché dopo seguirà altrettanto con Zucchero o Mannoia. Il tutto presentato da Carlo Conti…) Gli avezzanesi hanno trattato, parlato poco o niente della manifestazione in questione perché sono stati poco interessati dalla stessa; io stesso pubblico oggi per le note questioni tecniche ma avrei aspettato, in ogni modo: non c’era urgenza. Niente da ridire su chi riesce a utilizzare in qualche modo tale manifestazione – è bene precisare.

(Le balle di paglia inutilmente sparse in giro non hanno avuto su me lo stesso effetto della madeleine proustiana: non mi hanno riportato agli odori e ai colori della mia infanzia; le ho guardate con curiosità e un pizzico di compassione come quando mi trovo davanti a una pacchianata). (2/2)

sabato 26 agosto 2017

Kitsch & soda 1

Tutto è cominciato il mese scorso da un brano apparso su un dépliant edito da Pro loco Avezzano in cui si accennava a delle: «polemiche verso l’operato del Comitato Organizzativo, accusato di inefficienza organizzativa e di allestire eventi di mediocre livello qualitativo». (Tali critiche risalivano agli anni Cinquanta ed erano riferite alla Settimana Marsicana). Io ribattevo a chi me l’ha fatto notare: «Le persone, i giornalisti di sessant’anni fa erano fatti di un’altra pasta rispetto a quelli di oggi». Rimaneva il silenzio sulle ultime due edizioni (2016, 2017), questo sì.
La questione è in realtà più complessa di come l’ho inquadrata sia io sia gli altri. («Impossibile | due volte discendere | nel fiume medesimo», Eraclito, XXII).
Ho messo i piedi alla Settimana Marsicana per caso, lo scorso 3 agosto. Avevo incontrato un amico a dissetarsi alla fontanella di piazza Torlonia e lui mi aveva chiesto di accompagnarlo nel Parco, giusto per il tempo di trovare il gazebo dell’Avezzano Rugby. Le poche cose che io ricordo di quella brevissima escursione, sono un paio di balle di paglia – immagino sistemate a caso –, un asino con il tricolore al collo da utilizzare per eventuali selfie – così era spiegato in un cartello – e una gigantografia dei primi rugbisti locali – ho riconosciuto diverse facce per ragioni di tipo anagrafico, a differenza del mio amico.
Potrei cavarmela in modo sbrigativo scrivendo che l’età del format, il mezzo secolo che intercorre dall’ultima edizione a quella dell’anno passato, non poteva non farsi sentire tutto ma provo invece a prenderlo come punto di partenza.

Quella maniera di organizzare manifestazioni è in realtà esplosa negli anni Sessanta; il contenitore non aveva più molto senso, alla fine di quel decennio: si stavano affermando già il festival canoro, quello teatrale, la mostra di pittura, la gara ciclistica, il mercato, la fiera locale di qualcosa. Ciascuna manifestazione si teneva per proprio conto, ben distinta, riconoscibile e soprattutto, proiettata a scala nazionale. Tali novità hanno fatto breccia anche da noi, seppur a rilento. (Il «personaggio famoso» è appannaggio da alcuni lustri del Concerto di Natale). Segnalo anche un altro cambiamento – nella seconda metà degli anni Settanta – dovuto essenzialmente all’Estate Romana proposta da Renato Nicolini e alla proliferazione delle associazioni culturali. (Quell’esperienza è giunta nel decennio seguente, ad Avezzano e non è difficile immaginare quanto poco sia stata compresa da noi – a Roma il decentramento delle iniziative mentre da noi è stato riversato tutto in piazza Risorgimento, tanto per dirne una). Il nostro presente ha una sua radice negli anni Ottanta quando quattro, cinque associazioni culturali promuovevano eventi – anche didattica – per tutto l’anno. Il mondo della politica locale scoprirà tale tipo d’associazioni nei decenni successivi e ciò farà crescere il loro numero; non si baderà più alla professionalità: l’importante è controllare dei gruppi di persone con il loro seguito e allungare dei fondi a quanti più soggetti possibili soprattutto in vista delle Amministrative. Abbiamo perciò lasciato alle spalle quelle quattro o cinque piccole rassegne l’anno con dietro almeno un progetto per una cinquantina d’appuntamenti diversi, soprattutto d’estate. (Eventi Estate degli ultimi anni, per intendersi). È l’oggi: Avezzano ha diminuito il numero delle occasioni per attrarre pubblico da fuori mentre i paesi vicini presentano in alcuni casi una migliore offerta culturale, soprattutto in estate e non solo per i pochi turisti. (1/2)

venerdì 25 agosto 2017

Quadrilatero

La zona della precedente indagine mi ha anche fatto pensare ad altro. Anni fa il cestino porta rifiuti, posto tra via Monte Velino e via E. Di Gianfilippo fu «colonizzato» da persone che di depositavano la propria spazzatura: era semplice per la sua apertura verso l’alto. Mi è capitato d’incrociare persone che fermavano l’automobile, scendevano e depositavano la propria busta di polietilene; io le guardavo con lo sguardo interrogativo come a dire: «Che […] fai?». I tempi dello smaltimento da parte di Tekneko facevano talvolta ammucchiare altri sacchetti intorno allo stesso cestino. Nella mia ricognizione di luglio ho notato anche che negli ultimi due anni hanno subito un’identica sorte, i restanti porta rifiuti da esterno dello stesso tipo. (Qualcuno avrà fatto caso che sta succedendo lo stesso con gli altri dove è più difficoltoso far entrare un sacchetto pieno).
Incivili o di furbastri? La seconda, nel senso che più di uno probabilmente non paga lo smaltimento dei propri rifiuti.

(È il penultimo della serie pensata a luglio).

mercoledì 23 agosto 2017

-44

Pubblico il solito elenco degli alberi recisi e non ripiantati dal Comune, quelli visibilmente malandati e danneggiati – anche quelli «tenuti in ammollo» prima d’essere definitivamente abbattuti. Come s’è detto, ho anticipato tale «censimento» a fine luglio, aggiornandolo all’inizio di questa settimana. (Per chi mi segue da poco: la zona interessata è il Quadrilatero).
Amendola (via G.): 5, Bagnoli (via mons. P. M.): 1, Battisti (via C.): 13, Cadorna (via L.): 5, Cataldi (via S.): 2, Corradini (via C.): 16, Colaneri (via M.): 2, Croce (via B.): 9, Diaz (via A.): 2, Fontana (via G.): 1; Garibaldi (via G.): 12, Gramsci (via A.): 2, Libertà (corso della): 1, Lolli (via E.): 1, Marruvio (via): 26, Mazzini (viale G.): 6, Monte Grappa (via): 2, Monte Zebio (via): 3, Pagani (via G.): 10, Quadrilatero (interno): 3, Rosselli (via Fratelli): 4, Sangro (via): 13, Sauro (via N.): 23, Torlonia (piazza A., esterno): 5, Torlonia (via A.M.): 2, Trento (via): 8, Trieste (via): 2, Valerii (via mons. D.): 6, Vittorio Veneto (via): 6.
Il totale è 191 contro 147 dell’anno passato (AvezzanoBlu2 1 settembre 2016); si è registrata rispetto agli anni passati una brusca accelerazione nell’ultimo scorcio della passata Amministrazione. (Il dato del 19 agosto non teneva conto dell’ultimo alberello danneggiato di recente ancora lungo via Montello – immagino dagli ubriaconi del sabato sera: due a pochi metri di distanza e nel giro di una settimana).
Manca alla mia lista la dozzina di piazza Torlonia – la situazione è immutata dall’anno passato. Non ho inserito nemmeno quello (storico) situato in piazza del Mercato e non malato; esso è stato tagliato e la sua piazzuola ricoperta d’asfalto pochi giorni dopo – durante la campagna elettorale per le recenti Amministrative. Vi è anche da segnalare l’alberello su via Marconi all’inizio di via Marruvio che ha rimpiazzato, in breve tempo, uno che era malandato – qualche vandalo ha provveduto nel giro di una settimana a spezzargli un ramo. (Io segherei senza problemi di coscienza gli «olivi» in piazza Risorgimento). I dati sono per difetto e si accettano correzioni.
Ho ricevuto una pessima impressione del Quadrilatero forse per l’ora delle mie rilevazioni, del blu che asciugava, semplificava le cose che mi si paravano davanti: non mi è sembrato più volte di stare dentro una città. (Mi ha colpito più delle altre volte via Marruvio: dovrei scriverci su qualcosa).