mercoledì 29 febbraio 2012

Kaddish

‘Strange now to think of you, gone without corsets & eyes, while I walk on the sunny pavement of Greenwich Village.’
Allen Ginsberg
(Grazie a tutti per la vicinanza, a presto).

da "Il Velino" 61/4

Nel 2011 è approdata da noi, la definizione «città-territorio», nel tempo della Grande Spoliazione. Non è diffusa in Italia e penso che l’approssimarsi delle Amministrative servirà a spargerla ancora nella comunicazione politica.
Ho raccontato all’inizio della mia collaborazione con questa testata, che il termine «città» dice poco o niente alle persone; «territorio» rimanda invece alle relazioni ed alle risorse. Il secondo è un fossile degli anni Settanta, quando indicava giusto una parte delle risorse presenti in un’area amministrata.
Metto all’opera il concetto tradizionale di «territorio» con due semplici esempi. A: La vegetazione della vallata X produce una quantità m di biomassa, utilizzata in parte dai residenti per il riscaldamento; è immaginabile sottrarre tale quantità all’uso civico (legnatico) per alimentare una centrale che produce, ad es.: 0,7 MW elettrici – in caso di bisogno. B: Osservando la vallata Y, m’accorgo che nel paese P1 si producono cereali, P2 ospita una centrale idroelettrica, in P3 si pratica l’acquacoltura, P4 è famosa per la raccolta di noci e mandorle e P5 è un borgo d’allevatori. Posso pensare e progettare agevolmente – a questo punto – un laboratorio di dolciumi in uno dei cinque paesi, in P6 o in P7. (Sono pensabili anche altre soluzioni, ovviamente).
Ci sono delle difficoltà ad avvicinare «città» e «territorio» – di là del trattino o meno: in città sprechiamo il suolo, l’acqua piovana, le foglie degli alberi ed il sole senza pensarci due volte. L’espressione, quando usata, significa all’incirca polo o attrattore.
Più che indicare una prospettiva, serve a coprire secondo me, la mancanza d’idee e di proposte su come ristrutturare i centri storici italiani dopo l’avvento delle recenti periferie e degli outlet. (A nascondere interessi inconfessabili, anche).
Chi s’è accorto del fenomeno, da noi?
Non ci trovo molta differenza tra città-territorio e l’ossimoro Centro Commerciale Naturale. Continuiamo ad aggirarci nelle nostre città ridotte a ciambelloni dopo gli anni Ottanta e lo spostamento in periferia di commercianti ed artigiani – dopo le abitazioni e le fabbriche nel secondo dopo-guerra.
D.: che fine farà la definizione «città-territorio»? Immagino la stessa di «attimino», «assolutamente» e «le tasche degli italiani».

domenica 26 febbraio 2012

Rock & troll music

M’è capitato di leggere «Il piano neve ha funzionato!», MarsicaNews 15 febbraio.
Spiccavano tra i commenti inviati, due che riguardavano la pista ciclabile: 1) «ho constatato che avevano liberato la pista ciclabile. E solo quella» 16 febbraio Toffy’, 2) «mi accorgo che la pista ciclabile è pulitissima» 16 febbraio MarsoMatto.
Sono uscito dall’ospedale il 17 mattina, e l’ho trovata quasi nelle stesse condizioni in cui si trovava al mio ingresso – il 15 mattina. Nessuno ci aveva messo le mani, tranne in un brevissimo tratto davanti all’Agenzia per la promozione culturale della Regione Abruzzo. (Nel senso: è stata confusa con il marciapiede. La pista ciclabile Nord, potendo interessare, è lunga oltre 3 chilometri).
Restando nei... due temi. Il 24, mi hanno tolto i punti ed ho notato, spostandomi tra casa e l’ospedale, che alcune parti della pista ciclabile Nord, sono stati sgomberati dal manto nevoso. I tratti in questione, sono stati prontamente utilizzati come parcheggio per le automobili o come marciapiede dai pedoni.
(Mi prendo una pausa, spero breve).

martedì 21 febbraio 2012

Appennino 2

Nei giorni delle nevicate, ho letto una frase il cui senso è: «Al Nord si spala, al Sud s’aspetta lo Stato».
Io rimprovero sovente – ai miei conterranei – la mancanza di consapevolezza di vivere in montagna. Una frase del genere mostra una mirabile ignoranza, più che un malcelato razzismo. Il Nord, che cos’è? dove comincia, dove finisce?
Preferisco utilizzare dei termini più concreti come Alpi ed Appennino. La prima è collegata alla Valpadana – alle fabbriche, per intendersi; la seconda, è una zona interna che ha iniziato il suo declino un paio di secoli fa e la tendenza s’è rafforzata negli ultimi anni Sessanta – con le politiche degli anni Sessanta.
Nei paesini e nei villaggi delle Alpi, sono presenti tre generazioni d’abitanti mentre in quelli dell’Appennino se ne incontrano due, al massimo. Le frazioni disseminate lungo l’Appennino sono abitate prevalentemente da vecchi, man mano che ci si sposta verso la Calabria: per questo mancano le braccia per spalare.
Tra vent’anni?

sabato 18 febbraio 2012

Appennino 1

In questi giorni nevosi, ho perso un po’ di tempo a guardare i video del web.
Ho notato, di là delle passeggiate sulla neve, frammenti di riprese d’animali. Volpe, lupo, cervo, soprattutto cinghiale. Il lupo appenninico compare nel marchio del Parco della Majella – l’orso marsicano (ora in letargo) in quello del Pnalm.
Il cinghiale? Il cinghiale è il simbolo dell’Appennino.

martedì 14 febbraio 2012

da "Il Velino" 60/3

Torno sulle celebrazioni del nostro terremoto.
Si tratta di messinscene talmente trite e ritrite da divenire interessanti, col tempo. Esse ci dicono molto sui marsicani, sugli avezzanesi in particolare.
Si ricordano generalmente e solo i morti anzi, «le vittime» Il termine «vittima», rimanda al mondo pagano quando erano gli dei a fare la storia degli uomini. Le religioni abramitiche hanno insegnato agli occidentali (ebrei, cristiani, musulmani, atei, agnostici) ed a molti asiatici che un conto è l’opera di Dio ed un altro conto, le azioni umane. E’ bene distinguere le due cose, sempre. (Si può essere d’accordo o meno sul fatto che è Dio a mandare la pioggia, ma si deve concordare sulla mano dell’uomo nelle piogge acide, cariche di contaminanti e che rovinano la vegetazione).
Mi chiedo ogni anno: chi commemora i morti del 1915? Si tratta di persone che hanno scarsi o inesistenti rapporti con gli stessi: bisogna considerare che sono passate almeno tre generazioni ed il caso d’Avezzano con un superstite su sei abitanti. I morti in quel sisma sono troppo distanti e perciò, affatto inquietanti. (C’entra poco anche il tipo di morte).
Impiegare il termine «vittime» o «morti», serve a poco anche per stabilire la qualità strutturale di un fabbricato. Le case ben costruite, hanno maggiori possibilità di scampare ad un terremoto rispetto a quelle tirate su, a casaccio. Sono degli uomini chi progetta, approva, costruisce e collauda un’abitazione.
Un sisma non può nemmeno cambiare una città o un comprensorio, come dimostra l’archeologia: gli storici sono affatto interessati alle nostre vicende. Il mio sindaco ha invece affermato che il terremoto: «cambiò per sempre il volto della città e della Marsica», lo scorso 13 gennaio. Gli uomini modellano anche l’ambiente che occupano, incessantemente. Nell’Appennino siamo abituati a ricostruire da secoli case, edifici, chiese, ponti e strade dopo un’inondazione, una frana, un incendio o un terremoto. (Abituati).
Si tratta di faccende solo umane: è bene discuterne in ogni modo, tra persone. E’ normale raccontare le vicende delle ricostruzioni, analizzarle per vedere se qualcosa poteva andare diversamente. Non è ancora successo questo da noi, soprattutto ad Avezzano; è un’anomalia che perdura da quasi un secolo.

venerdì 10 febbraio 2012

Wahlverwandtshaften

Girandola di bobcat, ieri pomeriggio. Il Comune ha fatto sgombrare dalla neve i tratti di carreggiata con le strisce blu. (Si trovano al centro, sì; i commercianti s’erano fatti sentire e s’era sparsa la notizia che il governo avrebbe rimborsato le spese per l’emergenza).
La neve, che fine ha fatto anche in questo caso? E’ stata ammucchiata sui marciapiedi contro i muri, per la gioia degli intonaci.
Si assiste alla battaglia per il parcheggio, lungo le strade. Chi ha liberato il posto sotto casa o quello che aveva occupato una settimana fa, lo presidia con bidoni, cassette per la verdura, sedie di plastica e listelli di legno, come se fosse una proprietà privata.
Si notano anche persone che per andare in un negozio, abbandonano l’auto in mezzo alla carreggiata provocando degli ingorghi.

mercoledì 8 febbraio 2012

White 3

Mi ha dato una brutta impressione la società locale durante la Grande nevicata – quello che resta di una società locale.
Ci hanno rimesso maggiormente gli abitanti delle zone abusive, quelli che avrebbero i problemi più grossi in caso di terremoto. (Non è difficile immaginare le difficoltà dei mezzi meccanici a sgombrare gli stretti vicoli dalla neve).
Ho letto nel Web resoconti allucinati di gente che lunedì scorso è andata in ospedale come me: non si sa più nemmeno camminare?
Molti altri non sono stati da meno, cresciuti a Mastro Lindo ed ora speranzosi che lo Stato con in semplice gesto fa scomparire ottanta centimetri di neve.
L’ordinanza di non circolare in auto è stata resa vana da 30 anni d’individualismo; domenica pomeriggio era pieno d’esibizionisti con il SUV.
«Viviamo in montagna», è stata la cosa più saggia che ho ascoltato in questi giorni.
Unfit, inadatti a vivere da queste parti. Gli avezzanesi vivrebbero bene, solo a Disneyland – ‘With the barkers and the colored balloons’.
Per rinfrancare lo spirito:
www.primadanoi.it/news/524600/L-informazione-Rai-sotto-accusa-«il-bluff-di-Porta-a-Porta-sull’emergenza-neve».html

martedì 7 febbraio 2012

White 2

Ai miei tempi, la gente (abitanti, commercianti, artigiani) spalava il proprio marciapiede per alcuni metri, il Comune faceva sgombrare la carreggiata; la neve era ammucchiata negli spazi liberi. Transitavano sia le poche auto e sia i pedoni.
Oggi, è tutto cambiato e il Comune fa spazzare giusto una parte della carreggiata. Il passaggio dei mezzi meccanici vanifica in molti casi, il lavoro dei residenti che aprono un varco tra il proprio portone e la strada. (Una parte degli avezzanesi passa il proprio tempo a scambiarsi foto della città innevata ed a lamentarsi sui siti Internet). La parte sgombra della carreggiata è usata dai pedoni e dagli automobilisti (è pericoloso per i primi); il pedone per stare tranquillo, deve seguire i sensi unici e la logica degli automobilisti. (Appaiono logiche cervellotiche agli occhi di chi va a piedi. Molti pedoni ignorano che bisogna tenere la sinistra, quando manca il marciapiede).
Piange il cervello, più del cuore, a vedere tanti parcheggi vuoti ed inutilizzati e tanta neve in giro.
Andando in ospedale ieri alle 8, ho avuto qualche problemino con le scale del sottopassaggio (quelle davanti alla stazione: impraticabili anche due ore dopo) e dalle parti della struttura (camminamento troppo stretto per auto e pedoni, tra via L. Einaudi e via E. De Nicola: pochi metri per fortuna).
Bisognerebbe rendersi conto che, in situazioni del genere, muoversi a piedi è il sistema migliore e più sicuro per spostarsi.
Avezzano è una trappola, per com’è (stata) ridotta. Paghiamo oggi anche per i parcheggi a raso degli anni addietro.
«Don’t play what’s there, play what’s not there».

sabato 4 febbraio 2012

White

Non ho molto tempo per pensare, andando in giro in questi giorni con 60 centimetri di neve.
Rientrando, faccio l’elenco delle (poche) persone che ho incontrato per caso. La maggioranza delle persone che incrocio, sono adolescenti che fotografano la nevicata: gli stessi, nel giro di un’ora, collocheranno i loro scatti su Facebook. (Non la vedono, quindi). I maghrebini girano allegri sotto i turbini di neve. (C’è il «battesimo» della neve?). Si vede un po’ di gente giusto in piazza; cammino e cammino senza vedere nessuno. (Nemmeno a spalare la neve davanti al proprio portone). Sono stato la seconda persona che è passata per via mons. Bagnoli, da ieri. Non ho visto pupazzi di neve in giro, nonostante la gran quantità di... materia prima. Sanno fare le statue di neve, i bambini d’oggi?
Tutto chiuso. Era aperto qualche bar ieri, a differenza di stamattina. Edicole chiuse e qualche SUV che arranca.
Gli spazzaneve sgombrano la carreggiata delle strade principali e spostano la neve su quelle secondarie.
Avezzano appare nella sua inutilità. Mi sono chiesto più volte: a che serve, un posto del genere?