Penso che il pezzo Amplero… Amplero… sei tu Amplero? (Martello del Fucino 19, 2013) sia da
ritenere definitivo sulla vicenda. (Spero che a breve, la stessa cambi
denominazione: si abbia almeno il buonsenso di proporre per le vasche una
località meno infelice). Avendo vissuto il cosiddetto Amplero1, preferisco
mantenere un basso profilo, ma non posso non chiedermi: perché non li han
costruiti – più che rimuginati per decenni – negli anni Cinquanta con tutto
quel denaro ancora in circolazione, con una classe politica più lungimirante
dell’attuale e del supporto tecnico dell’Ente Fucino appena insediato (1951)?
Perché soprattutto non ci ha pensato il fascismo, con la sua predilezione per
il mondo rurale e i rapporti più che buoni tra Mussolini e i Torlonia?
Ho accennato di recente a
una manifestazione alla Ferriera contro l’invaso negli anni Ottanta e ci torno
sopra. I pescinesi erano molto arrabbiati perché: 1) avrebbero prelevato altra acqua dal loro fiume, da portare
altrove, 2) avevano il timore che l’esigua portata («pisciarello») del Giovenco potesse scendere ancora, una volta
costruito il vascone nella zona di Collelongo. Essi erano anche coscienti che
per essere com’è, un fiume impiega millenni e perciò temevano lavori di sorta.
(Era il tempo della cementificazione dei corsi d’acqua impiegando fondi FIO; si
preferiva anche eliminare alberi, siepi e arbusti dagli argini più che
investire in manutenzione. In una scheda per il convegno Contro lo scempio ecologico degli ambienti fluviali d’Abruzzo –
Pescara 1985 –, scrissi del corso d’acqua in questione: «Le sponde sono
intatte» a differenza di quasi tutti gli altri. Del Liri, tanto per restare
dalle nostre parti). Essi consideravano infine un sacrilegio – abituati a vedere
l’acqua venir giù (dolcemente o in modo violento, non importa) – prelevare il
prezioso liquido e innalzarlo a una
certa quota per poi inviarlo altrove. (1/5, Il
Martello del Fucino 5, 2014)
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