Faccio due conti. Non posso
giudicare né confermare se la Settimana
Marsicana della mia infanzia fosse la «vetrina della Marsica», ma mi fido –
nonostante tutto – di ciò che se ne racconta. Era l’unica manifestazione
culturale nella zona, un punto di
riferimento per i comuni viciniori considerando le sparute – rispetto ai
nostri giorni – automobili circolanti; gli avezzanesi aspettavano tutto l’anno
quell’iniziativa. Essa non rappresenta
più un comprensorio che dopo la riforma fondiaria (1951) era votato
presumibilmente all’agricoltura, ma che è profondamente mutato dopo gli
avvenimenti dell’ultimo mezzo secolo: i nuclei industriali, Telespazio,
l’autostrada, l’impetuosa crescita del terziario, Avezzano da 30mila a 42mila
residenti. Non ha più motivo di essere un veicolo
promozionale per le attività economiche dei marsicani dopo gli ultimi
cinquant’anni di fiere a tema, di televisione, di riviste specializzate, news magazine e anche vent’anni di web; essa
è oltremodo sottodimensionata e francamente inutile dopo l’apertura di nuovi mercati
nell’Est Europa e in Oriente. La Settimana
Marsicana non è più l’unica manifestazione avezzanese, essa si ritrova a
galleggiare tra decine di eventi distribuiti nel corso dell’anno e l’etichetta,
il blasone attrae solo una parte di
pubblico – nonostante la solida garanzia di un imponente comparto food –, mentre in precedenza la kermesse interessava tutti e non solo
perché vi era una maggiore aggregazione tra gli abitanti. Ancora. Le numerose
iniziative proposte soprattutto negli ultimi due decenni hanno accresciuto la
competenza di almeno una generazione; molti partecipano a spettacoli a
pagamento, scegliendo a che cosa assistere, altri – giovani e no – prendono il
largo non accontentandosi del menu locale. (Pago il biglietto e vedo quello che
mi piace a Pescara, Perugia o Roma, diffido invece di ciò che mi è offerto
sotto casa).
Sfoglio adesso il programma
di una stagione presa a caso (Harmonia Novissima, 2016-17). Il primo concerto ha
visto Ute Lemper sul palcoscenico. Chi altro poteva contrapporre Pro loco
Avezzano per fare un’uguale o una miglior figura? (La stessa associazione ha da
non molto tempo ospitato V.D. Ashkenazy. Come far dimenticare quel concerto:
Pollini, domineddio?)
La Settimana Marsicana non è certo tra le migliori manifestazioni
cittadine e subisce anche la concorrenza di più di un’iniziativa culturale che
si tiene in estate nei paesi marsicani. (Porto i soliti esempi: il Festival di
Tagliacozzo, Arzibanda e il concerto
principale della festa dei Santi Martiri). Non si può ripetere la
manifestazione degli anni Cinquanta e Sessanta un po’ perché il format è
sorpassato e un altro po’ perché oggi la stessa costerebbe una cifra
esorbitante, ma non sarebbe realizzabile nemmeno perché è cambiato proprio
tutto, come ho provato a raccontare. (Oggi non puoi invitare Ramazzotti o
Baglioni per fargli cantare tre o quattro pezzi – perché dopo seguirà
altrettanto con Zucchero o Mannoia. Il tutto presentato da Carlo Conti…) Gli
avezzanesi hanno trattato, parlato poco o niente della manifestazione in
questione perché sono stati poco interessati dalla stessa; io stesso pubblico
oggi per le note questioni tecniche ma avrei aspettato, in ogni modo: non c’era
urgenza. Niente da ridire su chi riesce a utilizzare in qualche modo tale
manifestazione – è bene precisare.
(Le balle di paglia inutilmente
sparse in giro non hanno avuto su me lo stesso effetto della madeleine proustiana: non mi hanno
riportato agli odori e ai colori della mia infanzia; le ho guardate con
curiosità e un pizzico di compassione come quando mi trovo davanti a una
pacchianata). (2/2)
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