Ho avuto notizia dell’improvvisata
del presidente del Consiglio dei ministri a L’Aquila, nemmeno ventiquattr’ore
prima. E per caso. Doveva essere un incontro per pochi intimi nonostante
l’ufficialità, suppongo. (Domanda: che gli vai a rimproverare a un comune ospite,
a un presidente del Consiglio dei ministri?).
I mass media hanno generalmente e non inaspettatamente ignorato il
contenuto politico degli incontri –
ne hanno parlato dettagliatamente alcuni uomini politici presenti – ma si sono
soffermati su una parte della
cronaca. Parliamo di quella.
Si sono ritrovati nel
capoluogo regionale alcuni gruppi legati a vertenze locali. (C’erano anche gli
studenti – medi, universitari – che avevano interrotto le ferie estive). La
manifestazione non era autorizzata e a porgere uno sguardo al
bollettino medico, essa è finita fin troppo bene. Era perciò da rallegrarsi per giorni in tutta la Penisola anziché
cedere a una pappagallesca solidarietà con gli uni o gli altri – ugualmente italiani,
abruzzesi. (Poteva succedere il finimondo).
Perché sono andati da
quelle parti i giovani dei comitati NoTriv, NoGasdotto, NoPowerCrop, eccetera? Perché è il governo – rappresentato
dall’illustre ospite – ad avere in mano
il boccino per alcune vicende riguardanti l’ambiente della nostra regione. Su
questo dovrebbero essere d’accordo sia i manifestanti – pacifici e no –, sia chi
ha applaudito Matteo Renzi, accomunati dalla recente proposta di un referendum
nazionale sulle trivellazioni nell’Adriatico. (Una pessima idea quella del
referendum, secondo il sottoscritto). La differenza tra i primi e i secondi
consiste nella quantità di fiducia
riposta nel governo centrale. (Per me è un po’ diverso. Un partito locale –
dopo gli anni Novanta – conta poco o nulla a livello nazionale, in una
situazione che vede partiti perlopiù legati a una persona. Di ciò che è elaborato
alla base, arrivano echi spenti al vertice e quando arrivano… ).
Ho notato una differenza
tra la reazione dei politici aquilani ai fatti successi nella loro città e quelli
del resto dell’Abruzzo. Nei commenti sul web la faccenda è stata invece più
chiara: «che ci vengono a fare quelli di Pescara qua?». (Ignorando tra l’altro che
la conurbazione sulla costa, è quasi quattro volte il capoluogo abruzzese. Non
erano solo i «pescaresi» in realtà, a manifestare). Si pensa da quelle parti
che cotanto personaggio nel capoluogo di
regione, debba parlare esclusivamente del posto, del sestiere o del vicolo in
cui è approdato. Essere un centro di potere comporta onori ma anche oneri. (Né
era la prima volta – né l’ultima – che tutti quei comitati mettevano i piedi a
L’Aquila).
Glisso sulla battuta di
Matteo Renzi – felice o infelice, non importa – riguardante una squadra di
calcio ma soprattutto quello che ne è poi seguito a Teramo, capoluogo di
provincia con 55mila abitanti ma per questo non meno periferia. (Il suo sindaco
ha chiesto addirittura le dimissioni di un presidente del Consiglio dei
ministri italiano, per una battuta).
È da segnalare anche questa
preziosa lettura – l’italiano purtroppo è quello che è – da parte di un fresco
e sottilissimo commentatore politico abruzzese che percorrerà molta altra strada,
c’è da scommetterci:
‘Feelin’ alright | Not feelin’
too good myself’.
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