martedì 9 giugno 2015

GT ter


(Che cosa d’altro nasconde il mio uso del termine provincialismo). Mi capita di ricordare a qualcuno della generazione precedente alla mia che l’espressione «Grande guerra» si riferisce alla prima guerra mondiale e non alla seconda – che pure ha vissuto. Non è grave da parte loro, poiché fisiologico. (Ignoro se le stesse persone hanno ben chiaro i nomi – del – degli stati che hanno dato inizio ai due conflitti. È un altro paio di maniche non conoscere i loro motivi e se vi sono nessi tra il primo e il secondo).
Non c’entra solo la distanza (geografica, politica) dai centri di potere.
Parlando di avvenimenti come la Liberazione, il prosciugamento del Fucino, le lotte contadine e il collegamento ferroviario con la Capitale – ammesso che i compaesani ritengano il primo (anche l’ultimo), un accadimento degno di nota –, è raro vederli collocati in una sequenza temporale, di notare eventuali gerarchie e rapporti. Non è una questione legata all’oblio, ma dalla mancanza del bisogno di modificare, di cambiare – per sé e per gli altri.
Siamo perciò alla presenza di una sorta di tempo sospeso che circola nelle menti dei fucensi, in cui galleggiano avvenimenti (veri, presunti) alla rinfusa, con buona pace dei rapporti causa-effetto – come al tempo di Esiodo (VIII-VII secolo a.C.).

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