Cito con una certa
frequenza un volume di Marco Armiero (Le
montagne della patria, 2013); esso serve per conoscere l’ambiente culturale
e ciò che è successo in Italia nel Novecento a una quota superiore ai
cinquecento metri – soprattutto tra gli anni Dieci e i Cinquanta. Leggendolo,
può rendercisi conto della gran mole e del tipo d’interventi, di costruzioni
che hanno avuto come scenario le Alpi e gli Appennini.
Ho raccontato durante
l’ultima grande nevicata dalle mie parti (2012), come andava il mondo della mia
infanzia. Le persone uscivano poco da casa e spalavano la neve lungo il
marciapiede intorno alla loro abitazione – non era semplice cortesia: lo
facevano tutti e perciò si poteva camminare quasi ovunque –, gli artigiani, i
negozianti aprivano a singhiozzo, le rare automobili restavano ferme.
Quell’Avezzano e quell’Abruzzo sono scomparsi insieme al know-how – lo chiamo così – del vivere a una certa quota: la gente
va nel panico con sette-otto centimetri di neve per strada.
M’interessa maggiormente
ciò che frulla nella mente delle persone comuni, rispetto alle decisioni delle
istituzioni. Mi ha in parte colpito in questi ultimi giorni proprio il silenzio
delle istituzioni: che cosa poteva dire l’intera classe politica abruzzese, pronta
a varare la legge «ammazza-fiumi» nel luglio 2015? A far passare dei nuovi
tracciati autostradali sopra qualche faglia attiva, nell’agosto 2016? La cosa
peggiore che è capitata all’Abruzzo – soprattutto quello montano, negli ultimi
cinquant’anni – sono le persone che hanno mollato le vecchie occupazioni per
provare a riciclarsi nel comparto turistico; in migliaia hanno immaginato che
un qualsiasi comune dell’entroterra potesse diventare la St. Moritz del
Meridione. Hanno sognato questo per decenni mentre la montagna ha preso
lentamente a spopolarsi: va letta in questa prospettiva la vicenda dell’asfalto
sulla strada dei Prati d’Angro, la scorsa estate. Stefano Ardito ha parlato
ieri, di: «Una regione di montagne, governata con i piedi piantati sulla
spiaggia», in «Montagna.tv» 24 gennaio 2017. La questione non riguarda solo chi
governa ma anche chi vota, chi è governato: c’entra l’egemonia culturale. Chi
vive all’interno pensa allo stesso modo di chi abita e governa sulla costa. Le
vertenze ambientali degli ultimi quarant’anni, è faccenda che riguarda chi
pensa come i «pescaresi» e chi va in
montagna.
Riprendo dall’inizio. È il
caso di ritrovare, censire tutti gli interventi compiuti a una certa quota e
studiarli: che impatto hanno avuto? In che condizione versano? (Soprattutto se
in cemento armato). Chi è che può svolgere un’operazione (meritoria) del
genere? (Tralascio il passaggio successivo).
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