giovedì 16 aprile 2015

Ieri sera


(‘subito | via di qua’).
Nel «volantino» della mostra in corso ho definito More Cage(s) un «congedo», l’ultima mia esposizione personale.
Alla mia prima mostra (1991), mi fu chiesto senza fronzoli: «Chi hai dietro?», nel senso di qualche politico, artista (pittore, scultore, poeta), critico d’arte o altro che mi spingesse dentro l’establishment artistico. Alla mia risposta negativa fu pronosticato: «Non vai da nessuna parte, da solo». (Io non volevo andare da nessuna parte, in realtà; non avevo nemmeno la minima idea del clientelismo che avrei incrociato anche in quel settore).
Non c’è voluto molto per scoprire l’ambiente (provinciale) delle mostre e dell’arte in Italia.
Pensa giusto ai quattrini chi vende quadri o sculture: potrebbe smerciare stufe a gas, concimi o abiti da sposa, indifferentemente.
Negli ultimi decenni è divenuto complicato seguire i singoli pittori, scultori o performer e non solo per la proliferazione delle poetiche, delle tendenze o delle «correnti» cui inchiodarli. È perciò molto difficile raccontare l’arte dei nostri giorni o anche seguire nel suo percorso un singolo artista, degno di tale titolo. I critici d’arte sono perciò uguali alla descrizione che Frank Zappa dà dei critici musicali: sono persone che non capiscono le cose che descrivono e chi li legge, non è minimamente interessato a quelle cose.
Mi è anche capitato negli anni di leggere o ascoltare interviste ad artisti italiani che apprezzavo in ogni modo, ma è stata una sfilza di delusioni. (Leggi invece un’intervista a un comune artista o uno scrittore straniero – senza dimenticare il nostro Maurizio Pollini –, e ti accorgi immediatamente che vive su un altro pianeta rispetto ai nostri pittori e scultori, per cultura e apertura mentale).
In Italia – per fortuna solo da noi –, c’è un’idea romantica dell’arte e dell’artista. Disegnare, dipingere e scolpire, sono considerate come attività diverse da un comune lavoro e chi svolge tali attività, qualcuno speciale. Purtroppo. Un’attività del genere da noi in realtà è come voler sbarcare il lunario a Tehran o a Riyad aprendo un’enoteca.
(Ci vorrebbe un Premio Tenco per le arti visive in Italia; vi sono anche delle rassegne cinematografiche per filmaker che vogliono semplicemente mostrare quel che sono capaci di girare).
P.S.: Più di uno si lamenta perché non informo sulle mie attività, ma questa volta l’ho scritto nel post precedente. Ho anche inviato il seguente comunicato (con foto) a MarsicaLive, AvezzanoInforma e TerreMarsicane: «Maurizio Lucci presenta la mostra More Cage(s) di Giuseppe Pantaleo presso Mammaròssa (via G. Garibaldi 388, Avezzano), il 15 febbraio alle 18,30», ma non è stato pubblicato. (Non è vero, che le nostre testate on-line pubblicano tutto e «senza nemmeno leggerlo»; preferiscono mantenere pezzi vecchi di 3-4 giorni pur di non pubblicare notizie non gradite).

Nessun commento:

Posta un commento