Un
paio di sabati fa, mi era capitata una cosa strana: io mi ero sentito all’improvviso
italiano – in qualche modo, non volendo.
Me
ne stavo in un posto, dove ho più di un interesse – tanto per non fare nomi. A
un tratto sono entrati due tipi, presumibilmente del Bangladesh, e hanno
ordinato due colazioni. Si è chiacchierato con loro per un po’ – come d’uso in
simili circostanze – fin quando hanno spiegato al proprietario perché avevano
messo i piedi proprio in quel locale: erano trattati bene a differenza degli
altri, lì dentro. (Ritengo il gestore il più buono della città – tanto per non
fare nomi, ancora). Ho minimizzato, sdrammatizzato, ma me ne sono anche
vergognato, conoscendo com’è fatta la mia gente e riconoscendola da alcuni suoi
comportamenti. (C’entra in modo marginale il razzismo al contrario del classismo e dell’ignoranza). I due hanno
pagato e sono usciti per riprendere il loro lavoro di ambulanti.
Giacomo
Leopardi, quando parlava degli italiani, ma il Regno d’Italia era di là da
venire? Penso più che altro al classico atteggiamento di chi sta dietro una
qualsiasi scrivania e fa valere – secondo le circostanze – lo straccio di
potere che detiene nei confronti di chi si trova dall’altra parte. (Basta
sostituire il bancone al posto della scrivania).
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