Riprendo la vecchia vicenda
della Corradini-Fermi, soprattutto la questione della sua immaginata trasformazione
in galleria commerciale. (Lo avevo promesso l’anno passato). Devo spiegare
meglio perché in un posto – dove c’è (stato) un tempio –, non può starci una
palazzina o un supermercato.
È consigliabile partire
dall’espressione «città europea»: che significa? Si tratta di un modus operandi più che una questione di
tipo geografico. È un modo di costruire le città, perfezionato nel Medioevo.
(Il nostro tempio in caso d’incendio del tetto – in precedenza –, sarebbe stato abbandonato e usato ben presto come
cava di materiali per l’edilizia; il suo terreno sarebbe divenuto un luogo di
pascolo per pecore e capre). Abbiamo da allora il paesaggio (tramandato)
formato da paesi caratterizzati da un campanile, qualche palazzo alto nei
pressi e un contorno di case e casupole. (Tale tripartizione ricorda quella del
«nostro» edificio: basamento, corpo, tetto).
In pianta abbiamo un centro
con i temi collettivi europei, una semi-periferia e i quartieri periferici in
cui si ripete tale tripartizione, in ogni modo. (Ci entra relativamente la
dimensione di una cittadina o di una metropoli e anche le recenti
trasformazioni che l’«allungano» verso le arterie di comunicazione).
Notiamo perciò poche
differenze, passando da un affresco di una città medioevale a una stampa
d'epoca successiva, quindi a un dagherrotipo e per finire con un’immagine
ripresa da un cellulare. Le chiese e i campanili sono rimasti uguali, i palazzi
nobiliari all’incirca identici (al posto della zecca, si può trovare un grand hotel o una pinacoteca). Cambiano
giusto gli edifici residenziali nei quartieri e le casupole, di volta in volta
in tutti e quattro i casi.
Il caso in esame è particolare perché la
costruzione in questione (una scuola vale quanto un’abitazione o un negozio,
nella nostra gerarchia), è divenuta col tempo, un tema collettivo.
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