sabato 14 aprile 2012

da "Il Velino" 64/7

Rispondo alla mia maniera al quesito: Perché sono possibili le critiche ai recenti piani per l’edilizia scolastica del Comune d’Avezzano?
Ho percorso circa 200 metri ogni volta che mi recavo alle elementari o alle medie. Per coprire il tragitto, impiegavo dai 10 minuti al quarto d’ora. Si sono allungate le distanze e sono cambiate le modalità (andavo a scuola da solo) alle medie superiori. Io percorrevo una distanza maggiore dieci volte, di quella che separava casa e gli edifici delle elementari o delle medie, nell’ultimo anno di liceo scientifico.
Non ricordo proteste (mie o altrui, nonostante la turbolenza di quegli anni) per la nuova sede del mio liceo, né per quella dell’Istituto magistrale o dell’Istituto d’arte. Nessuno s’è mai lamentato per la distanza da via Mazzini del Serpieri, né per lo spostamento dell’Itis oltre la ferrovia.
La mia esperienza è identica a quella degli italiani vissuti almeno negli ultimi 70 anni. Il trasaccano, il pescinese o l’aiellese, dopo la scuola dell’obbligo – frequentata sotto casa – può andare al liceo classico d’Avezzano, al conservatorio Casella (L’Aquila), al liceo artistico (Roma), alla Scuola del fumetto (Milano).
La frase: «La concezione della scuola di quartiere dove un centinaio di bambini assiste alle lezioni è ormai obsoleta», letta in «il Centro» 29 ottobre 2011, è fuorviante. Non esistono scuole di quartiere perché le unità minime d’urbanizzazione (quartieri) presentano grandezze molto diverse tra loro, lungo la Penisola. (Una concezione basata sul niente non può divenire obsoleta).
La scuola italiana dell’obbligo risponde ad esigenze di distanza massima dalla residenza, più che a concetti di tipo geografico o architettonico. Si tratta di metri. L’istruzione è anche un diritto e per questo il regno sabaudo ed il fascismo prima e lo stato repubblicano poi, hanno disseminato le nostre città di strutture scolastiche. Lo stato facilita il più possibile l’accesso dei giovani cittadini all’istruzione, in modo particolare nel periodo dell’obbligo. E’ una questione di diritti, che non è messa in discussione nemmeno dal ricorso all’argomento di tipo consumistico: «Tanto la macchina ce l’hanno tutti». Non è vero che tutti possiedono un’automobile: è una diceria da bar ed anche classista.
(Un grano di buonsenso). E’ meglio fare la spesa a 100 metri da casa (a piedi, in bicicletta, in moto, in automobile), oppure a 2 km di distanza (a piedi, in bicicletta, in moto, in automobile)?

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