Tardando a stampare il mio
ultimo libro, vi anticipo qualcosa. Parto dall’attualità; ho letto questo di
recente:
Io ho scritto
invece, in una nota – non so quanto opportuna: «L’isola pedonale fa parte
anch’essa del repertorio della città europea, in qualche modo da quarant’anni.
C’è perciò chi preme per istituirla e chi resiste, come se fosse un autodromo,
un bioparco o altro tema: sono rapporti di forza». (Spiego più chiaramente. «chi
preme»: in genere si tratta di classi, ceti, gruppi estesi di persone. Sbandiera
per decenni come una vittoria, chi riesce a ottenere la costruzione cui tiene).
C’entra
affatto perciò la «crisi» economica tirata in ballo dalle associazioni di
categoria, contro l’istituzione dell’«isola» e dell’area pedonale: la questione
è un’altra, ed è politica. (Il buon Tomaso
Montanari ripeteva per la quarta o la quinta volta lo stesso concetto – sul Fatto Quotidiano, 25 giugno: «La
Repubblica non tutela il patrimonio perché sia “bello”, ma perché ci fa eguali,
liberi, umani. Il valore in gioco non è la bellezza, ma la cittadinanza»).
C’è da aggiungere – nel caso particolare d’Avezzano
– che gli amministratori locali, poiché
rappresentanti della cittadinanza e
«terzi», dovrebbero evitare
nell’espletamento delle loro funzioni, di parteggiare: è lecito votare contro o
nicchiare, volendo prestare ascolto alle richieste dei commercianti, contrarie
alle chiusure del traffico in generale. Sì o no, il resto non c’entra: si dà
ragione agli uni o agli altri con una decisione,
con una delibera e non con le
dichiarazioni davanti al microfono. (Si fa la figura dei turisti della
democrazia, altrimenti).
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