Ho dato un’occhiata ad
alcuni pezzi scritti – sul vecchio blog – tra l’estate 2007 e la primavera
2008, ieri pomeriggio. È stato un periodo particolare per il passaggio da post
spensierati (perecchiani, queneauiani), a ciò io che scrivo oggi.
C’era poca sintonia tra me
e chi scriveva (contro) la torcia al plasma o altri «bruciatori» da fabbricare
in zona. Non erano impianti generalmente utili e men che mai alla nostra zona
secondo me; costruirli da noi dipendeva invece dalla mancanza di una (nostra) politica
industriale (anche agricola) mentre in un raggio di centoventi chilometri avevano
in mente di «declassare» Fucino e la Marsica.
In questi ultimi sette-otto
anni si è continuato a non pensare una
politica industriale: c’entrano poco gli inceneritori che hanno
monopolizzato l’attenzione della classe politica. (L’attuale Nucleo industriale
è meno folto d’aziende rispetto a quello di se-sette anni fa: c’è meno bisogno
di elettricità). Le recenti frane sulla costa adriatica c’insegnano che il
suolo va difeso a prescindere dalla dicitura Parco, Riserva, Oasi, Giardino,
Orto eccetera. (Ci ha ammonito anche qualche inchiesta giudiziaria legata ai
«termovalorizzatori» circa la buona volontà della classe politica).
Assisto oggi da parte di
qualche testata on-line all’invenzione
di «No PowerCrop» e «Sì PowerCrop» mentre anni fa c’era la contrapposizione tra
«lavoratori» e «ambientalisti»: come se chi protestava (anche gli agricoltori),
viveva mangiando aria e luce solare.
Due idee che si equivalgono
si annullano. Stanno proprio così le cose?
Le idee sono tutte uguali
quando si va alla partita di calcio, davanti alla TV mentre si guarda Sanremo o
le sfilate di alta moda, quando si va a votare e in poche altre occasioni. Il
tagliare degli alberi sul fianco di una collina, è come lasciarli lì:
eliminandoli ottengo però smottamenti nel giro di pochi anni…
(Oggi davanti al Palazzo della Regione).
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