Dimenticare-Vergessen
raccontava una città in cui diminuiscono gli spazi collettivi e perciò si forma
sempre meno l’opinione pubblica, mentre questa raccolta tratta di un posto i
cui abitanti discutono poco per sé e si respira perciò scarsa democrazia: provo
quasi a quantificare quella che c’è e a spiegare perché non potrebbe essere
altrimenti. Il primo è stato scritto nella scorsa primavera, quando si
cominciava a parlare di celebrazioni del Centenario, mentre queste note sono
scritte in autunno inoltrato e nella Marsica, sono già consumati i primi
appuntamenti.
Si è andati alle
celebrazioni alla spicciolata non solo nel «cratere», ma anche nei singoli
paesi della stessa zona e nel mio in particolare. Manca un capofila nel
territorio e Avezzano – un agglomerato di 42mila abitanti – si è presentata
divisa per le sue manifestazioni, con una serie d’iniziative frammentate e da
parte di soggetti diversi.
In mancanza di una storia
scritta o di un solido riferimento – è l’oggetto di Dimenticare-Vergessen –, si tratterà di mettere insieme un bel po’
d’interventi come francobolli o coriandoli qua e là; ci rimetterà qualche
studio onesto e rigoroso com’è probabile, relegato in mezzo a tante conferenze
e iniziative. Si ripeterà anche un copione simile al dopo-terremoto quando
solerti funzionari del regno, impostarono la nuova città secondo i criteri del
tempo e, i residenti – vecchi e nuovi – fecero finta di niente. (Non ce la
faccio proprio a chiamarli abitanti). Chi viene da fuori, i funzionari dello
stato in trasferta, irrideranno con garbo anche la miopia e la dabbenaggine dei
marsicani: guai però a ripetere o peggio, anticipare le stesse cose propalate
in quest’occasione da parte di chi vive tra queste montagne. Spero solo che si
fissi nelle menti dei più giovani il rosso delle mappe di rischio sismico che
si avrà occasione di osservare nei prossimi mesi. È anche l’occasione per
liquidare una serie di vecchi libri attraenti quanto imprecisi – anche alcune
leggende.
Frammentazione non è
sinonimo d’inclusione. C’è sicuramente qualcuno che è (sarà) tagliato fuori da
tali celebrazioni, ma la questione non è tanto la quantità o la qualità
dell’informazione messa in moto dal Comune quanto il confronto, a detta di
Lasch vent’anni fa.
Tale selezione però non è
applicata tanto a persone o idee, studi, procedure, teorie e utopie quanto a
punti di vista. Un’associazione privata può vagliare gente e oggetti a suo
piacimento; a maggior ragione una casa editrice, essendo mossa dal profitto: e
uno stato (un suo pezzo) democratico, può comportarsi allo stesso modo senza
conseguenze?
(Non ci voleva molto – a
livello istituzionale – a incaricare uno storiografo, un professore di liceo e
convincerlo a interessarsi alle nostre vicende, circondandosi casomai di
persone esperte e di buona volontà). (2/3)
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