È stata
un’annata moscia per molti versi: l’ideale per guardarsi l’ombelico. Ricordo
poco, di questo 2013 che sta per passare. Mi ha tirato poco questo posto, sarà
l’età; mi piace sempre meno cose.
È saltata –
spero definitivamente – la riperimetrazione del Sirente-Velino: io ci sarei
rimasto malissimo in caso contrario. (Sono state raccolte 176.771 firme). Ho
capito la rabbia che trapela da alcuni comunicati dell’Anpi, quando qualcuno
prova a rimestare nel passato.
La cosa che mi
ha sconvolto di più, quest’anno: la vicenda abruzzese di Stamina Foundation
Onlus. Mi sono chiesto: gli abruzzesi leggono i giornali? Gli abruzzesi
capiscono ciò che leggono sui giornali? Un riassunto:
(Le scoperte). 1) ho messo i piedi in via
Solferino dopo una ventina d’anni che non lo facevo: è completamente cambiata;
non riuscivo a orientarmi. 2) i nuovi restauri delle facciate di alcune palazzine,
costituiscono l’occasione per sbarazzarsi degli alberi nei giardini. (Si parte
dall’esigenza che bisogna sistemare i ponteggi). Mi hanno fatto notare anche che
in molte ristrutturazioni di vecchie abitazioni, si eliminano i giardini per
pacchiane piastre di cemento. È scomparsa ogni traccia del ponticello dell’ex
Rio, intubato decenni addietro. A chi dava fastidio?
Riassumo quel
poco che mi ripassa per la mente.
1) Ho notato la
comparsa di cartelli molto aggressivi indirizzati a chi porta il proprio cane a
spasso e dimentica di prelevare da terra i bisogni della propria bestiola.
2) Mi sono reso
conto che i miei compaesani non hanno capito granché dell’uso recente di (un
pezzo di) via Corradini – anche del tribunale, per intenderci. Ha colpito la commistione
tra «pubblico» e «privato», più che altro. I casi sono due: a) non sono stato
bravo io negli ultimi decenni a spiegare come funziona uno spazio pubblico, b)
la barbarie è avanzata ugualmente.
3) M’è stato
proposto di firmare la petizione on-line
(Change.Org, 27 settembre) del premio Nobel Dario Fo contro (Guido) Barilla che
aveva dichiarato in un’intervista radiofonica (La Zanzara): «Io non farei mai uno spot con una famiglia gay». Non l’ho degnata di considerazione,
minimamente. Mi ero invece già tolto lo sfizio d’infilare una famigliola del
genere in un calendario, il mese precedente. «Tanto, gli avezzanesi non
capiranno». Così è stato. (Due mamme e un bambino: perché i maschi dei
mammiferi c’entrano poco con la cura e l’educazione dei cuccioli). (1/2)
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