sabato 22 settembre 2012

KsLT 7

Rispondo alla lettera che mi ha chiamato in causa, nello scorso numero.
Il mio pezzo (Il Velino 64/7, 15 aprile), che trattava del diritto
all’istruzione nell’età dell’obbligo scolastico in Europa, non era
contestato nel merito, nel senso: si possono criticare le decisioni
degli amministratori per questioni legate all’urbanistica, da tempi
remoti. (Mostravo in modo «tridimensionale» com’è stato attuato il
diritto all’istruzione per alcune fasce d’età. E’ questo l’oggetto del
mio articolo e non la vendita della Camillo Corradini d’Avezzano come
mi viene attribuito).
Non è specificato il contenuto delle obiezioni al mio articolo e una
delle poche cose chiare è che esso ruota intorno alla coppia
concettuale «nuovo-vecchio». Nelle conversazioni, può passare senza
creare imbarazzo l’espressione: «nuovo teorema» riferito ad un
matematico che lo ha elaborato o che la musica di Reich (1936)
rappresenta «il nuovo» rispetto a Ravel (1875-1937). Va ancora meglio
con: «vecchia ciabatta» o «camicia nuova». «Nuovo» è un concetto poco
produttivo quando si parla di città – che funziona all’incirca come un
vivente. (Interessa a qualcuno sapere che sono più nuovo di quando ho
iniziato a scrivere questa risposta, ma più vecchio dopo che la
invierò alla redazione?).
Stabilito sul terreno con lo spago, il perimetro di un insediamento e
delle sue parti costitutive (palazzi, piazze, quartieri, arterie
principali, ecc.), il gioco è fatto. La città riproduce se stessa su
se stessa; incessantemente per millenni.
I Romani hanno costruito molte chiese dentro le aree riservate al
culto e direttamente sul basamento dei templi pagani – una volta rasi
al suolo. Non è balzato in mente a nessuno di usare lo spazio e di
riutilizzare i muri di un edificio religioso per un’abitazione, un
magazzino o una stalla. (Terreno e tipo di costruzione sono
strettamente legati).
Negli ultimi decenni alcune chiese sconsacrate sono trasformate in
teatri nelle grandi città, ma non in supermercati, uffici o
abitazioni. Nel nostro modo (europeo) di vedere le cose, vale
generalmente l’equazione: scuola = galleria commerciale. E’ giusta
sempre? No, nel caso della Corradini A e B in quanto per moltissimi
avezzanesi, tale gruppo d’edifici (anche la Mazzini) è divenuto negli
anni un tema collettivo. Il plesso scolastico è equiparato ad una
struttura di un ordine superiore e si ritrova perciò nel novero dei
temi collettivi per definizione (cattedrale, tribunale, municipio). Mi
fermo qui.
Ho trovato nella lettera qualche allusione e imprecisione di troppo
nei miei confronti (c’è di peggio, in realtà): tali elementi rientrano
nell’economia della stessa lettera che non vuol criticare uno o più
pezzi pubblicati dal sottoscritto, quanto tratteggiare il profilo di
una categoria di persone. Una siffatta categoria in tal modo, è pronta
per essere affidata al plotone d’esecuzione della plebaglia cresciuta
a Drive In, Bagaglino e Striscia la Notizia.

Nessun commento:

Posta un commento