mercoledì 15 ottobre 2014

Basilisco, chimera, fenice 1


È da rimarcare lo sforzo che qualche paese sta compiendo nell’occasione del Centenario, mancando un lavoro storiografico decente sull’argomento, frutto casomai di una riflessione di un gruppo o collettiva.
Io, insisto nell’accostare al «terremoto» il termine catastrofe inteso non nel significato del dizionario e dei suoi sinonimi (disastro, disgrazia, cataclisma), bensì nell’uso matematico che se ne fa in alcune scienze per indicare la «forma» di un processo. (Si tratta di rappresentazioni grafiche, di parabole più complesse di quelle che si studiano nell’ultimo anno di alcuni istituti superiori). Si può dire che in caso di catastrofe, una situazione cambia completamente: rimane poco o niente come prima.
Ci emoziona pochissimo o affatto una frattura in una montagna in seguito a un (medio, forte) terremoto, al contrario ci colpisce un po’ scoprire che nel punto x – dove oggi pascolano le pecore – c’era l’ufficio postale e siamo molto angustiati nel vedere una fotografia con i resti di un edificio buttato giù da una scossa. Siamo perciò di fronte a delle discontinuità facilmente osservabili mentre ignoriamo il lunghissimo e complicato processo che ha portato a tale situazione.
Un forte sisma riesce a buttar giù tutto ma si può ricostruire «tutto dov’era, com’era». Succede davvero? Io penso di no, nonostante certe somiglianze. Io ricostruisco una chiesa del Settecento crollata al suolo uguale alla precedente – affreschi, dipinti, mosaici e stucchi compresi –, ma dentro i pilastri inserisco delle travi d’acciaio, tanto per dirne una. Affreschi, dipinti, mosaici e stucchi sono ricostruiti o costruiti «uguali» ai precedenti ma con materiali diversi. (Suona falsa un’opera siffatta, ma solo a un occhio esperto). La mia nuova dimora sarà almeno più robusta di «com’era». Le cose sono ancora diverse in caso di ricostruzione (parziale, intera) di un insediamento. Una strada lastricata – ampia o meno –, illuminata e con marciapiedi, indica, spinge verso azioni e comportamenti delle persone diversi rispetto a quelli del precedente vicolo buio o del cul-de-sac. Un quartiere o una città ricostruita che sostituisce una precedente sperimenta nuovi tipi di edifici, spazi pubblici, materiali, canalizzazioni eccetera, e produce comportamenti collettivi inediti. (1/2) (Territori in movimento/per Centenario terremoto 13 gennaio 1915, 5 2014)

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