martedì 4 settembre 2012

KsLT 2

Tempo addietro, m’era capitato di scrivere sulla ricostruzione di L’Aquila che al posto di Cialente era meglio Chirac e che invece di Berlusconi, Mitterrand. Mi riferivo alla ristrutturazione del centro di Parigi negli anni Ottanta, ovviamente. C’è voluta l’autorevolezza di due personaggi di quel calibro (sindaco il primo, presidente della repubblica il secondo) per far digerire ai parigini e non solo a loro, un progetto che ha cambiato – bene o male – il volto al centro della capitale francese.
Sono stato incuriosito dalla relazione presentata al forum Ocse «Abruzzo verso il 2030: sulle ali dell’Aquila» – 17 marzo 2012. Un esterofilo come me, non poteva sottrarsi alla lettura di un documento dell’università di Groningen (NL) riguardante L’Aquila, la sua provincia e l’Abruzzo. Sono stato stuzzicato da espressioni come: «città intelligente legata al territorio», «specializzazione intelligente a livello regionale» e «sviluppo locale gestito dalla collettività».
La lettura è stata deludente sotto diversi aspetti. Io trovo la relazione superficiale ed approssimativa: molto «italiana», in una parola. E’ difficile da riconoscere la regione, da parte di chi ci abita. Manca in essa, un inquadramento storico dell’area cui fa riferimento. Il massimo che si riesce ad esprimere è che: «il percorso
di sviluppo della regione Abruzzo, e della provincia dell’Aquila in particolare, era piuttosto precario anche prima del terremoto del 2009» – 3.2.39. Si tratta di una banalità, considerato l’inizio dell’ultima crisi economica mondiale – fine 2007.
La storia c’insegna che l’Appennino è in crisi da tempo e si tratta di un vero e proprio declino, soprattutto nelle regioni meridionali punteggiate ormai da paesi abitati solo da vecchi. (I pastori di D’Annunzio, a cavallo del Novecento, rappresentavano un mondo scomparso).
E’ tutto così, l’Abruzzo? Certo che no. L’Aquilano appare tra le zone più arretrate della regione, da decenni. Esiste una conurbazione da almeno 200mila abitanti sulla costa, a differenza dell’interno dove il centro più popoloso non arriva(va) a 50mila. Non scorgo la possibilità, in un intervento che parte da una zona declinante, di coinvolgere e sollevare anche le sorti di aree che stanno meglio come la Marsica, la costa adriatica e soprattutto la Val Vibrata.
La relazione Ocse è un’occasione per rendersi conto di come ci osservano da fuori. Come ci vedono? Ho l’impressione che – per ora – ci considerano come la Valpadana: geografia, economia e cultura, tutto
uniforme. (1/3)

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