Nel numero precedente, ho
accennato all’approssimarsi «alla spicciolata» nei confronti del Centenario da
parte dei comuni marsicani colpiti dal triste evento. Ciò mostra da una parte
la mancanza di leadership del
capoluogo, dall’altra la fine di quel barlume della nostra unità politica, più
in generale. È da registrare un fenomeno simile anche all’interno d’Avezzano;
nel senso: ognuno è andato per conto proprio nemmeno si trattasse di una
metropoli con milioni di abitanti più che lo sputo di città che invece, è. (Ciò
è rinunciare – da parte del ceto politico e dell’élite – a essere «comunità» e spiega la mia e l’altrui presenza
fuori dalle mura domestiche, in quest’occasione). Bisognava evitare d’infilare
nel tritacarne del clientelismo il Centenario, poiché capita di rado.
Può presentare anche dei
vantaggi – a scala comprensoriale, nella condizione attuale –, muoversi
autonomamente da parte dei singoli comuni. Ci sarà sicuramente
l’Amministrazione che riuscirà a far meglio degli altri ed essere d’esempio non
tanto per il circondario, bensì per i marsicani più attenti (presenti, futuri).
Qualche altro invece vorrà strafare facendo appello ai propri «santi in
paradiso», ma rischierà d’allontanarsi fatalmente dall’oggetto delle
manifestazioni che si terranno l’anno prossimo. Abbiamo bisogno di storici,
docenti di storia alle superiori, laureati e dottorandi in storia più che di
personaggi certamente più noti da noi e fuori da queste montagne.
Il ricordare è un atto
collettivo, costante, intimo; è utile alla vita di una collettività, in qualche
modo. Le commemorazioni sono occasioni in cui la circolazione di storie,
aneddoti e materiali vari, si fa più intensa. Si tratta perciò di una vicenda
«introversa», che interessa le singole comunità, più che essere «estroversa» e
rivolgersi al resto della regione o alla Penisola. È perciò importante – nel
periodo fino al prossimo 13 gennaio –, recuperare, raccogliere, analizzare,
«far parlare» e diffondere il più possibile vecchi documenti e le storie legate
a essi. Le comunità hanno bisogno di tale lavorio, più che di un evento
mozzafiato o un grosso nome che richiama le tv nazionali. (Le iniziative
«estroverse», più che altro servono a chi le organizza).
Il Centenario è
un’occasione per avere una risposta a tante domande che ci siamo posti almeno
una volta nella vita, per curiosità ed è bene non sciuparla. Ci sembra «naturale»
vivere dove ci troviamo, ci sembra di star qui da sempre. Eppure, diversi paesi
sono stati «spostati» di decine di metri o di pochi chilometri durante la
ricostruzione.
Ci sarà un gran parlare
l’anno prossimo di don L. Orione e dell’Opera Don Guanella a proposito di una
fase dei soccorsi. Non bisogna essere necessariamente dei pescinesi un po’
campanilisti per chiedersi il motivo per cui la sede della diocesi dei Marsi è
stata spostata di ben venticinque chilometri, da un paese a un altro, saltandone
qualcuno che si trovava lungo il tragitto. (La Curia non è certo un ufficetto
qualsiasi o una succursale delle poste).
(Territori in movimento/per Comitato Pescina 2015, 2 2014)
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