martedì 25 settembre 2012

KsLT 10

(The Mothers of Prevention). Torno sulla lettera anonima apparsa su Il Velino 66/9. Ci si può parlare diversamente tra noi.
Lo scritto è un frutto del peronismo in salsa meneghina di questi decenni, della cultura del talk show. Non si confuta un’opinione ma si mette sotto una luce sinistra chi la esprime. Io appartengo secondo l’autrice (non ci vuole molto per capire il sesso di chi scrive), al «ceto medio riflessivo» – nemmeno al «precariato cognitivo», coi tempi che corrono. (Sono accreditato al «medio alto», altrove). Il fatto vero o falso, non importa: ai nostri tempi è una vergogna incassare soldi e leggere qualche rivista. (Vero o falso che uno disponga quattrini; vero o falso che uno legga dei libri. Vere o false le due cose insieme).
Dà scandalo un personaggio «chiamato al mondo per spingerlo in avanti e non per tenere premuto il freno» – dimenticando di specificare da chi è stato chiamato e il nome della macchina o del meccanismo che sta sabotando.
(A guardare le cose da lontano). La nostra società perdura da secoli anche perché i suoi elementi hanno a disposizione diverse scelte nelle loro faccende. Nella società vive una credenza, un pensiero generale,
seguito dalla maggioranza insieme con altri meno «ortodossi». Poco ortodossi per via di chi li formula ma altrettanto importanti per la sopravvivenza della cultura e di riflesso, della società stessa. Conformisti o poeti, conformisti o pittori. Si sta da una parte o dall’altra, discutendo civilmente senza offendere o delegittimare chi
si trova nel settore di fronte.
(Ho sbagliato ad infilare il blog in una deriva «movimentista», cinque anni fa. Dovrò limitare, fino ad azzerarle, le mie uscite – articoli, commenti – su altre testate. «Riflessivo». Quel termine è un insulto per qualsiasi artista della mia e della precedente generazione, cresciuto con più di un flirt per il buddhismo).

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