Confesercenti ha diramato
un comunicato sulla mancata (tradizionale) revoca dell’area pedonale, a Natale:
È un simpatico scritto in
politichese più che in sindacalese, che lascia le cose come sono e non osa
spingersi un millimetro più in là. (Il grosso degli iscritti all’associazione
si trova in periferia).
C’è un’innaffiatura di
benaltrismo («il tema non è e non può essere gestito come una scelta a sé
stante, non si può trattare una tematica così delicata [un’area pedonale di cinque ore nei giorni festivi, ndr] senza inserirla in un progetto più
ampio di rilancio del centro cittadino») e trova spazio del narcisismo o forse
dello snobismo targato anch’esso anni Settanta (Confesercenti «ha un
atteggiamento privo di preconcetti e non persegue sterili polemiche»).
L’associazione di categoria
propone infine un «Centro Commerciale Naturale». È un ossimoro, ho scritto più
volte. Oggi mi preme ricordare che tale proposta è stata invano appiccicata anni
fa a città storiche di una certa ampiezza
e rilevanza.
L’unica cosa che mi ha molto
infastidito in realtà, è leggere «E purtroppo non basta chiudere (o non
chiudere) al traffico alcune strade per risolvere il problema del commercio».
L’area pedonale prevede la chiusura al traffico motorizzato e non a quello tout court: esisto anch’io che mi muovo
a piedi, sotto casa.
(Infine). Che […] vuol dire (nell’area o nell’isola
pedonale?) in politichese: «una programmazione di eventi ad hoc, una
pianificazione dei percorsi di valorizzazione della Città»? (1/2)
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