(«9 dicembre: l’inizio della
fine» – Jim Morrison si rivoltava nella tomba). Il presidio in piazza Torlonia
da parte del movimento 9D, mi ha
fatto riunire le scarse idee che ho di quel luogo.
Mi capita di citarlo, ma
non ho mai provato a scriverci qualcosa sopra perché ho coltivato per decenni,
l’idea di disegnare i suoi alberi uno
per uno. (È il pezzo di città cui dovrei essere più legato, avendoci
annusato i primi odori extra-domestici. Mi sono ricordato di esso giusto le
rare volte che ho calpestato viali di pietrisco simili ai suoi: me l’hanno
riportato alla mente i miei piedi – la parte opposta al cervello. Me ne accorgo
in particolari condizioni di luminosità, alla presenza di un odore particolare
ma la via della consapevolezza è ancora lunga). Tale svolta sarà certo dipesa
dall’uso insolito che ne è stato fatto negli ultimi mesi e del mio utilizzare
il suo spazio in parte. (Mi ha infastidito particolarmente l’uso quotidiano di
focherelli con i rami accatastati, il prefabbricato, il carrello, le tende e il
parcheggio delle auto sulla piazza. È diventato una sorta di spazio privato, a
dirla tutta e mi sono abituato a frequentarne mezza).
Ho sempre avuto il massimo
interesse per piazza Risorgimento tanto da dedicarci una pubblicazione (2009). (Claudio
Magris scriveva, d’altra parte: «È la piazza che fa una città, piccola o
grande»). Piazza Torlonia è invece il giardino pubblico d’Avezzano; essa è
perciò un tema collettivo con tutto quel che ne consegue.
Provando a risalire verso
il momento in cui ha cominciato a somigliare all’attuale condizione, si può
scorgere come uno spartiacque gli anni Ottanta. In poco tempo: parco giochi,
nuovo fondo lungo i viali (principali), diversa illuminazione, bar (nelle
dimensioni attuali) – di là dell’ordine e delle date precise. È divenuto
compiutamente multifunzionale: uno
spazio pubblico vero e proprio. (1/2)
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