lunedì 22 giugno 2015

«Allargarsi» un po'


Ho voglia da settimane di «allargarmi», di scrivere qualcosa sull’«emergenza immigrazione». Ho notato che qualcuno ne ha trattato in zona (MarsicaLive) e allora dico qualcosa anch’io.
(Nell’immediato). È un’offesa all’intelligenza usare ancora il termine «emergenza» per una situazione in atto non da quattro-cinque giorni ma è perdurante da decenni. Trovo ingiustificabile – da parte di moltissimi – il rifiuto degli immigrati con la pelle scura provenienti dal mare, ma non una parola sugli altri, certo più numerosi e meno «abbronzati», i quali arrivano in Italia in aereo, in treno, in autobus. (Che fanno concorrenza alla manodopera locale per alcuni tipi di lavoro, tra l’altro).
Ciò che circola da anni in Italia sull’argomento è dovuto alla posizione di un paio di schieramenti politici – amenità comprese, ripetute dai giornalisti e perciò bufale –, mentre è (era) il caso di ascoltare altre posizioni, che so: un demografo, uno storico, un antropologo, un sociologo. Tutto ciò avrebbe evitato anche l’uso di tabù incrociati e quindi, un impoverimento del nostro vocabolario, della capacità di dispiegare discorsi. (Mi spiego. Un vigile urbano, difficilmente utilizzerà la pistola d’ordinanza durante la sua carriera, ma se serve… Non la spianerà mai in faccia all’automobilista che procede controsenso o al ragazzino che gioca a pallone).
C’è invece da chiedersi per quali motivi tale situazione ha retto finora, ha avuto degli sviluppi positivi e se tutto ciò è ripetibile; c’è molto tempo a disposizione, trattandosi di un fenomeno legato alla diminuzione di aree fertili nel Pianeta. (Gli immigrati sono stati finora impiegati nei lavori peggio pagati: tra quanto tempo sarà satura tale fascia di mercato del lavoro?).

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