sabato 20 luglio 2013

Ritagli


Ho ritrovato questo vecchio scritto a matita e lo riporto – ho avuto per mesi anche XPress fuori uso.
Ho perso almeno una quarantina di post, durante il «trasloco»: mi avrebbero messo nella condizione di non pensare al blog fino all’anno nuovo, almeno.

Una domanda del maggio scorso: «Mario Spallone, perché ha cambiato così poco Avezzano, nonostante l’entusiasmo che l’ha circondato?». La mia risposta: A) perché era supportato da un blocco di potere che voleva mantenere le cose come stanno, B) perché non conosceva la città.
C’è un’idea di città nel quesito più vicina alla mia che a quella dell’ideologia dominante (o meglio: sovrastante). In sintesi: un posto non migliora necessariamente aggiungendo qualche fioriera, una fontanella o una decina di cestini.
A Spallone è toccato di amministrare una situazione in cui il nucleo di un grosso paese cresciuto per decenni intorno alla sua piazza principale, sta raggiungendo la soglia dei 30mila abitanti. I suoi predecessori hanno ignorato o finto di non capire, quando era invece il caso d’avviare un processo per la costruzione di una città policentrica o almeno di (ri)qualificare i quartieri periferici – non tutti, per carità, bastava provarci con uno a caso. (Il tema della periferia è scomparso da allora dall’agenda politica locale ed è stato un pessimo affare).
Si è speso molto il sindaco, certo ma la sua azione è stata contraddittoria, «veltronista» per molti versi. Mario Spallone ha risolto l’annosa questione di un nuovo Prg, ma ha anche «battezzato» la sua Variante. Egli ha voluto Angelo G. Sabatini alla Cultura, ma anche molti altri; ha istituito un’area (non un’isola) pedonale, ma ha anche difeso la riduzione della sezione di molti marciapiedi al centro.
Il piano parcheggi (Pup) ha congelato la situazione esistente: un Quadrilatero meno permeabile avrebbe spinto l’amministrazione comunale ad interessarsi della vita dei quartieri. (Parte proprio dal Pup, la congestione nel nucleo centrale della città).
Fa tenerezza leggere oggi, che il sindaco si era «messo in testa che gli alberi nel centro della città andavano abbattuti» (Domenico Palumbo in Motta N., “Ecco come Spallone rilanciò Avezzano dopo Tangentopoli” in «Il Centro» 19 maggio 2013). Chi tuttora difende quella scelta, dimentica d’essersi trovato contro, tra gli altri, l’Istituto nazionale d’urbanistica.

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