sabato 27 luglio 2013

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Tempo addietro, io mi sono appassionato alle Amministrative della Capitale. È tutto partito per caso dalla rimarchevole differenza tra ciò che amici e conoscenti mi raccontavano della città in cui vivono da anni e il programma dei principali competitori alle elezioni. Ho trovato scarsa consonanza anche tra i programmi amministrativi degli altri candidati-sindaco oltre ad Alemanno e Marino e gli sfoghi dei miei amici. Mi sono fatto l’idea che un sindaco, non potendo cambiare la propria città perché la conosce poco o affatto, si limiti all’ordinaria amministrazione.
È andata un po’ diversamente da noi, ma giusto un po’. A giugno è uscito PER informazione al cittadino e non ne ho trattato per le mie note vicende. Ne ho trovato scritto qualcosa giusto da queste parti:
Parto proprio dai pezzi esaminati anzi, qualche rigo prima.
Pagina 10 inizia così: «Abbiamo cominciato a superare la spaccatura innaturale del tessuto urbano tra la zona nuova a nord e la parte storica della città» e serve a introdurre il rifacimento e l’ampliamento di uno dei due marciapiedi del sottopassaggio lungo via don Minzoni.
Cominciamo. «spaccatura innaturale del tessuto urbano». Le città sono costruite incessantemente dagli uomini e non spuntano dalla terra come le querce, i cespugli o i funghi. Bastano loro poche linee-guida per tirare avanti per millenni, com’è avvenuto a Roma dove il sistema delle vie consolari non è stato mai scardinato nemmeno durante l’età dell’oro dei «palazzinari».
Si è prodotta una «spaccatura» da noi perché non ci si è attestati alle costruzioni lungo via don Minzoni o a ridosso della ferrovia per ampliare la città: è una questione di tipo urbanistico. Non ci si è mai accorti o non ci si è mai voluti accorgere, negli ultimi 30-40 anni, stava spuntando una periferia mostruosa senza servizi, spazi sociali e verde pubblico. Dentro le amministrazioni che si sono succedute nel periodo considerato, nessuno ha mai pensato di metterci una toppa. Ci voleva una piazza, a dirla tutta: uno spazio racchiuso tra gli edifici in grado d’attrarre persone. Punto. Domanda senza risposta: si può fare ancora, con lo spazio e con la gente a disposizione?
I sottopassaggi per collegare le due parti della città sono stati eseguiti al risparmio. (Ho dimenticato di scrivere che il 4 novembre 2011, ho percorso per la prima e ultima volta il marciapiede a sinistra del sottopassaggio lungo via L’Aquila. Non è frequentato dagli esseri umani, a giudicare dalla sabbia accumulata e dalle scarse impronte lasciate da animali di passaggio).
Il Pgtu e il Cmsm, hanno consigliato alle amministrazioni comunali l’ampliamento del sottopasso della stazione ferroviaria, per migliorare l’accesso al centro cittadino ai pedoni, facilitarlo ai ciclisti e permetterlo ai disabili, nell’ultimo decennio. L’iniziativa del sindaco va in questa direzione, all’incirca ed è lodevole, in ogni modo. (N.B.: stiamo parlando solo di mobilità).
Usare gli strumenti dell’ingegneria del traffico per risolvere questioni urbanistiche e architettoniche, è però velleitario.

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