martedì 14 febbraio 2012

da "Il Velino" 60/3

Torno sulle celebrazioni del nostro terremoto.
Si tratta di messinscene talmente trite e ritrite da divenire interessanti, col tempo. Esse ci dicono molto sui marsicani, sugli avezzanesi in particolare.
Si ricordano generalmente e solo i morti anzi, «le vittime» Il termine «vittima», rimanda al mondo pagano quando erano gli dei a fare la storia degli uomini. Le religioni abramitiche hanno insegnato agli occidentali (ebrei, cristiani, musulmani, atei, agnostici) ed a molti asiatici che un conto è l’opera di Dio ed un altro conto, le azioni umane. E’ bene distinguere le due cose, sempre. (Si può essere d’accordo o meno sul fatto che è Dio a mandare la pioggia, ma si deve concordare sulla mano dell’uomo nelle piogge acide, cariche di contaminanti e che rovinano la vegetazione).
Mi chiedo ogni anno: chi commemora i morti del 1915? Si tratta di persone che hanno scarsi o inesistenti rapporti con gli stessi: bisogna considerare che sono passate almeno tre generazioni ed il caso d’Avezzano con un superstite su sei abitanti. I morti in quel sisma sono troppo distanti e perciò, affatto inquietanti. (C’entra poco anche il tipo di morte).
Impiegare il termine «vittime» o «morti», serve a poco anche per stabilire la qualità strutturale di un fabbricato. Le case ben costruite, hanno maggiori possibilità di scampare ad un terremoto rispetto a quelle tirate su, a casaccio. Sono degli uomini chi progetta, approva, costruisce e collauda un’abitazione.
Un sisma non può nemmeno cambiare una città o un comprensorio, come dimostra l’archeologia: gli storici sono affatto interessati alle nostre vicende. Il mio sindaco ha invece affermato che il terremoto: «cambiò per sempre il volto della città e della Marsica», lo scorso 13 gennaio. Gli uomini modellano anche l’ambiente che occupano, incessantemente. Nell’Appennino siamo abituati a ricostruire da secoli case, edifici, chiese, ponti e strade dopo un’inondazione, una frana, un incendio o un terremoto. (Abituati).
Si tratta di faccende solo umane: è bene discuterne in ogni modo, tra persone. E’ normale raccontare le vicende delle ricostruzioni, analizzarle per vedere se qualcosa poteva andare diversamente. Non è ancora successo questo da noi, soprattutto ad Avezzano; è un’anomalia che perdura da quasi un secolo.

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