giovedì 31 maggio 2018

Folks 3

L’attuale situazione mi fa ripensare all’inizio degli anni Ottanta, ai primi processi alle Brigate rosse. Loro erano il massimo della democrazia nello scegliere un obiettivo e poi gestire l’intera operazione – prima ripetute ed estenuanti discussioni, dopo votazione finale a maggioranza. Ai giudici che poi se li sono trovati di fronte in un’aula di tribunale, non interessava nulla di tutto ciò; sentenziavano quindici anni per un omicidio volontario – come si usa comunemente –, più i reati associativi. Le intenzioni di quel gruppo armato costituivano anzi un’aggravante, al momento della lettura della sentenza. Oggi è molto simile: si mette d’accordo la maggioranza degli elettori italiani – alla luce del sole, democraticamente – di rinegoziare o addirittura, non pagare i debiti a Tizio o a Caio (entrambi stranieri). Penso che ci voglia molto più di un referendum – abrogativo, consultivo, altro – per decidere che cosa fare dei soldi degli altri. Che succede in ogni modo? Quello che avviene normalmente tra privati (amici, conoscenti, eccetera) in casi del genere: fine della fiducia e perciò, meno o niente più soldi. Il creditore non sa che cosa farsene dell’altrui democrazia: a lui, interessa solo la somma che ha prestato – con gli interessi maturati ovviamente. (È sempre la solita storia di avere i conti in ordine, il più possibile – non 2300 miliardi di debito come noi; provate anche voi a dividere quella cifra per 61milioni d’italiani).
Nel (fortunato) post dello scorso 23 maggio ho commentato i dati Istat riguardanti la popolazione abruzzese negli ultimi anni; ne siamo ancora meno e la popolazione invecchia. (Si tratta di quattrini anche in questo caso, perché chi si trova in condizione lavorativa, deve mantenere sempre più persone). Una simile situazione non riguarda solo noi ma anche altre regioni italiane per cui è velleitario immaginare una qualche ripresa in diverse, estesissime zone della Penisola: mancano i giovani. Chi racconta certe cose nelle altre regioni avviate sulla strada del declino? Chi ne ha parlato nella campagna elettorale delle scorse Politiche, chi lo utilizzerà come argomento per le prossime? Non si è nemmeno parlato di Europa perché è roba da sognatori, da milionari; la politica industriale è ormai modernariato, l’agricoltura è competenza di Slow Food, l’allevamento è la vocazione propria degli immigrati macedoni.
Gli italiani dovrebbero uscire dalla buia tana in cui si sono cacciati verso la luce del sole – anche la vita e il casino della partita domenicale –, come gli etarra in Ogro (G. Pontecorvo, 1979). Dovrebbero riscoprire che vivono sulla Terra insieme con altri sette miliardi di uomini più che in un mondo separato.
Un’altra cosa simpatica è l’autoassoluzione di molti politici nei confronti di una probabile crescita dell’astensionismo: la gente non si recherebbe al seggio perché, a loro dire, «non serve a niente». Io personalmente ho più di una difficoltà, un po’ perché non trovo un partito che mi somigli in qualche maniera, un altro po’ perché votare contro certi magliari significherebbe rivalutarli.
C’è bisogno di gente che racconti la gravità della situazione ai connazionali, mentre i nostri partiti tacciono, gli intellettuali ufficiali seguono a ruota e i giornalisti si comportano di conseguenza. Ci vorrebbe un nuovo Ennio Flaiano a ripetere in faccia agli italiani che nonostante settantadue anni di repubblica democratica sono rimasti nella loro mentalità, irresponsabili, provinciali e anche fascisti. Certi italiani negli ultimi ottant’anni sono passati, per evocare il nemico, dalla locuzione complotto giudeo-demo-pluto-massonico* ai più brevi: poteri forti, banchieri, Europa, elite – scritto proprio così, per risparmiare al massimo.

* demo e pluto stanno rispettivamente per democratico e plutocratico.

mercoledì 30 maggio 2018

Folks 2

Proseguo sulla linea dell’ultimo post, un po’ perché la situazione locale è moscia un po’ perché non sono l’unico blogger ad aver momentaneamente abbandonato il proprio terreno.
(I love the begins). Tutto è cominciato con il rifiuto di un ministro da parte di Sergio Mattarella. Poteva farlo? Si può rispondere solo in due modi: o no. È vincolato, in qualche maniera, lo stesso rifiuto però quel minimo di libertà che è concesso a un presidente della Repubblica può anche essere esercitato – se bene o male, non m’interessa. Altrimenti la figura del presidente della Repubblica Italiana è un inutile doppione, da sopprimere più presto possibile. Chi ha parlato, in questo caso, di censura applicata alle idee di Paolo Savona – anche persone che stimo, purtroppo –, compie in realtà un’identica operazione nei confronti del capo dello Stato.
Tantissimi lettori dell’altrui pensiero hanno raccontato dell’intenzione di Mattarella nel voler avviare un governo ispirato dalle «banche straniere» più che dalla «volontà popolare». Ebbene, come tali lettori dell’altrui pensiero vogliono combattere tali imprecisate «banche straniere»? (Il nemico più che il presidente della Repubblica è appunto, le «banche straniere»). In qual modo? Le passeggiate a Roma il 2 Giugno, i tricolori – agitati in favore di telecamera –, i tweet ringhiosi, gli urli in tv? Hanno questi signori, una strategia? No, non possono avercela proprio perché nazionalisti, localisti quando non di peggio. (Sto parlando della maggioranza di chi in Italia è andato a votare alle recenti Politiche).
A proposito di sabato: come si svolgerà la Festa della Repubblica ad Avezzano? Negozi aperti tutta la giornata per «venire incontro alle esigenze dei consumatori». Che signori!
Ripeto: Matteo Salvini si è comportato da giocatore astuto e ha fatto un solo boccone di Luigi Di Maio. Fa perciò tenerezza Beppe Grillo quando adesso usa il termine «politica»: averlo sfogliato prima qualche volume che parla di quella roba lì, bastava anche solo conoscere Malcolm McLaren (buonanima) – quello di The Great Rock ‘n’ Roll Swindle, per intenderci.

Ho capito perché alcuni blogger che seguo hanno smesso da alcuni giorni d’interessarsi ai loro soliti temi e sono passati – di là dei risultati – alla politica nazionale: ci si è ritrovati in un posto che improvvisamente ci piace meno di prima.

martedì 29 maggio 2018

Folks

(Mi allargo tantissimo questa volta con il rischio di spararle grosse, saltate se volete). Ho notato che diversi blog si sono interessati, per la prima volta, di questioni politiche nazionali; gente che in genere si occupa di due, tre cose e basta. (Era solo uno sfogo liberatorio, la mia riga dello scorso 27 maggio: ero abbastanza annoiato di come andavano le cose). Scrivo qualcosa lungo più di un tweet anch’io.
M’interessa il modo mutevole di comportarsi delle persone più che le istituzioni (stava per scapparmi «totali») pressoché fisse.
Mi è piaciuto molto Matteo Salvini per la sua spregiudicatezza e la sua lungimiranza, frutti di una carriera politica sufficientemente lunga. Non mi ha deluso Luigi Di Maio per la mancanza delle stesse qualità; ho preso atto della sua generosità nel distribuire le poltrone all’alleato di governo che aveva riportato poco più della metà dei suoi voti alle Politiche. Ha prevalso il primo, perché punta al colpaccio alle prossime Politiche – rischia di proporsi nuovamente, in qualche modo, la questione attuale nel centrodestra nel caso non cambino le posizioni su temi importanti. Un conto è vincere le elezioni – basta un ottimo pubblicitario –, un altro è la politica. (Già non si parla più del mio ormai ex-avvocato che ha appena rinunciato a formare un nuovo governo).
In pochi giorni siamo passati da popolo-popolo-popolo, Stiamo scrivendo la storia, Siamo in missione per conto di Dio, a: colpo di stato, alto tradimento, impeachment, marcette su Roma, feste di piazza (‘le carte colorate’), esposizione del tricolore, minacce di morte a Mattarella. (La terza era messa in bocca a Elwood – The Blues Brothers, 1980). Sto (purtroppo) tappato dentro casa da venerdì ma non ho sentito rumori particolari, non ho idea degli umori dei compaesani e non vedo intorno a me bandiere esposte – ieri ha pure giocato la Nazionale del Mancio.
C’entrano di mezzo l’euro e l’Europa nell’insanabile contrasto tra il presidente della Repubblica e due segretari di partito (M5s, Lega). I due pensano che si possa negoziare su tutto e all’infinito con Bruxelles, mentre l’Italia farebbe bene a ridurre il più possibile il debito pubblico, per potersi presentare nella sede dell’Unione con una buona dose di affidabilità. (Tenere i propri conti a posto è per sé un bene). Si tratta efficacemente da una posizione di forza, è tempo perso altrimenti; non è una questione di chi va a trattare: Salvini, Di Maio, Cottarelli o il mite Gentiloni. (I due buontemponi sono in ottima compagnia con la maggioranza dell’elettorato italiano).

Al posto del nuovo presidente del Consiglio incaricato sceglierei la crema degli italiani come ministri, per farmi bocciare sonoramente in Parlamento dalla… volontà popolare.

domenica 27 maggio 2018

sabato 26 maggio 2018

Giovedì scorso

Scrivo qualcosina circa l’incontro del 24 maggio tenuto al Comune e riguardante un sistema di piste ciclabili nel Quadrilatero. Mi comporto in tal modo perché ero intenzionato fin dall’inizio a non proferire verbo, volevo più che altro concentrarmi sugli altrui interventi. Preferisco dire subito che sono favorevole a tale misura perché essa è una maniera come un’altra per disincentivare il traffico motorizzato (riducendo l’offerta di sedi viarie, di parcheggi) – ne aveva trattato il Pgtu adottato dal nostro Comune ben quindici anni fa. (Pista ciclabile, allargamento dei marciapiedi sulla carreggiata o aiuole con i fiorellini invece che i parcheggi, è lo stesso, per me).
Non è sembrato chiaro dall’incontro, almeno al sottoscritto, se un tale cambiamento è destinato a durare. (Nel comunicato-stampa diffuso dal Comune e riportato integralmente da tutte le testate giornalistiche, non vi è cenno di tutto ciò: avrò capito male io?) Non mi ha stupito, per quello che scrivo da mesi, il diverso taglio tra i discorsi di assessore (tecnico in qualche maniera) e progettisti (tecnici tout court), e quello del sindaco.
Mi ha colpito del primo cittadino un discorso banale. Questa la sintesi: «al centro lavorano 3600 persone» da avvicinare a «nucleo industriale». Mi muovo allo stesso modo sia nel caso di LFoundry che vuol chiudere (1200 occupati), sia del negozietto in cui lavorano due persone e che naviga in brutte acque. Si tratta di velleità in entrambi i casi, nell’attuale congiuntura politica.
Arrivo all’equazione. Se vai nel nostro nucleo industriale e isoli un quadratone di 50 x 50 metri, hai di fronte gente che è concentrata a produrre qualcosa per 8-9 ore il giorno, per massimo sei volte a settimana. Al centro invece incontri nello stesso spazio gente di passaggio – a piedi, in bici, motorino, motocicletta, automobile, furgone –, che passeggia, chi fa le sue compere o se ne sta al bar; la città funziona quotidianamente almeno diciotto ore. (Le 3600 persone che oggi lavorano dalle mie parti, si spiegano in tal modo). Vedi anche tracannare birra, amoreggiare e farsi le canne. Poi vi sono i residenti per almeno una dozzina d’ore, quasi tutti i giorni dell’anno – ne siamo quasi 4mila e di una certa età. Inutile ricordare che queste parti sono attraversate da processioni, cortei; si assiste a spettacolini vari nella stagione calda. Si tengono un paio di mercati a settimana e qualche fiera annuale. Eccetera. Il Quadrilatero è tutt’altro, per svariati motivi, dall’area industriale – che non si trova al centro, mai. Ecco, difficilmente posso salvare la dismissione di un grosso impianto mentre posso agevolmente accontentare un commerciante che lega – Dio solo sa come – le sorti del proprio esercizio a una pista ciclabile o a tre, quattro ore di area pedonale nel periodo estivo…

Ripeto: è positivo il clima che si è istaurato tra il Comune d’Avezzano e pezzi di società da quasi un anno; va bene parlarsi, tenendo anche conto che chi ha vinto le Amministrative è legittimato ad attuare il programma che ha stilato, presentato e fatto votare dai cittadini. Il successo del sindaco è legato al suo mettere le mani su situazioni abbandonate da decenni – piazze Torlonia e del Mercato, parco delle Rimembranze, sblocco del restyling di piazza Risorgimento. (Ci sarebbe la periferia – dove abitano nove avezzanesi su dieci –, lo so). Penso che, in ogni modo, siamo oggi nella condizione di recuperare del terreno perduto rispetto ad altri agglomerati urbani e somigliare maggiormente a città estese come la nostra. (L’importante è essersi finalmente sbloccati).

mercoledì 23 maggio 2018

il dito e la Luna

Gli studi universitari mi hanno portato a interessarmi di numeri, in qualche maniera. Ho ripreso su questo blog i dati degli ultimi tre censimenti (annuali) riguardanti la nostra regione: l’Abruzzo perde oltre 3mila residenti l’anno – da un triennio. (Consigliavo di stare tranquilli, all’inizio).
Ho poi accennato anche al fatto che l’occupazione, negli ultimi anni, è cresciuta solo nei maggiori centri italiani: città con almeno mezzo milione d’abitanti. (Ripreso anche questo dato dalla stampa nazionale).
Una notizia inquietante ha riguardato l’Abruzzo per il suo registrare in Italia la più alta percentuale dei giovani che lo abbandonano per lavorare altrove. (Niente giovani, niente ripresa economica).
È poi arrivata la doccia fredda giorni addietro. L’Istat prevede che tra mezzo secolo l’Italia sarà abitata dai nove decimi dell’attuale popolazione. Non solo. Gli italiani abiteranno preferibilmente nelle grosse città. (La conurbazione sulla costa adriatica non è una grossa città).
(In fine). Un sindacato che non nomino, si è posto il problema di chi lavora nella scuola – solo in quel posto –, e potrebbe avere dei problemi di occupazione legati al minor numero degli studenti, a breve…

Inutile ricordare che simili notizie non interessano le nostre testate locali – ognuno è libero di pubblicare ciò che ritiene opportuno –, perciò non si trovano in giro analisi o commenti di sorta. In Abruzzo non si è parlato per nulla, a livello di partiti politici e amministrazioni, di simili inquietanti questioni. Si avvicinano le elezioni regionali, nonostante tutto, sarà simpatico leggere di «sviluppo» e simili amenità sui programmi elettorali.