Sto leggendo il postumo Pape Satàn Aleppe, regalatomi da un
amico alla fine del 2016. Mi mette allegria leggere certi scritti del buon Umberto
(buonanima) e anche voglia di giocherellare. Ci si è avviati verso le
Amministrative e si parla di politica, anche di questioni cittadine – seppur di
rado. È spuntato fuori con un conoscente, l’usato mantra delle «saracinesche
abbassate» da anni – nel Quadrilatero ovviamente – durante una discussione:
come ho reagito?
Un imprenditore vuole
aprire un negozio dalle mie parti; il Mercato dispone prodotti classificabili
come: «locale al centro», «locale ad Avezzano», «locale». Chi rischia i propri
quattrini soprattutto se proviene dal circondario, è preso dalla curiosità di
conoscere queste tipologie. Egli scoprirà ben presto che il «locale al centro»
è un posto generalmente più vecchio, piccolo e buio rispetto alle altre due
categorie; ha la pianta un po’ strana e qualche problema con i servizi: non è
che uno entra dentro, scarica le merci e il giorno dopo inaugura. (Soprattutto,
è più alto l’affitto). L’aspirante negoziante cambierà zona, ispirato da altri
prodotti presenti sul mercato mentre buona parte degli avezzanesi continuerà a
ripetere – a pappagallo: «Le saracinesche abbassate!», senza sapere il perché –
ça va sans dire.
Si scontrano perciò, il
valore d’uso da una parte e il complesso di miti, credenze e superstizioni che i
compaesani hanno costruito, alimentato e condiviso negli ultimi quarant’anni su
quella parte della città dall’altra: le chiacchiere sono sconfitte perché non sono proporzionate al prodotto che
si vuole vendere. (Il ridicolo della faccenda consiste nel fatto che tale
narrazione è propinata dagli immobiliaristi proprio a loro potenziali clienti).
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