giovedì 4 dicembre 2014

and it doesn't matter


Il 2015 è perciò un’occasione imperdibile per ciò che riguarda la cultura locale in senso ampio per capire che lungo gli Appennini, un terremoto è una possibilità nemmeno remota più che una iattura, una fatalità o una punizione divina. Una possibilità.
Si ripeterà all’incirca lo stesso copione del cinquantenario, poiché le figure che lo organizzano sono le stesse, mentre intravedo delle novità. Sul fronte «umanistico» senza un riferimento degno di nota, c’è il rischio da parte di chi è interessato dalla storiografia di scendere troppo nei particolari e perciò scrivere delle micro-microstorie che rischiano di mettere in ombra il quadro generale e quindi, il cambiamento innescato dalla catastrofe naturale. (Meglio di niente). Ripongo invece fiducia nei convegni dell’Ingv – solo a forza di mostrare mappe di pericolosità sismica. C’è bisogno di leggere su libri recenti e nuovi più che rifugiarsi – con devozione – in quelli dei secoli passati.
Mi auguro che si lasci in pace il giovane sant’Emidio e ci s’istruisca invece a come utilizzare i nuovi materiali e accorgimenti per tirare su le nuove costruzioni in grado di sopportare le scosse sismiche e ristrutturare il tessuto urbano in modo tale che in caso di terremoto – o di copiosa nevicata come nel 2012 –, si possa sgomberare agevolmente tutte le strade. (3/3, Territori in movimento, 6)

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