La mia generazione non ha generalmente
regolato i conti con la precedente, mentre la seguente preferisce aggirare noi di
mezza età – mantenendo intatti nei due casi i meccanismi di formazione e
conservazione dell’intellighenzia,
per non perdere piccoli privilegi e rendite di posizione acquisite in qualche
maniera. (È pur vero che per chiudere i conti con qualcuno o ammazzare i propri
padri serve della competenza e una buona dose di coraggio). Dipendendo dalle
dinamiche interne del blocco (meglio: marmellata) di potere, il ruolo del ceto intellettuale
non poteva che divenire marginale, negli ultimi anni.
Manca secondo me proprio la
trahison del titolo, perché certi
personaggi non avevano giurato niente a nessuno e non potevano perciò stracciare
patti di sorta; la loro attività è stata una maniera intelligente d’impiegare il
proprio tempo libero. (Liberi gli amministratori di turno d’intitolare «piazze,
slarghi, strade, aule, premi» a chi essi preferiscono).
Leggo all’inizio: «Le
nostre misconosciute opinioni personali, provenendo dal livello che si
definirebbe del quisque de populo,
contano in generale, molto poco; pochissimo in particolare, nell’ambito
“culturale”». È bene ricordare periodicamente che fine ha fatto sia le nostre
pensate per quanto misconosciute e sia quella delle idee sovrastanti – più che dominanti – degli altri.
È un modo di partecipare
alla vita pubblica il mio scrivere soprattutto tra pochi mesi, quando io non
avrò in tasca uno straccio di tessera associativa. (Non essere complice di
tante ridicole situazioni, a dirla tutta).
Mi rendo conto che le mie
idee non sono funzionali agli interessi della classe dirigente e perciò anche
dell’intellighenzia. Che fare? «Esilio, silenzio, astuzia»? In modo più
pragmatico: lavorare su shi,
aspettando l’occasione buona per sferrare l’attacco risolutivo? Ho cominciato due
settimana fa a leggere J. Diamond, Il
mondo fino a ieri, acquistato appena uscito (maggio 2013) e ancora non
riesco a sentire alcuni vecchi pezzi di PCO che mi ha mollato un amico almeno un
paio di anni fa a forza di studiare l’avversario o lavorare sul potenziale
della situazione... (Vuoi mettere l’ukulele di J. Jeffes con i vecchi tromboni sfiatati
di lungo corso o quelli alle prime armi?). (4/4)
P.S.: venerdì, presento Dimenticare-Vergessen a Vieniviaconme –
ore 17,30.
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