I politici italiani scagliano non di rado pezzi di società
contro il sapere, contro la scienza in particolare. Non è il primo caso, quello
che ho descritto nell’ultimo post. Deriva da ciò un particolare senso
delle istituzioni: le decisioni di un Comune sono sopra di tutto invece il
resto è considerato una perdita di tempo, un intralcio all’attività
amministrativa. È sacra una bella circolare, una delibera di Giunta o la Befana
dei vigili mentre il giudice che emette una sentenza sfavorevole «ha dei
pregiudizi nei miei confronti», il parere di un soprintendente è «un capriccio»,
la relazione di un cattedratico è frutto del «non avere niente da fare dentro
l’università». Nel caso precedente è stato costruito un racconto in cui un
privato cittadino di un paese confinante, mette becco sulle questioni locali.
Egli si rivolge a un pezzo dello Stato e questo, con poche righe mette in crisi
un grosso progetto, anche strategico partendo da un elemento marginale.
Non erano marginali invece quelle quattro mura diroccate secondo
Raffaele Colapietra che scriveva, l’estate scorsa: «Che ci si trovi oggi in
presenza di un rudere dovrebbe essere motivo di rincrescimento e pentimento, di
onesto proposito civico e culturale di salvare il salvabile»; non lo sono
nemmeno per la Soprintendenza. Il punto è proprio questo e non i sovrabbondanti
sospetti del sindaco: l’inconsapevolezza
di almeno tre o quattro generazioni
di celanesi e non di questa o quella giunta comunale, di questo o quel partito
o lista. Non è perciò Umberto Irti (ArcheoClub) che ha portato all’attenzione
la questione o la Sbap Abruzzo che gli ha dato ragione in qualche modo la
responsabile di tutto ciò – ammesso che al momento sia utile ricercare un
colpevole –, ma chi per un tempo lunghissimo ha sottratto al dibattito pubblico
quel vecchio manufatto. Eppure la sua denominazione – Cartiera Feudale – lasciava
pochi dubbi. (È in ogni modo comprensibile il senso di fastidio del cittadino
comune che sfila ancora da quelle parti mentre un uomo delle istituzioni, il
primo cittadino deve comportarsi in modo diverso, dopo un simile intervento
della Soprintendenza).
Infine. L’autore del testo letterario citato nel comunicato del
sindaco (Il Gattopardo) diffuso nel
web – Dio sa quanto a proposito – si chiamava Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Tomasi non Tommasi!
È una costumanza; io ricordo in quello stesso posto una vicenda
simile, nello stesso periodo.
Augusto De Sanctis (Forum H2O) si scaglia contro il progetto di
messa in sicurezza di A24 e A25 proposto da Toto Holding spa che prevede un
nuovo tracciato, l’estate scorsa. Un sindaco, un amministratore è libero
d’ignorare una critica, una proposta, una protesta da parte di un gruppo ambientalista.
Il 25 luglio Antonio De Crescentiis (presidente della Provincia) dice la sua su
tale progetto, parlando di: «scempio ambientale che comporterebbe la
perforazione, con i danni incalcolabili che subirebbero i giacimenti d’acqua
della nostra regione». Mostra comprensibilmente – da ex sindaco di Pratola
Peligna – qualche timore: «Ho già espresso con chiarezza quello che penso sul
disastro economico che la realizzazione della variante procurerebbe
all’economia della Valle Peligna e dell’Alto Sangro». Un qualsiasi politico
abruzzese dovrebbe tener conto di un pensiero del genere ma ciò non è successo in
generale. Il sindaco di Celano tre giorni dopo: «mi preme spezzare una lancia
in favore di un progetto che consentirebbe di ridurre i tempi di percorrenza
del tratto Roma-Pescara di mezz’ora». Il suo pensiero, per com’è stato espresso
o riferito, fa pensare che egli abbia a cuore i romani che raggiungono l’Adriatico
e i pescaresi alle prese con lo shopping
natalizio nella Capitale. Non dimentica di aggiungere – non si sa mai: «il
rispetto e la salvaguardia dell’ambiente: vanno infatti, studiati gli impatti
su questo e tutte le variabili progettuali che tendano massimamente a preservarlo
e tutelarlo». (Non si era obbligati a dar retta ad Augusto De Sanctis, anche
questa volta).
Rammento anche, in quei giorni di vacanze, un intervento di
Fabrizio Galadini (Ingv) durante un incontro pubblico ad Avezzano: il nuovo
tracciato autostradale – a differenza dell’attuale – intercetta tre faglie
attive e potrebbe anche innescare delle frane. Punto e basta; come poteva
esprimersi d’altra parte un funzionario dello Stato e perciò non un costruttore
di autostrade, né un ambientalista, né tanto meno un sindaco, né men che mai un
politico? Le cose son messe così, confrontando le cartine: spetta ad altre
figure, ad altre istituzioni la decisione politica. (Un sindaco trarrebbe giovamento
a prestare attenzione alle considerazioni di un funzionario dello Stato).
Il presidente della commissione Ambiente della Camera (Ermete
Realacci) non ha fatto altro che ripetere a settembre, ciò che Augusto De
Sanctis aveva già raccontato in modo dettagliato sul nuovo tracciato, a luglio:
«si andrebbero a toccare almeno 10 corpi
idrici sotterranei importanti per l’assetto idrogeologico» – è mio il
grassetto. Si tratta in questo caso di un altro collega, di un rappresentante
delle istituzioni centrali e perciò va ascoltato. (Anche quando afferma: «il
ministero [Infrastrutture
e Trasporti] conferma la mia opinione: si tratta di
un progetto inutile, costoso e dannoso»). A parte gli sviluppi dell’annosa
vicenda: che cosa farsene a questo punto della lancia spezzata?
Nessun commento:
Posta un commento