(Un paio di incisi). Tra i
miei ricordi di gioventù e la situazione odierna è passato di tutto. Si parte
dalla denuncia della magistratura italiana circa moltissime opere pubbliche
definite inutili e dannose, della corruzione negli appalti pubblici (anni
Ottanta del secolo scorso). C’è poi stata la fiammata di Tangentopoli (1992) e
nel corso dello stesso decennio, la comparazione tra il costo delle opere
pubbliche in Italia e quello nel resto dell’Ue: spendiamo quattro o cinque
volte di più, rispetto agli altri. È più recente il capitolo delle «incompiute»
e delle strutture costruite ma non entrate in funzione e da pochi anni si è saputo
che una parte rilevante del territorio nazionale è a rischio idrogeologico.
Nella mia – anche altrui –
ingenuità, ho immaginato l’istituzione delle Autorità di bacino (1989) come una
sponda se non per far apprezzare i corsi d’acqua come ambienti unitari,
contenere la pratica di decespugliare ed estirpare alberi lungo il corso dei
fiumi, porre un freno allo sfruttamento irrazionale del territorio (escavazioni
in alveo, captazioni), almeno per risparmiare all’Italia, nuove briglie, dighe
e sbarramenti, cementificazione degli argini e degli alvei. (2/5)
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