venerdì 28 agosto 2015

Provincialismo 2.0


Ho avuto notizia dell’improvvisata del presidente del Consiglio dei ministri a L’Aquila, nemmeno ventiquattr’ore prima. E per caso. Doveva essere un incontro per pochi intimi nonostante l’ufficialità, suppongo. (Domanda: che gli vai a rimproverare a un comune ospite, a un presidente del Consiglio dei ministri?).
I mass media hanno generalmente e non inaspettatamente ignorato il contenuto politico degli incontri – ne hanno parlato dettagliatamente alcuni uomini politici presenti – ma si sono soffermati su una parte della cronaca. Parliamo di quella.
Si sono ritrovati nel capoluogo regionale alcuni gruppi legati a vertenze locali. (C’erano anche gli studenti – medi, universitari – che avevano interrotto le ferie estive). La manifestazione non era autorizzata e a porgere uno sguardo al bollettino medico, essa è finita fin troppo bene. Era perciò da rallegrarsi per giorni in tutta la Penisola anziché cedere a una pappagallesca solidarietà con gli uni o gli altri – ugualmente italiani, abruzzesi. (Poteva succedere il finimondo).
Perché sono andati da quelle parti i giovani dei comitati NoTriv, NoGasdotto, NoPowerCrop, eccetera? Perché è il governo – rappresentato dall’illustre ospite – ad avere in mano il boccino per alcune vicende riguardanti l’ambiente della nostra regione. Su questo dovrebbero essere d’accordo sia i manifestanti – pacifici e no –, sia chi ha applaudito Matteo Renzi, accomunati dalla recente proposta di un referendum nazionale sulle trivellazioni nell’Adriatico. (Una pessima idea quella del referendum, secondo il sottoscritto). La differenza tra i primi e i secondi consiste nella quantità di fiducia riposta nel governo centrale. (Per me è un po’ diverso. Un partito locale – dopo gli anni Novanta – conta poco o nulla a livello nazionale, in una situazione che vede partiti perlopiù legati a una persona. Di ciò che è elaborato alla base, arrivano echi spenti al vertice e quando arrivano… ).
Ho notato una differenza tra la reazione dei politici aquilani ai fatti successi nella loro città e quelli del resto dell’Abruzzo. Nei commenti sul web la faccenda è stata invece più chiara: «che ci vengono a fare quelli di Pescara qua?». (Ignorando tra l’altro che la conurbazione sulla costa, è quasi quattro volte il capoluogo abruzzese. Non erano solo i «pescaresi» in realtà, a manifestare). Si pensa da quelle parti che cotanto personaggio nel capoluogo di regione, debba parlare esclusivamente del posto, del sestiere o del vicolo in cui è approdato. Essere un centro di potere comporta onori ma anche oneri. (Né era la prima volta – né l’ultima – che tutti quei comitati mettevano i piedi a L’Aquila).
Glisso sulla battuta di Matteo Renzi – felice o infelice, non importa – riguardante una squadra di calcio ma soprattutto quello che ne è poi seguito a Teramo, capoluogo di provincia con 55mila abitanti ma per questo non meno periferia. (Il suo sindaco ha chiesto addirittura le dimissioni di un presidente del Consiglio dei ministri italiano, per una battuta).
È da segnalare anche questa preziosa lettura – l’italiano purtroppo è quello che è – da parte di un fresco e sottilissimo commentatore politico abruzzese che percorrerà molta altra strada, c’è da scommetterci:
Feelin’ alright | Not feelin’ too good myself’.

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