Temo una sfilza di
pubblicazioni sul terremoto simile agli album delle figurine Panini, l’anno
prossimo: bulimia d’immagini e una ventata di passione all’inizio, poi più
niente dopo qualche mese. Ogni cittadina si sta preparando in tal senso,
immagino. Qualcuno non ce la farà o metterà in circolazione materiale non degno
di considerazione e così si avrà – a livello editoriale – un «cratere»
bucherellato, mentre la scossa sismica di un secolo fa fu rigorosamente
unitaria.
Sarà facile notare lacune
in ogni modo, proprio come i gonfi quadernoni della Panini. Che cosa potevano
aggiungere a ciò che già conoscevamo da radio, giornali sportivi e tv, quelle
fotografie (a colori)? Erano immagini di singole facce (sbarbate e pettinate)
mentre noi eravamo abituati a corse, stoppate, sudore, guizzi, dribbling e tiri, al gioco di squadra soprattutto
– era raro vedere un primo piano seppure sgranato e in bianco e nero, in quegli
anni. La posizione delle figurine ci indicava il ruolo del calciatore cui si
riferiva, ma noi si sapeva che al terzino X
piaceva sconfinare nella metà campo avversaria o che l’ala Y dava man forte alla difesa, di quando in quando. (È bene
ricordare in questa sede e per quest’occasione che in fondo era collocata la
«panchina»; c’era poco posto per tutta la rosa della squadra e la scelta cadeva
su chi avrebbe giocato di più).
È altrettanto o più
complicata la storia di una città rispetto a un campionato di calcio.
Che cosa può mostrare – a
noi e ad altri –, il dagherrotipo di un edificio distrutto dal terremoto o di
una strada cancellata dalla ricostruzione? A chi interessa la riproduzione
della pianta di una stanza (nemmeno nove mq, con un soffitto a quattro metri)?
Il disegno di un corridoio lungo sei metri? La facciata di una casa? (Non
avevamo un’architettura degna di nota, dalle nostre parti). Conosciamo non
molto come usavano gli spazi (privati, pubblici) i marsicani del secolo scorso
ma ancor meno le vicissitudini (precedenti, seguenti) del pezzetto di terreno
su cui insisteva la costruzione raffigurata in una vecchia immagine.
È mancato un lavorio di
tipo storiografico, come ripeto da anni – che è essenzialmente scrittura. Non
ho notato nemmeno un briciolo di curiosità nell’incrociare dati vecchi e nuovi,
nel porsi delle domande almeno sulle questioni rilevanti della ricostruzione.
Vedo invece una sorta di
frenesia nella ricerca di vecchie fotografie o cartoline e nella caccia
all’«inedito» che deriva dalla mancata cernita dei materiali oggi a
disposizione. (La scelta è invece un’operazione necessaria almeno quando si
pubblica su carta; il Web aggira invece tale operazione, con il suo sterminato
spazio a disposizione). Molte immagini sono in realtà già state scartate –
perché giudicate inservibili – da chi ci ha preceduto nei decenni passati nel
nostro processo collettivo – per quanto incerto, lacunoso e maldestro – per
elaborare e tramandare il ricordo di quel triste evento. (M’immagino molti:
«Non ce l’ho… non ce l’ho…», tra non molto).
(Territori in movimento/per Comitato Pescina 2015, 3 2014)
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